La Corte di Cassazione stabilisce con fermezza che il contribuente rimane immune da sanzioni quando le violazioni derivano esclusivamente dal comportamento fraudolento del professionista incaricato. Un principio che, secondo i giudici di legittimità , trova applicazione sia per le sanzioni da omesso versamento che per quelle relative all’omessa presentazione della dichiarazione. La casistica – purtroppo non rara nella prassi professionale – coinvolge commercialisti che appropriandosi delle somme ricevute per gli adempimenti fiscali, compromettono la posizione del cliente contribuente.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Il contribuente non è sanzionabile se il comportamento fraudolento è attribuibile esclusivamente al commercialista incaricato.
- La non punibilità si applica sia alle sanzioni per omesso versamento che per omessa dichiarazione (art. 6, co.3, D.Lgs. 472/97; Cass. n. 25132/2025).
- Rimane dovuta l’imposta principale, vengono meno solo interessi e sanzioni accessorie.
- È necessario denunciare il professionista all’autorità giudiziaria e documentare il conferimento incarico/versamenti.
- La giurisprudenza più recente (Cassazione 2025 e 2024) consolida l’orientamento favorevole al contribuente danneggiato da comportamenti di terzi.
Il principio giuridico della non punibilitÃ
L’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 472/97 rappresenta uno strumento di tutela per il contribuente che si trova nella spiacevole situazione di aver affidato la propria contabilità a un professionista disonesto. La norma stabilisce che “il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi”.
Si consideri che questa disposizione non si limita al semplice aspetto del versamento. La recente ordinanza n. 25132 del 13 settembre 2025 ha infatti chiarito che la causa di non punibilità si estende a tutte le condotte poste in essere dal terzo nell’ambito del comportamento fraudolento. Come spesso accade nella giurisprudenza tributaria, l’interpretazione della Cassazione ha ampliato la portata applicativa della norma.
Quando scatta la protezione per il contribuente
La fattispecie esaminata dalla Suprema Corte presenta elementi che ricorrono frequentemente nell’esperienza applicativa. Un contribuente aveva regolarmente conferito l’incarico a un commercialista, fornendo tutta la documentazione necessaria e le somme per i versamenti. Il professionista, però, aveva omesso sia la presentazione delle dichiarazioni che i versamenti tributari, appropriandosi delle somme ricevute.
Nella prassi, questi episodi si manifestano spesso con un modus operandi ricorrente: il commercialista riceve regolarmente la documentazione contabile e le disponibilità finanziarie necessarie agli adempimenti. Successivamente, però, non provvede né alla trasmissione delle dichiarazioni né ai versamenti dovuti, utilizzando le somme per finalità diverse da quelle pattuite.
L’orientamento consolidato della Cassazione
L’Amministrazione finanziaria aveva inizialmente accolto solo parzialmente l’istanza di rimborso del contribuente: sì alle sanzioni per omesso versamento, ma manteneva ferme quelle per l’omessa dichiarazione. Una distinzione che la Cassazione ha definitivamente superato.
I giudici di legittimità hanno specificato che la causa di non punibilità non riguarda solo le sanzioni conseguenti all’omesso versamento, ma si estende a tutte quelle che derivano dalle condotte fraudolente del professionista. In particolare, secondo la pronuncia, rientrano nel perimetro della tutela anche le sanzioni “ricollegabili all’omessa trasmissione della dichiarazione dell’imposta”.
Su un piano interpretativo logico e sistematico, la Corte ha evidenziato come sia “ragionevole che tutto ciò che è riconducibile all’azione o omissione del terzo rientri nel perimetro della suddetta causa di non punibilità ”. Del resto, il contribuente finisce per essere sanzionato per condotte altrui, situazione che il legislatore ha voluto evitare.
Cosa rimane a carico del contribuente
Tuttavia, la protezione sanzionatoria non esonera completamente il contribuente. Rimane infatti dovuta l’imposta principale, mentre vengono meno soltanto gli interessi e le sanzioni. Si tratta di un equilibrio che salvaguarda le esigenze dell’Erario mantenendo ferma l’obbligazione tributaria principale, ma rimuove quegli oneri accessori che derivano da comportamenti non imputabili al soggetto passivo.
Nella casistica comune, questo significa che il contribuente dovrà comunque versare l’Irpef, l’Irap o l’Iva dovuta per il periodo interessato dalle violazioni, ma potrà ottenere la disapplicazione delle maggiorazioni e degli interessi di mora.
Aspetti processuali e probatori
La dimostrazione del fatto commesso dal terzo richiede specifici adempimenti. Il contribuente deve dimostrare di aver denunciato il professionista all’autorità giudiziaria e che il comportamento fraudolento è addebitabile esclusivamente al terzo. Nel caso esaminato dalla Cassazione, il commercialista era stato effettivamente denunciato e condannato per appropriazione indebita aggravata nei confronti di diversi clienti.
È opportuno notare che nella pratica professionale si osserva una crescente attenzione da parte dei contribuenti alla documentazione degli incarichi conferiti ai professionisti. Lettere di incarico dettagliate, ricevute per le somme versate, e-mail con le comunicazioni professionista-cliente diventano elementi probatori cruciali in questi contenziosi.
Consolidamento giurisprudenziale
La decisione si inserisce in un orientamento che va consolidandosi, come dimostra la precedente pronuncia n. 10298 del 16 aprile 2024. Quest’ultima, sebbene riferita a un atto di irrogazione della sanzione piuttosto che al diniego di rimborso, aveva già affrontato la medesima problematica con soluzioni analoghe.
Tale convergenza giurisprudenziale offre maggiori certezze ai contribuenti che si trovano coinvolti in situazioni simili e fornisce orientamenti chiari agli operatori del diritto tributario nella gestione di questi contenziosi.
La giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo restrittivo le cause di esclusione delle sanzioni, ma in questo specifico ambito l’orientamento appare ormai stabilizzato a favore di una lettura estensiva dell’art. 6 del decreto 472/97.
Implicazioni per la prassi professionale
Questa evoluzione giurisprudenziale comporta inevitabilmente una revisione delle strategie difensive nei contenziosi tributari. I professionisti dovranno prestare particolare attenzione alla raccolta delle prove relative ai rapporti con colleghi e alla documentazione degli incarichi ricevuti.
Dal punto di vista dell’Amministrazione finanziaria, si prefigura una maggiore difficoltà nell’irrogazione di sanzioni quando emergono elementi che possano ricondurre le violazioni a comportamenti di terzi professionisti. Non a caso, la stessa Agenzia delle Entrate dovrà rivedere i propri orientamenti interni per tenere conto di questo consolidato indirizzo giurisprudenziale.