Il panorama fiscale destinato ai contribuenti in regime forfetario si arricchisce di ulteriori specificazioni con l’approvazione del decreto correttivo-bis del 4 giugno 2025. Si tratta di un provvedimento che, pur non stravolgendo l’impianto esistente, introduce alcune modifiche operative di rilievo pratico per oltre un milione di professionisti e piccoli imprenditori italiani. La natura stessa del decreto – definito “correttivo-bis” – evidenzia come il legislatore stia procedendo per affinamenti successivi, nella consueta logica di continuo aggiustamento che caratterizza il nostro sistema tributario. Nella prassi applicativa, questi interventi normativi spesso generano più dubbi di quanti ne risolvano, almeno nella fase iniziale.
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Versamenti iva trimestrali: una semplificazione attesa
La modifica più significativa introdotta dal decreto correttivo-bis attiene alla periodicità dei versamenti IVA per le operazioni nelle quali i contribuenti in regime forfetario assumono la qualifica di soggetti debitori d’imposta. La nuova disciplina stabilisce che il versamento dell’IVA dovuta per le operazioni soggette a reverse charge – sia interno ex articolo 17, comma 2, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, sia comunitario ex articoli 41 e 46 del medesimo decreto – dovrà essere effettuato con cadenza trimestrale.
La disposizione rappresenta una deroga significativa rispetto al regime generale previsto dall’articolo 1, comma 60, della legge 190/2014, che stabiliva il versamento entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Il nuovo termine è fissato entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare, configurando così una periodicità analoga a quella prevista per i contribuenti IVA trimestrali.
L’innovazione normativa si applica esclusivamente ai contribuenti che hanno optato per il regime forfetario ex articolo 1, commi 54 e seguenti, della legge 190/2014, e limitatamente alle operazioni per le quali sussiste l’obbligo di versamento dell’IVA in qualità di soggetti debitori.
Rientrano nell’ambito applicativo della norma:
- Gli acquisti intracomunitari di beni ex articolo 41 del DPR 633/1972;
- Le prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti ex articolo 17, comma 2, del DPR 633/1972;
- Le cessioni di beni e prestazioni di servizi soggette a reverse charge domestico nei settori specificamente individuati.
La ratio della modifica risiede nell’esigenza di semplificazione degli adempimenti per una categoria di contribuenti caratterizzata da volumi d’affari contenuti e da un approccio gestionale spesso non professionalizzato. La cadenza mensile dei versamenti, infatti, comportava oneri amministrativi sproporzionati rispetto all’entità delle operazioni, generando frequenti ritardi e conseguenti sanzioni.
Esclusione definitiva dal concordato preventivo biennale
Il decreto correttivo-bis sancisce l’esclusione definitiva dei contribuenti in regime forfetario dalla possibilità di aderire al concordato preventivo biennale, interrompendo la fase sperimentale iniziata nel 2024. La modifica assume carattere sistematico, in quanto risolve un’incongruenza strutturale tra due istituti caratterizzati da filosofie applicative sostanzialmente inconciliabili.
Il concordato preventivo biennale, disciplinato dall’articolo 1, commi 1-3, del decreto legislativo 13 gennaio 2024, n. 1, costituisce uno strumento di compliance collaborativa che consente ai contribuenti di concordare preventivamente con l’Amministrazione finanziaria il reddito imponibile per un biennio, sulla base degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) di cui all’articolo 9-bis del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.
L’esclusione dei forfettari dal CPB trova la sua giustificazione nell’incompatibilità ontologica tra il meccanismo di determinazione forfetaria del reddito e l’applicazione degli ISA. Il regime forfetario determina il reddito imponibile attraverso l’applicazione di coefficienti di redditività prestabiliti per codice ATECO, secondo la formula prevista dall’articolo 1, comma 64, della legge 190/2014: ricavi moltiplicati per il coefficiente di redditività specifico del settore di attività.
Gli ISA, al contrario, si basano su un’analisi multidimensionale della posizione del contribuente, considerando variabili economiche, patrimoniali e comportamentali per determinare il grado di affidabilità fiscale. L’applicazione di tale metodologia a contribuenti che determinano forfetariamente il reddito genera evidenti distorsioni, poiché i dati utilizzati per il calcolo degli ISA (ricavi, costi, indicatori di coerenza economica) non riflettono la reale situazione economica del contribuente forfetario.
Stabilità dei coefficienti di redditività
Il decreto correttivo-bis conferma espressamente l’applicazione dei coefficienti di redditività attualmente vigenti, evitando modifiche che avrebbero comportato significativi costi di adeguamento per contribuenti e professionisti del settore. La scelta legislativa privilegia la stabilità normativa rispetto all’aggiornamento periodico dei parametri, riconoscendo il valore della continuità in un regime caratterizzato dalla semplificazione.
I coefficienti di redditività, determinati per codice ATECO e riportati nell’allegato 4 della legge 190/2014, costituiscono l’elemento cardine per la determinazione del reddito imponibile dei forfettari. La loro eventuale modifica avrebbe richiesto:
- Aggiornamenti dei software di contabilità e delle procedure amministrative;
- Formazione specifica per professionisti e contribuenti;
- Revisione delle prassi operative consolidate.
La decisione di mantenere invariati i coefficienti si inquadra in una strategia di lungo periodo volta a garantire prevedibilità e stabilità al regime forfetario. L’aggiornamento frequente dei parametri, pur potendo riflettere più fedelmente le dinamiche economiche settoriali, comporterebbe costi amministrativi sproporzionati rispetto ai benefici attesi, considerata la natura intrinsecamente semplificata del regime.