Il dibattito sulla gestione dell’enorme ammontare di debiti tributari non riscossi – si parla di 1.270 miliardi di euro accumulati dal 2000 al 2024 – ha assunto contorni sempre più definiti. La Commissione tecnica istituita per affrontare il “magazzino” dei crediti inesigibili ha elaborato proposte che vanno ben oltre una semplice nuova sanatoria.
Secondo quanto emerso dall’analisi condotta dai tecnici del Ministero dell’Economia, l’approccio tradizionale basato esclusivamente sulle definizioni agevolate mostra evidenti limiti strutturali. La riscossione fiscale necessita di strumenti più incisivi per distinguere tra posizioni effettivamente recuperabili e debiti ormai irrecuperabili.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- La Commissione tecnica propone una strategia a due vie per gestire 1.270 miliardi di debiti tributari: eliminazione automatica dei crediti inesigibili e potenziamento dei controlli su conti correnti e dati della fatturazione elettronica.
- L’ipotesi di maggiori controlli bancari solleva dubbi politici e di privacy; il Ministro Giorgetti prende le distanze dalla proposta.
- I controlli sistematici richiederebbero modifiche normative significative e porrebbero criticità operative, soprattutto su privacy e proporzionalità verso contribuenti in difficoltà.
- L’efficacia della riscossione resta legata all’individuazione di posizioni effettivamente recuperabili, evitando misure eccessivamente invasive.
- La strada delle sanatorie mostra limiti strutturali e le proposte più drastiche difficilmente saranno attuate nel breve periodo.
Strategia bipartita per il recupero dei crediti tributari
L’orientamento che emerge dalla Commissione prevede una duplice strategia. Da un lato, si ipotizza l’eliminazione automatica di 408,5 miliardi di euro di debiti considerati non sanabili, coinvolgendo circa 9,2 milioni di contribuenti con una media di oltre 43.000 euro di pendenze per ciascuno.
Dall’altro lato – ed è qui che si concentrano le maggiori perplessità – i tecnici propongono un rafforzamento significativo degli strumenti di controllo e verifica. L’accesso alle informazioni sui conti correnti dovrebbe espandersi dalla semplice conoscenza dell’esistenza del rapporto bancario alla verifica della sua consistenza patrimoniale.
Parallelamente, si guarda all’utilizzo sistematico dei dati derivanti dalla fatturazione elettronica. Questi potrebbero permettere di identificare con maggiore precisione i rapporti commerciali del debitore, facilitando procedure mirate di pignoramento presso terzi.
Giorgetti frena: “proposta che rimarrà proposta”
Le ipotesi tecniche hanno immediatamente sollevato un dibattito politico acceso. Il Ministro Giancarlo Giorgetti, intervenendo alla Camera il 18 settembre, ha espresso una posizione di netto distacco dalle proposte: “è una vecchia proposta che rimarrà una proposta”.
La dichiarazione del Ministro riflette la consapevolezza delle implicazioni che deriverebbero da un simile potenziamento dei controlli. Non si tratta solo di questioni tecniche, ma di equilibri più ampi che coinvolgono la privacy dei contribuenti e l’approccio generale dell’amministrazione finanziaria.
Criticità operative e politiche delle nuove procedure
Nella prassi professionale, si osserva come l’implementazione di controlli più pervasivi sui conti correnti presenterebbe diverse criticità. Le procedure di accesso alle informazioni bancarie, già regolamentate dall’articolo 32 del DPR 600/1973, richiederebbero una revisione normativa significativa per estendere il perimetro delle verifiche.
Per quanto riguarda l’utilizzo dei dati della fatturazione elettronica, occorre considerare le limitazioni derivanti dalla normativa sulla protezione dei dati personali. La giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo restrittivo l’utilizzo di tali informazioni per finalità diverse da quelle originariamente previste.
Il viceministro Maurizio Leo aveva già anticipato che lo studio della Commissione avrebbe influenzato anche la strutturazione della nuova rottamazione. Tuttavia, emerge una tensione evidente tra l’esigenza di presentare un “volto amico” del Fisco e l’ipotesi di controlli più invasivi.
Equilibri tra efficacia della riscossione e tutele del contribuente
L’esperienza applicativa delle precedenti definizioni agevolate dimostra risultati modesti in termini di recupero effettivo dei crediti. La Corte dei Conti ha più volte sottolineato come queste misure, pur utili per regolarizzare posizioni di contribuenti collaborativi, non incidano significativamente sulle situazioni più complesse.
Il nodo centrale rimane l’identificazione di criteri oggettivi per distinguere le posizioni recuperabili da quelle irrecuperabili. I controlli sui conti correnti rappresenterebbero uno strumento certamente efficace, ma politicamente e giuridicamente problematico.
La questione assume particolare rilevanza considerando che molti debiti tributari si riferiscono a situazioni di imprese cessate o di soggetti in condizioni di oggettiva difficoltà economica. In questi casi, l’intensificazione dei controlli potrebbe risultare inefficace e sproporzionata.
Prospettive normative e operatività futura
Secondo quanto previsto dall’art. 1 del decreto legislativo 462/1997, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione deve operare secondo criteri di efficienza ed economicità. L’eventuale estensione dei poteri di controllo dovrebbe rispettare questi principi fondamentali.
L’analisi condotta dalla Commissione tecnica dovrebbe fornire anche le basi per la strutturazione della prossima rottamazione delle cartelle. Tuttavia, come spesso accade nella prassi fiscale, le considerazioni politiche potrebbero prevalere su quelle puramente tecniche.
La dichiarazione di Giorgetti suggerisce che le proposte più controverse difficilmente troveranno attuazione nel breve periodo. Resta da vedere se emergeranno soluzioni alternative per affrontare il problema strutturale dell’accumulo di crediti inesigibili.