Il disegno di legge di bilancio 2026 mantiene il tetto dei redditi da lavoro dipendente a 35.000 euro per chi vuole accedere o restare nel regime agevolato. Una conferma attesa, dopo l’innalzamento operato l’anno scorso, che interessa migliaia di partite IVA che coniugano attività autonoma e lavoro subordinato.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- La legge di bilancio 2026 conferma la soglia di redditi da lavoro dipendente a 35.000 euro per mantenere il regime forfetario.
- Vanno conteggiati solo i compensi ordinari (stipendi, pensioni, premi di risultato), esclusi arretrati e somme tassate separatamente.
- I compensi da lavoro dipendente estero vanno inclusi nel totale.
- Se il rapporto di lavoro termina nel 2025 e non vi sono altri redditi assimilati, la verifica della soglia non si applica.
- La pensione percepita nello stesso anno va aggiunta al reddito da lavoro per la soglia ostativa.
- Il limite di 35.000 euro è temporaneo: dal 2027 si torna a 30.000 euro se non intervengono nuove norme.
- Altre cause ostative restano (prevalenza rapporti con ex datore di lavoro, superamento di 85.000 euro di ricavi).
La proroga nella manovra finanziaria
L’articolo 12 del DDL bilancio, trasmesso al Senato nella seconda metà di ottobre, interviene direttamente sulla legge 207/2024. La formulazione modificata dovrebbe assumere questa configurazione: per gli anni 2025 e 2026, la soglia prevista dall’articolo 1 comma 57 lettera d-ter della legge 190/2014 viene portata a 35.000 euro. Significa che per operare in regime forfetario durante il 2026 occorre non aver superato tale importo nell’anno precedente, ossia nel 2025.
La norma originaria fissava il limite a 30.000 euro. Questo vincolo riguarda i redditi indicati negli articoli 49 e 50 del TUIR: stipendi, pensioni e compensi assimilati al lavoro dipendente. L’innalzamento a 35.000 euro era stato introdotto come misura temporanea per il solo 2025, ma adesso si propone di estenderlo anche al periodo d’imposta successivo.
Quali redditi vanno conteggiati nel calcolo
L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti rilevanti su questo aspetto. Nelle risposte a interpello numero 102/2020 e 398/2020 viene specificato che rilevano esclusivamente i compensi ordinari. Vanno escluse invece le somme straordinarie soggette a tassazione separata, come gli arretrati o il trattamento di fine rapporto.
Un punto di attenzione emerge quando il reddito proviene dall’estero. Secondo le risposte a interpello 257/2021, 81/2021 e 359/2020, anche i compensi derivanti da rapporti di lavoro instaurati fuori dai confini nazionali entrano nel calcolo della soglia. L’interpello 311/2023 conferma poi che ciò che conta è l’esistenza stessa di tali redditi e il loro ammontare, a prescindere dalla tassazione effettivamente corrisposta in Italia.
Nella prassi applicativa si osserva che anche i premi di risultato previsti dai contratti collettivi aziendali rientrano nel computo, pur se assoggettati a imposta sostitutiva del 10 per cento. Questo aspetto talvolta viene trascurato dai contribuenti nella verifica della soglia.
L’eccezione della cessazione del rapporto
La normativa prevede un’importante deroga. Se il rapporto di lavoro termina definitivamente durante il 2025, la verifica della soglia non deve essere effettuata, anche qualora i compensi percepiti abbiano superato i 35.000 euro. Lo ha precisato la circolare 32/2023 al paragrafo 1.1, richiamando l’articolo 1 comma 57 lettera d-ter della legge 190/2014.
Attenzione però. La cessazione sterilizza il limite solo se nel medesimo anno non emergono altre fonti di reddito riconducibili al lavoro dipendente o assimilato. La circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 10/2016, al punto 2.3, aveva già chiarito questo aspetto. Se il rapporto termina ma nel corso dello stesso periodo si percepisce una pensione, quest’ultima assume rilevanza autonoma ai fini del raggiungimento della soglia ostativa.
Analogamente, qualora un contribuente cessi un rapporto lavorativo ma ne intraprenda uno nuovo sempre nel 2025, entrambi i redditi concorrono al calcolo del limite. È opportuno notare come questa interpretazione miri a evitare facili elusioni della norma attraverso la frammentazione artificiosa dei rapporti.
Casi particolari: pensionamento e rapporti contemporanei
Quando nel 2025 il rapporto cessa per effetto del collocamento a riposo, il limite dei 35.000 euro va comunque verificato. Il trattamento pensionistico infatti rientra tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50 del TUIR. Questo significa che chi va in pensione durante l’anno deve sommare stipendio e ratei pensionistici per accertare il non superamento della soglia.
Una situazione che genera incertezza riguarda la presenza di più rapporti simultanei. Supponiamo che un contribuente abbia due contratti di lavoro dipendente attivi contemporaneamente nel 2025, ciascuno fonte di reddito. Uno dei due rapporti termina a giugno, mentre l’altro prosegue fino a fine anno. In questo scenario, stante l’assenza di indicazioni specifiche nella prassi ufficiale, appare ragionevole calcolare il limite considerando il reddito complessivamente prodotto, sia dal rapporto cessato che da quello ancora in essere al 31 dicembre.
La ratio della disposizione sarebbe quella di favorire chi resta senza occupazione e senza pensione mediante agevolazioni fiscali. Di conseguenza, se permangono fonti di reddito da lavoro dipendente o assimilato, la cessazione di uno solo dei rapporti non dovrebbe essere sufficiente per disapplicare il vincolo dei 35.000 euro.
Temporaneità della misura e incertezze applicative
Va sottolineato come la proroga abbia carattere provvisorio. Senza ulteriori interventi legislativi, dal 2027 il limite tornerebbe automaticamente alla soglia ordinaria di 30.000 euro prevista dalla legge 190/2014. Chi si trova stabilmente nella fascia compresa tra 30.001 e 35.000 euro potrebbe quindi dover abbandonare il regime agevolato a partire dall’anno d’imposta 2027.
Questa instabilità normativa crea qualche difficoltà nella pianificazione fiscale, specialmente per chi intende avviare una nuova attività. Si consideri il caso delle startup che beneficiano dell’aliquota agevolata al 5 per cento per i primi cinque anni. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale beneficio spetta unicamente a chi applica il regime forfetario sin dall’inizio. Iniziare l’attività nel 2026 in regime ordinario, nell’ipotesi di una futura perdita del forfetario nel 2027, precluderebbe definitivamente l’accesso al 5 per cento, anche se successivamente le condizioni lo permettessero.
Per una nuova attività avviata nel 2026, dunque, aderire immediatamente al regime forfetario rappresenta la scelta più opportuna (rispettando tutte le altre condizioni previste), non solo per fruire dell’aliquota ridotta ma soprattutto per non perdere irreversibilmente questa opportunità.
Verifica operativa della soglia: un esempio pratico
Immaginiamo il caso di Marco, consulente informatico con partita IVA in forfetario. Nel 2025 ha lavorato come dipendente presso un’azienda fino ad agosto, percependo 24.000 euro lordi. A settembre ha cessato il rapporto e per il resto dell’anno ha percepito solo i compensi dalla sua attività autonoma. In questo scenario, Marco può mantenere il regime forfetario nel 2026 perché il rapporto è cessato nel corso del 2025, indipendentemente dall’importo percepito.
Diversa sarebbe la situazione se Marco, dopo aver cessato il primo rapporto ad agosto, avesse accettato un nuovo incarico subordinato a tempo determinato da ottobre a dicembre, incassando ulteriori 8.000 euro. In tal caso i redditi andrebbero sommati (24.000 più 8.000 uguale 32.000 euro) e, pur restando sotto la soglia dei 35.000 euro, verrebbe meno l’applicazione dell’eccezione prevista per la cessazione.
Ancora differente se Marco fosse andato in pensione a settembre con un assegno mensile di 1.500 euro. Anche in questa ipotesi occorre verificare il limite cumulando stipendio e pensione. Quattro mensilità di pensione (settembre-dicembre) equivalgono a 6.000 euro, che sommati ai 24.000 dello stipendio portano il totale a 30.000 euro, consentendo il mantenimento del regime agevolato nel 2026.
Coordinamento con le altre cause ostative
È necessario ricordare che il superamento della soglia di 35.000 euro rappresenta solo una delle possibili cause di esclusione dal regime forfetario. L’articolo 1 comma 57 della legge 190/2014 elenca altre fattispecie che impediscono l’accesso o determinano la fuoriuscita dal regime agevolato.
Tra queste assume particolare rilevanza la lettera d-bis, secondo cui non possono adottare il forfetario le persone fisiche che esercitano l’attività prevalentemente nei confronti dell’attuale o di un precedente datore di lavoro (rapporto intercorso nei due periodi d’imposta antecedenti). Questa disposizione mira a contrastare fenomeni di false partite IVA.
Resta inoltre fermo il limite di ricavi e compensi annui pari a 85.000 euro. Il superamento di questa soglia comporta la fuoriuscita dal regime dall’anno successivo, mentre il superamento dei 100.000 euro determina l’uscita immediata già nell’anno in corso.
Prospettive e stabilizzazione della norma
La conferma del tetto a 35.000 euro per il 2026 rappresenta un segnale di attenzione verso chi opera in autonomia mantenendo un legame con il lavoro dipendente. Tuttavia, il carattere temporaneo della misura alimenta richieste di stabilizzazione definitiva della soglia maggiorata.
Nelle discussioni parlamentari che accompagneranno l’iter di approvazione della manovra potrebbero emergere proposte di modifica. Alcuni emendamenti potrebbero puntare a rendere strutturale l’innalzamento a 35.000 euro, eliminando l’incertezza che oggi caratterizza la pianificazione fiscale pluriennale. Altri potrebbero invece proporre un incremento ulteriore della soglia o meccanismi di adeguamento automatico all’inflazione.
Fino all’approvazione definitiva e alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, le disposizioni contenute nel DDL bilancio restano suscettibili di modifiche. Gli operatori del settore seguono con attenzione gli sviluppi, nella consapevolezza che ogni variazione al testo normativo può avere riflessi significativi sulla platea dei beneficiari e sulle scelte imprenditoriali.



