L’Associazione Italiana Dottori Commercialisti ha preso posizione, con la norma di comportamento n. 231 dell’11 settembre 2025, sulla questione del termine emissione note di variazione in diminuzione IVA. Una posizione che si distacca nettamente dall’interpretazione finora sostenuta dall’amministrazione finanziaria, delineando nuovi orizzonti applicativi per cedenti e prestatori di servizi. La norma stabilisce un principio operativo chiaro: le note di variazione in diminuzione possono essere emesse fino alla scadenza del termine per l’attività di accertamento dell’anno in cui è sorto il diritto alla rettifica. Un cambio di prospettiva che merita analisi approfondita, soprattutto alla luce delle implicazioni pratiche per i professionisti del settore.
🕒 Cosa sapere in un minuto
L’AIDC con norma di comportamento n. 231/2025 estende il termine per emettere note di variazione IVA in diminuzione fino alla scadenza dell’accertamento (art. 57 DPR 633/72).
La variazione riguarda imposta non più dovuta, diversamente dalla detrazione che concerne imposta dovuta. Non si applica il termine annuale dell’art. 19.
• Nullità/risoluzione contrattuale (comma 2)
• Procedure concorsuali/esecutive infruttuose (comma 3-bis)
• Annotazione in rettifica nei registri (comma 8)
Emissione possibile fino al termine di accertamento dell’anno di nascita del diritto alla rettifica, eventualmente prorogato per dichiarazione integrativa.
Maggiore flessibilità temporale per cedenti/prestatori, con tutela dell’effettività del diritto di recupero dell’IVA non dovuta.
Il quadro normativo di riferimento
L’articolo 26 del DPR 633/1972 rimane il punto cardine della disciplina. I commi 2 e 3-bis delineano le casistiche che legittimano l’emissione delle note di variazione, senza – in linea di principio – limiti temporali specifici.
Le ipotesi rilevanti comprendono situazioni di nullità, annullamento o risoluzione contrattuale, nonché l’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente. Il comma 3-bis introduce poi la fattispecie del mancato pagamento, totale o parziale, in caso di procedure concorsuali o esecutive rimaste infruttuose.
Diversa la posizione del comma 3. Qui il legislatore ha previsto un termine annuale dall’effettuazione dell’operazione per specifiche ipotesi: quelle derivanti da accordi sopravvenuti tra le parti e le rettifiche di inesattezze della fatturazione che abbiano comportato l’applicazione del principio di cartolarità dell’imposta (articolo 21, comma 7).
L’interpretazione AIDC versus prassi amministrativa
L’orientamento dell’Associazione si fonda su una lettura sistematica della disciplina. Nel parere della norma di comportamento AIDC emerge chiaramente come il riferimento contenuto nell’articolo 26, comma 2, al diritto del cedente o prestatore di portare in detrazione l’imposta corrispondente non debba essere interpretato come riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA dovuta.
Piuttosto – secondo l’analisi AIDC – si tratta del riconoscimento del diritto alla variazione in diminuzione dell’imposta non più dovuta. Una distinzione che può apparire sottile, ma che si rivela fondamentale per la determinazione dei termini applicabili.
La prassi amministrativa aveva invece costantemente ribadito l’applicabilità del termine previsto dall’articolo 19, comma 1, del DPR 633/1972. Secondo questa impostazione, la nota di variazione doveva essere emessa entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si era verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione.
Aspetti tecnico-operativi della differenza
Nella pratica professionale si osserva frequentemente come la distinzione operata dall’AIDC abbia ricadute concrete significative. La variazione in diminuzione riguarda un’imposta non più dovuta, mentre la detrazione concerne un’imposta dovuta. Due meccanismi strutturalmente diversi, benché tecnicamente collegati dal punto di vista algebrico.
È opportuno notare come l’articolo 26, comma 8, del DPR 633/1972 offra un’ulteriore conferma di questa impostazione. La norma consente al cedente o prestatore di effettuare la variazione mediante annotazione in rettifica nei registri delle fatture emesse o dei corrispettivi, anziché computando l’imposta nel registro degli acquisti.
Nel caso in cui il rinvio all’articolo 19 dovesse essere esteso anche ai termini ivi indicati, chi optasse per la variazione mediante annotazione in rettifica perderebbe il riferimento temporale. Una situazione che evidenzia l’incongruenza sistemica dell’applicazione rigida dei termini di detrazione.
Principi generali e tutela del contribuente
L’associazione professionale ha richiamato i principi di neutralità ed effettività del diritto europeo. Il termine di decadenza non può rendere l’esercizio del diritto praticamente impossibile o eccessivamente difficile, come precisato dalla Corte di Giustizia (sentenza 8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07).
Il differimento temporale dell’emissione della nota non comporta alcun pregiudizio per l’Erario in termini di riscossione. Al contrario, l’imposizione di un termine ristretto avrebbe l’effetto di far gravare definitivamente il tributo sul soggetto passivo, in contrasto con i principi di giustizia tributaria.
Casi pratici e difficoltà identificative
Nell’esperienza applicativa emergono frequentemente situazioni complesse. Le circostanze che determinano il diritto alla rettifica possono risultare di difficile individuazione, tanto sotto il profilo temporale quanto sotto quello della conoscibilità effettiva.
Si consideri il caso delle sentenze dichiarative dello stato di insolvenza del cliente. La conoscenza dell’evento può essere successiva e non immediata, rendendo problematica l’applicazione di termini rigidi.
Il termine finale secondo AIDC
L’esigenza di garantire certezza e stabilità nei rapporti giuridici tra contribuenti e amministrazione finanziaria ha portato l’AIDC a individuare nel termine di accertamento previsto dall’articolo 57 del DPR 633/1972 il limite temporale per l’esercizio della facoltà di variazione.
Tale termine può essere eventualmente prorogato in caso di dichiarazione integrativa. Un approccio che bilancia le esigenze di certezza giuridica con la tutela delle posizioni sostanziali dei contribuenti.
La soluzione proposta appare ragionevole e bilanciata, evitando sia l’applicazione di termini eccessivamente ristretti che potrebbero compromettere l’effettività del diritto, sia la mancanza totale