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Palestre scolastiche: via libera all’uso per società sportive

10 Ottobre, 2025

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La questione delle palestre scolastiche chiuse mentre le scuole restano vuote ha trovato una soluzione legislativa. Il 9 ottobre 2025 Montecitorio ha dato l’ok definitivo in prima lettura a una proposta che modifica le regole sull’utilizzo degli impianti sportivi scolastici da parte di associazioni e società sportive dilettantistiche. Voto unanime, trasversale agli schieramenti, su un testo che secondo molti doveva arrivare da tempo. L’iniziativa parlamentare porta la firma di Mauro Berruto, deputato del Partito Democratico ed ex commissario tecnico della nazionale maschile di pallavolo. La proposta AC 505, depositata a novembre 2022, ha attraversato un percorso di quasi tre anni prima di approdare in aula. Durante l’esame in commissione sono state recepite le osservazioni del Ministero dell’Istruzione, che aveva chiesto modifiche per tutelare l’autonomia scolastica. Il risultato finale è frutto della collaborazione tra il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e il Ministro per lo Sport Andrea Abodi.<

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Approvazione unanime: La Camera dei Deputati ha approvato in prima lettura (9 ottobre 2025) la proposta di legge AC 505 che modifica il dlgs 297/1994 e il dlgs 38/2021 in materia di utilizzo degli impianti sportivi scolastici.
  • Semplificazione procedurale: Eliminato l’assenso preventivo obbligatorio del Consiglio d’Istituto. Comuni e Province stipulano convenzioni dirette con associazioni e società sportive dilettantistiche, nel rispetto delle esigenze didattiche del PTOF.
  • Utilizzo esteso: Le palestre scolastiche possono essere utilizzate per allenamenti e gare ufficiali, anche nei periodi di chiusura estiva delle scuole.
  • Progetti di riqualificazione: Le società sportive possono presentare progetti di ammodernamento degli impianti. Se riconosciuti di interesse pubblico, danno diritto a convenzioni gratuite di durata non inferiore a 5 anni, proporzionate all’investimento effettuato.
  • Investimenti ministeriali: Stanziati 335 milioni di euro per palestre scolastiche, di cui 76,5 milioni (decreto MIM n. 228/2024) destinati alle regioni meno sviluppate nell’ambito del Programma nazionale 2021-2027.
  • Riferimenti normativi: Dlgs 16 aprile 1994, n. 297 (art. 96); dlgs 28 febbraio 2021, n. 38 (artt. 5 e 6); legge 11 gennaio 1996, n. 23 (edilizia scolastica); DPR 10 ottobre 1996, n. 567 (attività extracurriculari).

La riforma del decreto legislativo 297/1994

Il provvedimento interviene su due decreti legislativi: il testo unico dell’istruzione (dlgs 16 aprile 1994, n. 297) e il dlgs 28 febbraio 2021, n. 38 in materia di impianti sportivi. Prima della modifica normativa, l’uso delle palestre al di fuori dell’orario scolastico richiedeva un’autorizzazione che passava attraverso vari livelli burocratici. Il consiglio d’istituto o il consiglio di circolo dovevano dare l’assenso preventivo, mentre secondo i criteri del consiglio scolastico provinciale si stabilivano le modalità. Un meccanismo macchinoso, che secondo Berruto creava “ingiustizie arbitrarie” tra territori limitrofi.

Ora la prospettiva si capovolge. Comuni, Province e Città metropolitane tornano pienamente proprietari della disponibilità dei loro beni. Non serve più il parere vincolante (spesso immotivato, si legge negli atti parlamentari) degli organi scolastici. Occorre comunque rispettare le esigenze dell’attività didattica e delle attività sportive della scuola, comprese quelle extracurriculari previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567. Ma si semplifica decisamente la filiera decisionale.

Gli impianti sportivi scolastici aperti anche d’estate

Una delle questioni più dibattute riguardava proprio questo: le palestre chiuse nei mesi estivi, quando gli edifici scolastici restano inutilizzati per settimane. La nuova disciplina consente l’utilizzo anche durante i periodi di chiusura delle scuole. In estate, quando gli studenti sono liberi dall’impegno scolastico, le strutture possono accogliere allenamenti più intensivi, centri estivi, programmi di attività motoria per over 65. Una risorsa che nella prassi operativa di molti territori rimaneva bloccata per motivi burocratici più che sostanziali.

Il testo precisa che gli impianti possono essere messi a disposizione sia per le sedute di allenamento sia per le gare ufficiali. Prima il secondo comma dell’articolo 6 del dlgs 38/2021 non lo specificava con chiarezza. Si trattava di una lacuna che generava incertezze interpretative. Nella pratica professionale si osservava come alcune amministrazioni concedessero l’uso solo per gli allenamenti, negando l’accesso per le competizioni. Ora la normativa lo consente espressamente.

Progetti di riqualificazione e uso gratuito

La seconda misura (forse quella più interessante dal punto di vista economico-finanziario) replica quanto previsto dall’articolo 5 del dlgs 38/2021. Associazioni e società sportive dilettantistiche possono presentare all’ente locale progetti per rigenerare, riqualificare o ammodernare gli impianti sportivi scolastici. Se l’ente territoriale proprietario riconosce l’interesse pubblico del progetto e affida la gestione dell’impianto alla società o associazione proponente, la convenzione può essere gratuita. La durata non può essere inferiore a cinque anni ed è proporzionata all’investimento realizzato, senza nuovi oneri per la finanza pubblica.

Si consideri che questa possibilità esisteva già per gli impianti sportivi in generale, ma non era esplicitamente prevista per le palestre scolastiche. La giurisprudenza amministrativa ha talvolta interpretato restrittivamente le norme sull’uso degli edifici scolastici. Estendere il meccanismo anche alle strutture delle scuole potrebbe sbloccare investimenti privati in ammodernamento. Le società sportive, che spesso lamentano la carenza di spazi adeguati, potrebbero trovare conveniente migliorare le palestre scolastiche in cambio dell’utilizzo a titolo gratuito per un periodo congruo.

Il ruolo degli enti locali proprietari

Secondo quanto previsto dall’articolo 3 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, le competenze in materia di edilizia scolastica spettano ai comuni per le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. Alle province (e alle città metropolitane) per le scuole secondarie di secondo grado, compresi licei artistici, istituti d’arte, conservatori di musica, accademie. La riforma riafferma questo assetto proprietario, eliminando possibili conflitti di competenza con gli organi scolastici.

Nella casistica comune accadeva che un dirigente scolastico poco favorevole all’apertura pomeridiana bloccasse l’utilizzo, pur non essendo proprietario dell’immobile. Altre volte erano i consigli d’istituto a negare l’autorizzazione per ragioni che esulavano dalla tutela dell’attività didattica. Con il nuovo testo normativo, l’ente proprietario decide direttamente, attraverso convenzioni con le associazioni interessate. Resta ferma la priorità delle attività previste dal Piano Triennale dell’Offerta Formativa, ma fuori da quell’ambito la disponibilità non passa più dal filtro scolastico.

La situazione delle palestre in Italia

I dati disponibili (anche se non recentissimi, risalgono al 2017 secondo l’elaborazione di Openpolis su dati Miur) fotografano un paese a due velocità. Solo il 41% degli edifici scolastici italiani dispone di una palestra o di una piscina. La percentuale sale al 44% nei comuni polo, scende al 36% in quelli periferici e ultraperiferici. Nelle aree interne, dove le opportunità educative esterne alla scuola sono già limitate, la carenza di strutture sportive nelle scuole aggrava il problema dell’accesso allo sport per bambini e ragazzi.

Regioni come il Friuli-Venezia Giulia superano il 50% di scuole dotate di palestra. Altre, come la Calabria, si fermano intorno al 30%. Il divario territoriale è significativo. In Campania molti istituti, specie nelle province interne, non hanno spazi adeguati per l’educazione fisica. Gli studenti devono accontentarsi di attività ridotte o svolte in locali di fortuna. Ecco perché gli investimenti del Ministero dell’Istruzione e del Merito assumono un peso rilevante.

Gli investimenti governativi per lo sport scolastico

Giuseppe Valditara ha più volte sottolineato come “lo sport sia fondamentale per la crescita degli studenti”. Il Ministero ha stanziato complessivamente quasi un miliardo di euro per lo sport nelle scuole. Di questi, 335 milioni sono destinati specificamente alla costruzione, ristrutturazione e messa in sicurezza delle palestre scolastiche. Con decreto 14 novembre 2024, n. 228, sono stati assegnati 76,5 milioni alle regioni meno sviluppate (Mezzogiorno) nell’ambito del Programma nazionale “Scuola e competenze” 2021-2027. L’obiettivo dichiarato è migliorare la parità di accesso a servizi di qualità nel campo dell’istruzione mediante lo sviluppo di infrastrutture accessibili.

Il 72% dei fondi per le palestre va alle realtà del Mezzogiorno, secondo i dati riportati nell’articolo originario. Un tentativo di riequilibrio territoriale che dovrebbe ridurre le disparità nell’offerta sportiva scolastica. Andrea Abodi, ministro per lo Sport, ha definito l’approvazione della legge “un passo di grande valore politico e sociale per rilanciare il diritto alla pratica sportiva”. L’utilizzo degli impianti scolastici anche fuori dall’orario delle lezioni rappresenta, secondo Abodi, “una questione di coesione sociale, inclusione e benessere, in linea con il comma 7 dell’articolo 33 della Costituzione”.

Le criticità applicative e i nodi da sciogliere

Resta da capire come funzionerà nella pratica il nuovo sistema. Serve che comuni e province attivino rapidamente le procedure per stipulare convenzioni con le società sportive. Occorre definire criteri trasparenti per individuare i soggetti beneficiari, evitando favoritismi o esclusioni arbitrarie. Le associazioni dilettantistiche hanno dimensioni e capacità organizzative molto diverse tra loro. Come garantire che anche le realtà più piccole possano accedere alle palestre scolastiche?

Un’altra questione riguarda la responsabilità civile e la sicurezza durante l’utilizzo extrascolastico. Chi risponde in caso di infortunio durante un allenamento serale o una partita del sabato mattina? Le convenzioni dovranno disciplinare puntualmente questi aspetti, indicando gli obblighi assicurativi a carico delle società utilizzatrici. Nella prassi amministrativa talvolta si verificavano contenziosi proprio su tali profili di responsabilità.

Infine, il coordinamento tra esigenze scolastiche ed extrascolastiche necessita di una gestione attenta. Se una palestra è utilizzata fino a tardi la sera per allenamenti o gare, la mattina successiva dev’essere disponibile e in ordine per le lezioni di educazione fisica. Chi si occupa della pulizia, della manutenzione ordinaria, delle piccole riparazioni? Le convenzioni dovrebbero prevedere oneri chiari in capo alle società sportive, ma occorre vigilare sull’effettiva applicazione.

La prospettiva di un cambio culturale

Al di là degli aspetti tecnico-giuridici, la legge sembra puntare a un cambio di paradigma culturale. Le palestre scolastiche non sono solo spazi per l’attività didattica curricolare. Sono beni comuni, patrimonio della collettività, che devono tornare a disposizione del territorio. Ogni palestra chiusa quando potrebbe essere aperta rappresenta, secondo le parole di Berruto, “una ferita della polis, un’occasione mancata di educazione, salute, inclusione”.

Il provvedimento si inserisce nel quadro della legge costituzionale 26 settembre 2023, n. 1, che ha integrato l’articolo 33 della Costituzione introducendo il riconoscimento del valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme. La pratica sportiva viene riconosciuta come elemento costitutivo della crescita individuale e collettiva. Aprire le palestre scolastiche al territorio è coerente con questa visione.

Resta da vedere se la nuova disciplina produrrà gli effetti sperati. Molto dipenderà dalla capacità degli enti locali di organizzare efficacemente le convenzioni, e dalla disponibilità delle società sportive a investire nella riqualificazione degli impianti. Il rischio, sempre presente quando si modificano procedure consolidate, è che la transizione al nuovo regime generi inizialmente incertezze operative. Ma l’obiettivo di fondo – restituire alla comunità spazi pubblici troppo spesso sottoutilizzati – appare condiviso trasversalmente.

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