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Risarcimento danni Superbonus: verso una tutela dell’erario

13 Maggio, 2025

Con la sentenza n. 613 del 25 marzo 2025, il Tribunale di Monza ha affrontato una questione spinosa – e per certi versi ancora irrisolta – che riguarda il complesso meccanismo delle cessioni del credito nell’ambito del Superbonus 110%.

Una vicenda emblematica

Il caso sottoposto all’attenzione del Tribunale monzese presentava tutti gli elementi tipici della casistica più problematica: un’impresa appaltatrice che, dopo aver incassato cessioni di credito per oltre 200.000 euro, aveva lasciato i lavori incompleti. Non solo. Le opere realizzate presentavano vizi talmente gravi da compromettere l’abitabilità degli immobili.

I committenti si sono ritrovati in una situazione paradossale. Da un lato, costretti ad abitare in case prive di riscaldamento funzionante e con tetti da rifare; dall’altro, impossibilitati a recuperare direttamente le somme corrispondenti ai lavori non eseguiti.

La questione centrale: chi è il vero danneggiato?

È proprio su questo punto che il Tribunale ha sviluppato un ragionamento innovativo, per certi aspetti dirompente. Secondo i giudici lombardi, quando i lavori vengono “pagati” attraverso la cessione del credito d’imposta, il committente non subisce un esborso monetario diretto. Di conseguenza – ed è qui il passaggio cruciale – non può vantare un’azione restitutoria per somme che, di fatto, non ha mai versato.

Chi allora risulta legittimato al recupero? La risposta del Tribunale è netta: l’erario.

Nella prassi applicativa, questo orientamento potrebbe rappresentare una svolta significativa. Si consideri che fino ad oggi la giurisprudenza si era concentrata principalmente sui rapporti tra committente e appaltatore, trascurando il ruolo dell’amministrazione finanziaria come soggetto potenzialmente danneggiato.

Un panorama giurisprudenziale ancora frammentato

Il Tribunale di Monza non ha mancato di evidenziare come la materia sia tuttora caratterizzata da orientamenti divergenti. Alcuni tribunali (Padova con la sentenza 2266/2023, Perugia con la 1478/2024) hanno adottato un approccio rigoroso, richiedendo al committente la prova non solo dell’inadempimento dell’appaltatore ma anche dell’impossibilità concreta di trovare altre imprese per completare i lavori nei termini previsti dalla normativa.

Una giurisprudenza differente – si veda Tribunale di Napoli, sentenza n. 4131 del 7 ottobre 2024 – ha invece mostrato maggiore comprensione verso le imprese, ritenendo non imputabile l’inadempimento quando la cessione del credito sia divenuta impraticabile per cause esterne.

Aspetti procedurali e conseguenze pratiche

Un elemento che merita particolare attenzione è la decisione del Tribunale di trasmettere copia della sentenza all’Agenzia delle Entrate. Non si tratta di una mera formalità procedurale.

Nella pratica professionale si osserva come questo tipo di segnalazioni possa innescare complesse verifiche fiscali, con potenziali azioni di recupero nei confronti dell’impresa inadempiente. Del resto, i giudici sono stati espliciti nel riconoscere all’amministrazione finanziaria il diritto di attivarsi “per le eventuali determinazioni in ordine al recupero che si rendesse giustificato”.

Interessante anche il riferimento al concorso di colpa dei committenti. Il Tribunale ha infatti ridotto il risarcimento del danno, ritenendo che l’eccessivo ritardo nel ricorso all’autorità giudiziaria avesse aggravato la situazione. Un monito, questo, per tutti coloro che si trovassero in situazioni analoghe.

Verso nuovi equilibri?

La sentenza del Tribunale di Monza potrebbe segnare l’inizio di un nuovo approccio giurisprudenziale. Il riconoscimento della posizione dell’erario come soggetto direttamente interessato al recupero delle somme indebitamente percepite attraverso la cessione del credito apre scenari inediti.

Resta da vedere se questo orientamento troverà conferma nei gradi superiori di giudizio. Nel frattempo, operatori del settore e contribuenti dovranno tenere conto di questa nuova prospettiva nella gestione dei rapporti contrattuali legati alle agevolazioni edilizie.

La vicenda dimostra, ancora una volta, come la complessità dei meccanismi agevolativi richieda estrema cautela nella loro applicazione pratica. E come, talvolta, le soluzioni più apparentemente vantaggiose possano nascondere insidie difficilmente prevedibili.

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