info@studiopizzano.it

Regime transfrontaliero franchigia IVA

Regime transfrontaliero franchigia IVA: nuove opportunità per le piccole imprese italiane

15 Luglio, 2025

Il legislatore europeo ha introdotto, con efficacia dal 1° gennaio 2025, il Regime transfrontaliero franchigia IVA destinato a modificare sostanzialmente il panorama fiscale delle operazioni intracomunitarie per le piccole imprese. Tale disciplina, implementata nell’ordinamento nazionale attraverso il D.Lgs. 13 novembre 2024, n. 180, in attuazione della Direttiva (UE) 2020/285, rappresenta una risposta normativa alle esigenze di armonizzazione fiscale e di eliminazione delle barriere competitive all’interno del mercato unico europeo. La nuova disciplina si inserisce nel più ampio quadro delle politiche europee di semplificazione fiscale per le piccole e medie imprese, configurandosi come strumento di riequilibrio competitivo per i soggetti economici di minori dimensioni che operano in ambito transfrontaliero.

Stanco di leggere? Ascolta l’articolo nell’innovativo formato podcast.

1

Il meccanismo operativo del nuovo regime

La logica sottesa al regime transfrontaliero di franchigia IVA si basa su un principio tanto semplice quanto efficace: consentire alle piccole imprese di operare negli Stati membri dell’Unione europea senza dover assolvere l’imposta sul valore aggiunto nel territorio di destinazione delle operazioni. Questa possibilità si traduce, nella pratica, in un significativo vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti che non possono beneficiare di analoge agevolazioni.

Il meccanismo trova la sua disciplina nell’articolo 70-octiesdecies del DPR 633/72, che stabilisce le condizioni per l’accesso al regime. È opportuno notare come la norma non ponga limitazioni di carattere soggettivo – diversamente da quanto accade per altri regimi agevolativi – consentendo l’adesione tanto alle persone fisiche quanto a quelle giuridiche, purché rispettino i requisiti dimensionali previsti.

L’agevolazione comporta, tuttavia, come spesso accade nella prassi tributaria, una contropartita: i soggetti aderenti perdono infatti il diritto alla detrazione dell’IVA relativa agli acquisti afferenti al regime. Si tratta di un aspetto che richiede un’attenta valutazione economica preventiva, specialmente per quelle attività caratterizzate da un elevato volume di acquisti imponibili.

I requisiti per l’accesso al regime

L’adesione al regime transfrontaliero di franchigia IVA è subordinata al rispetto di specifici parametri dimensionali che la normativa definisce con precisione millimetrica. Il volume d’affari annuo dell’Unione europea non deve superare la soglia di 100.000 euro, parametro che deve essere verificato sia nell’anno civile precedente alla comunicazione sia nel periodo dell’anno in corso antecedente alla richiesta.

Particolare attenzione merita il requisito relativo al volume d’affari realizzato nel territorio dello Stato di esenzione, che non può eccedere quello previsto da tale Stato per l’applicazione del proprio regime nazionale di franchigia. Questa previsione implica, necessariamente, una conoscenza approfondita delle normative fiscali dei Paesi target, aspetto spesso trascurato nella fase di pianificazione.

La normativa richiede inoltre che il soggetto passivo comunichi preventivamente all’Agenzia delle Entrate l’intenzione di avvalersi del regime e che risulti identificato ai fini dell’applicazione della franchigia nel solo territorio dello Stato di stabilimento. Quest’ultimo requisito impedisce, di fatto, la sovrapposizione di regimi agevolativi in diversi Stati membri.

La procedura di adesione e gli adempimenti

La fase di adesione al regime si articola attraverso una procedura telematica che l’Agenzia delle Entrate ha disciplinato con il Provvedimento n. 460166/2024. Il soggetto interessato deve presentare un’apposita comunicazione indicando gli Stati membri nei quali intende operare in regime di franchigia, fornendo altresì specifiche informazioni sul proprio volume d’affari.

L’Amministrazione finanziaria nazionale e quelle dei Paesi interessati effettuano i controlli necessari, al positivo esito dei quali viene rilasciato il cosiddetto “suffisso EX” che si aggiunge alla partita IVA tradizionale. Questo identificativo caratterizza i soggetti aderenti al regime e deve essere utilizzato nelle comunicazioni ufficiali, ma non nelle fatture elettroniche – aspetto che ha generato, nella pratica professionale, alcune perplessità interpretative.

Una volta ottenuta l’autorizzazione, il contribuente deve adempiere a specifici obblighi comunicativi. In particolare, è richiesto l’invio trimestrale di una comunicazione all’Agenzia delle Entrate – disciplinata dal Provvedimento n. 155649/2025 – nella quale indicare il volume d’affari registrato nel corso del trimestre civile, distintamente per ciascun Stato membro.

Le esclusioni dal regime

La normativa prevede specifiche esclusioni dal regime che meritano particolare attenzione, considerata la loro capacità di precludere l’accesso all’agevolazione. Non possono beneficiare della franchigia i soggetti che effettuano in via esclusiva o prevalente cessioni di fabbricati, terreni edificabili o mezzi di trasporto nuovi.

Analogamente, risultano esclusi coloro che partecipano a società di persone, associazioni o imprese familiari, ovvero controllano società a responsabilità limitata che esercitano attività economiche riconducibili a quelle svolte dal soggetto passivo. Questa previsione mira evidentemente a evitare fenomeni elusivi attraverso la frammentazione artificiosa delle attività imprenditoriali.

Particolare rilievo assume l’esclusione per i soggetti che nell’anno precedente hanno sostenuto spese superiori a 20.000 euro per lavoratori dipendenti e collaboratori. Tale limitazione – che include anche le somme erogate sotto forma di utili – evidenzia la volontà del legislatore di riservare il beneficio alle realtà imprenditoriali effettivamente di piccole dimensioni.

Il vantaggio competitivo e le implicazioni strategiche

L’introduzione del regime transfrontaliero di franchigia IVA si traduce in un concreto vantaggio competitivo per le piccole imprese italiane che operano nel mercato unico europeo. Si consideri, ad esempio, il caso di un agente immobiliare italiano che cura l’intermediazione per la vendita di un immobile in Germania: senza il regime di franchigia, dovrebbe applicare la Mehrwertsteuer tedesca, risultando meno competitivo rispetto a un concorrente locale che beneficia del regime PMI nazionale.

Con l’adesione al nuovo regime, l’operatore italiano può proporre un corrispettivo non soggetto a IVA, equiparandosi alla posizione del concorrente tedesco. Questa possibilità assume particolare rilevanza in un contesto economico sempre più integrato, dove la competitività dipende spesso da dettagli apparentemente marginali.

È interessante notare come il regime possa essere utilizzato anche da soggetti che non hanno potuto aderire al regime forfetario nazionale per aver superato la soglia di 85.000 euro. Un professionista che abbia conseguito compensi per 86.000 euro in Italia può comunque accedere al regime transfrontaliero qualora preveda di realizzare un volume d’affari contenuto negli altri Stati membri.

Esempi applicativi nella pratica professionale

La casistica applicativa del regime offre spunti interessanti per comprenderne le potenzialità operative. Un consulente informatico italiano con un volume d’affari UE di 75.000 euro che intende prestare servizi in Francia per 15.000 euro annui può richiedere l’applicazione del regime francese, semplificando significativamente i propri adempimenti fiscali.

Analogamente, un’impresa artigiana che produce componenti per l’industria automotive e che esporta tradizionalmente in Germania può valutare l’adesione al regime per quelle commesse che rientrano nei parametri dimensionali previsti. La possibilità di non applicare l’IVA tedesca si traduce in un vantaggio economico diretto e in una semplificazione amministrativa non trascurabile.

Nella pratica professionale si osserva come il regime risulti particolarmente appetibile per quelle attività caratterizzate da operazioni frequenti ma di importo contenuto, tipiche del settore dei servizi digitali o delle consulenze specialistiche.

Le criticità operative e i profili di attenzione

Nonostante le indubbie opportunità offerte dal regime transfrontaliero di franchigia IVA, la sua applicazione presenta alcune criticità operative che richiedono particolare attenzione. La gestione delle comunicazioni trimestrali, ad esempio, richiede un costante monitoraggio dei volumi d’affari per evitare il superamento delle soglie previste.

Il ritardo superiore a 30 giorni nell’invio delle comunicazioni o la presentazione tardiva di almeno due comunicazioni comporta la segnalazione agli Stati membri, che possono sospendere le semplificazioni concesse. Questa previsione evidenzia l’importanza di un approccio sistematico nella gestione degli adempimenti.

Rimane inoltre aperto il nodo interpretativo relativo all’impatto del regime sulle imposte dirette. L’adesione alla franchigia semplifica la gestione IVA, ma non è chiaro se e in che modo debba essere considerata nel calcolo del reddito d’impresa o del volume d’affari ai fini di altre soglie fiscali. In attesa di chiarimenti ufficiali, è prudente mantenere piena tracciabilità delle operazioni.

Prospettive future e considerazioni conclusive

Il regime transfrontaliero di franchigia IVA rappresenta una concreta opportunità di semplificazione e crescita per le piccole imprese italiane che ambiscono a operare nel mercato unico europeo. Tuttavia, come spesso accade nell’evoluzione normativa, la gestione operativa richiede competenza tecnica e aggiornamento costante.

La corretta valutazione dell’opportunità di adesione deve necessariamente considerare le specificità dell’attività svolta, la struttura dei costi e i volumi d’affari prospettici. Non sempre, infatti, l’esenzione IVA si traduce in un vantaggio economico, specialmente per quelle attività caratterizzate da elevati volumi di acquisti imponibili.

L’auspicio è che l’implementazione del regime contribuisca effettivamente alla crescita dimensionale delle piccole imprese italiane, favorendo quel processo di internazionalizzazione che rappresenta una delle chiavi di volta per lo sviluppo economico del Paese.

Articoli correlati