Molti professionisti e imprenditori non sanno che il regime forfettario consente di esercitare contemporaneamente diverse attività economiche. Eppure le regole sono piuttosto articolate e con l’arrivo dei nuovi codici ATECO 2025 la situazione si complica ulteriormente. Chi gestisce una partita IVA forfettaria e vuole diversificare i propri ricavi deve prestare attenzione a più di un aspetto: i limiti di fatturato, l’identificazione corretta delle attività, il calcolo dei coefficienti di redditività, e non ultimo, le conseguenze previdenziali.
🕒 Cosa sapere in un minuto
Multiattività consentita: Il regime forfettario non preclude l’esercizio contemporaneo di pluralità di attività economiche, purché ciascuna sia identificata con specifico codice ATECO e comunicata all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dall’avvio.
Limite aggregato di 85.000 euro: La verifica del tetto massimo di ricavi annui si effettua considerando la somma totale dei compensi derivanti da tutte le attività, indipendentemente dal codice ATECO. Superamento tra 85.000-100.000 euro determina decadenza dal successivo anno; oltre 100.000 euro decadenza immediata.
Coefficienti differenziati: Ciascuna attività è assoggettata al coefficiente di redditività specifico della propria classificazione settoriale. Attività con medesimi coefficienti confluiscono unitariamente nel quadro LM; quelle con coefficienti disomogenei richiedono compilazione di righi separati.
ATECO 2025 in regime transitorio: I nuovi codici di classificazione sono applicabili a partire dal 2025, ma i coefficienti di redditività continuano a seguire la tabella ATECO 2007 finché non saranno ufficialmente aggiornati. Obbligo di comunicazione dei nuovi codici entro le scadenze previste.
Implicazioni previdenziali: La pluralità di attività comporta potenziale iscrizione a differenti Gestioni previdenziali (Casse professionali, Gestione Separata INPS, INPS Commercianti/Artigiani). Ciò determina versamenti contributivi multipli e obblighi di coordinamento presso ciascuna gestione.
Quando il forfettario incontra la pluralità di attività
Accade più spesso di quanto si immagini. Un consulente tecnico decide di affiancare alla propria attività principale anche servizi di formazione. Un artigiano apre un piccolo e-commerce. Un libero professionista aggiunge un’attività di collaborazione editoriale ai lavori principali. Tutti questi soggetti si trovano di fronte a una domanda: posso mantenere il regime forfettario facendo tutto questo?
La risposta è sì, ma con condizioni precise. Lo prevede l’articolo 1, commi 54-89, della Legge n. 190/2014. Il regime forfettario non esclude affatto l’esercizio contemporaneo di più attività economiche: lo consente, a patto che si seguano regole specifiche sulla comunicazione, sulla classificazione, e soprattutto sul monitoraggio dei ricavi complessivi.
La comunicazione all’Agenzia delle Entrate: timing e modalità
Qui iniziano i dettagli che nessuno dovrebbe trascurare. Nel momento in cui un contribuente vuole operare in multiattività, deve comunicarlo all’Agenzia delle Entrate. Se la decisione di svolgere più attività è già presente al momento dell’apertura della partita IVA, la comunicazione va trasmessa contemporaneamente. Se invece l’ampliamento avviene successivamente, il termine è di 30 giorni dall’effettivo avvio della nuova attività.
La comunicazione deve specificare con chiarezza quali sono i codici ATECO corrispondenti alle diverse funzioni esercitate, e soprattutto indicare quale di esse ha carattere prevalente. Non è un aspetto formale: distinguere l’attività principale dalle secondarie o accessorie ha conseguenze sia fiscali che previdenziali.
Per chi è obbligato all’iscrizione presso la Camera di Commercio (parliamo di attività di impresa commerciale o artigianale), la variazione deve essere notificata anche al Registro Imprese attraverso la pratica ComUnica. Una doppia comunicazione, quindi, che richiede attenzione.
I coefficienti di redditività e il regime forfettario multiattività
Qui la questione si articola. Applicare il forfettario a più attività significa applicare coefficienti diversi a seconda del settore di appartenenza. È questo il nodo centrale della materia.
Prendiamo un esempio concreto. Un consulente aziendale, il cui codice ATECO rientra tra le attività professionali, applica il coefficiente di redditività del 78%. Se lo stesso soggetto gestisce anche un’attività di commercio all’ingrosso, quella viene sottoposta al coefficiente del 40%, riconoscendo una maggior intensità di costi produttivi e commerciali. Le varie aliquote sono dettagliate dall’Allegato 4 della legge n. 190/2014, e variano significativamente a seconda del comparto merceologico.
Questo significa che il reddito imponibile non viene calcolato una volta sola, ma viene fratto per ogni attività sottoposta a un coefficiente diverso. Due attività professionali entrambe al 78%? Quelle confluiscono unitariamente nello stesso rigo del quadro LM. Un’attività professionale al 78% e un’attività agricola al 40%? Quelle vanno separate, compilando righi distinti del modello Redditi Persone Fisiche.
La compilazione del quadro LM del modello Redditi PF diventa così più delicata. Quando le attività esercitate appartengono a settori con lo stesso coefficiente, i ricavi o compensi confluiscono unitariamente nel medesimo rigo. Quando invece i coefficienti sono disomogenei, il contribuente deve procedere alla loro separata indicazione, garantendo che ciascuno sia assoggettato alla percentuale specifica.
Il limite di 85.000 euro: come funziona davvero
Qui ci sta un punto decisivo e spesso male interpretato. Per chi applica il regime forfettario in multiattività, il limite complessivo di ricavi e compensi è di 85.000 euro annui. Questo limite, però, non si applica attività per attività: si applica in modo aggregato, sommando tutti i proventi di tutte le attività esercitate.
Se un consulente percepisce 50.000 euro dai servizi di consulenza e 40.000 euro da un’attività secondaria di formazione, il totale è di 90.000 euro, e quello è l’importo che conta per verificare il superamento della soglia. Non importa che la prima attività stia sotto il limite: ciò che conta è il totale complessivo.
Il Legislatore ha previsto una scalettatura quando il limite viene sfiorato. Fino a 85.000 euro il contribuente mantiene il regime agevolato. Tra 85.000 e 100.000 euro il regime si applica ancora per l’anno in corso, ma decade a partire dall’anno successivo. Oltre 100.000 euro opera la decadenza immediata dal regime forfettario. Quest’ultima situazione è la più delicata: superare i 100.000 euro, anche se per pochi euro, significa perdere il beneficio del forfettario istantaneamente, senza alcun periodo di tolleranza.
ATECO 2025: la transizione e il regime transitorio
Con l’anno d’imposta 2025 la situazione si è complicata ulteriormente. È entrata in vigore la nuova classificazione ATECO 2025, in sostituzione della versione ATECO 2007. Questa novità ha generato non poca confusione tra i contribuenti.
Le istruzioni ministeriali prevedono che i nuovi codici ATECO prevalenti devono essere indicati nella colonna 4 del rigo LM21 del modello Redditi Persone Fisiche. Ma qui arriva la parte che frena molti: il Legislatore ha introdotto una disciplina transitoria per non creare confusione e sconvolgimenti immediati.
Fino all’adozione ufficiale dei nuovi coefficienti di redditività, coerenti con la classificazione ATECO 2025, restano validi i parametri precedenti. Cosa significa in pratica? Nell’attuale fase di passaggio, i contribuenti sono tenuti ad aggiornare il proprio codice attività secondo la nuova nomenclatura ATECO 2025, ma la determinazione del reddito imponibile in regime forfettario continua a seguire le regole collegate alla classificazione 2007, almeno fino a quando non saranno ufficialmente approvati i nuovi valori.
È una situazione di attesa. I codici cambiano, ma le percentuali di redditività rimangono quelle di prima. Chi ha sottovalutato questo aspetto rischia di trovarsi disallineato dai sistemi dell’Amministrazione finanziaria.
I riflessi previdenziali: il lato spesso sottovalutato
Qui arriviamo a un aspetto che la maggior parte dei professionisti scopre troppo tardi. La corretta individuazione dei codici ATECO non produce effetti esclusivamente sul piano fiscale: incide in modo significativo anche sotto il profilo previdenziale. In funzione della natura delle attività esercitate, il contribuente può essere obbligato all’iscrizione presso differenti Gestioni previdenziali. E questo comporta obblighi di versamento distinti e coordinamento complesso.
Se l’attività rientra in ambiti regolamentati (avvocati, ingegneri, medici, commercialisti), l’iscrizione è prevista presso la Cassa previdenziale di categoria, secondo le regole proprie di ciascun ente. Se invece l’attività professionale di carattere intellettuale non è organizzata in ordini o albi, i contributi sono dovuti alla Gestione separata INPS, con applicazione dell’aliquota vigente sul reddito imponibile determinato in regime forfettario.
Per le attività di commercio o artigianato, invece, è obbligatoria l’iscrizione alla Gestione commercianti o artigiani INPS, con versamento di contributi fissi annuali, integrati da una quota percentuale calcolata sul reddito forfettario eccedente il minimale.
Ne deriva una situazione complessa e ricca di insidie. Un contribuente che esercita attività miste, ad esempio attività professionale assoggettata alla Gestione separata unitamente ad attività commerciale, dovrà versare contributi a più casse previdenziali contemporaneamente. Questa plurima contribuzione comporta riflessi operativi importanti:
Innanzitutto, maggiore onerosità complessiva degli adempimenti previdenziali. Iscriversi a più gestioni significa pagare più contributi, spesso anche doppi e tripli a seconda della composizione dell’attività. In secondo luogo, nasce la necessità di coordinare i versamenti e la gestione dei minimali e massimali contributivi. Ogni gestione ha regole proprie: non coordinarle significa rischiare sanzioni. Infine, c’è la rilevanza ai fini pensionistici: i contributi accreditati confluiscono in gestioni diverse e potranno essere successivamente oggetto di ricongiunzione, cumulo o totalizzazione a seconda dei casi.
Esempi pratici: come funziona con la multiattività
Scenario 1. Un professionista intellettuale esercita consulenza aziendale e contemporaneamente svolge attività editoriale, entrambe con coefficiente del 78%. In questo caso, i ricavi da entrambe le attività confluiscono unitariamente nel medesimo rigo del quadro LM con coefficiente omogeneo. Non serve compilare due righi separati.
Scenario 2. Lo stesso professionista affianca all’attività principale di consulenza (78%) anche un piccolo commercio al dettaglio di libri e materiale formativo (40%). Ora i coefficienti sono diversi. Deve compilare il quadro LM con due righi distinti: uno per la consulenza, uno per il commercio. I ricavi della consulenza saranno moltiplicati per il 78%, quelli del commercio per il 40%. Solo in questo modo il reddito imponibile totale risulterà corretto.
Scenario 3. Un artigiano che produce mobili (codice ATECO differente) decide di vendere anche i propri prodotti tramite un e-commerce. Avrà due codici ATECO, con coefficienti potenzialmente diversi. Se uno dei due è iscritto a una Cassa previdenziale di categoria e l’altro alla Gestione artigiani INPS, dovrà coordinare tre flussi distinti: uno fiscale (quadro LM), uno contributivo verso la Cassa (versamenti fissi), uno verso l’INPS (versamenti variabili).
I passaggi operativi da non saltare
Prima di avviare una multiattività in regime forfettario, occorre seguire una sequenza di azioni ben precise.
Primo step: verificare che tutti i codici ATECO prescelti siano effettivamente compatibili col regime forfettario. Ci sono attività che ne sono escluse (ad esempio certi settori finanziari o immobiliari in determinate configurazioni). Secondo step: stimare realisticamente il volume di ricavi massimi che si prevede di percepire da ciascuna attività, per verificare che il totale aggregato non superi gli 85.000 euro (o nel caso peggiore i 100.000 euro oltre cui scatta la decadenza immediata).
Terzo step: comunicare all’Agenzia delle Entrate i codici ATECO secondo le modalità descritte (entro 30 giorni dall’avvio della nuova attività, o contestualmente all’apertura della partita IVA se la multiattività è prevista sin dall’inizio).
Quarto step: verificare gli effetti previdenziali. Consultare il datore di lavoro, la Cassa previdenziale, l’INPS per capire in quale gestione sarà obbligatorio iscriversi e quali contributi andrà a versare.
Quinto step: aggiornare il software di gestione contabile o contattare il commercialista per assicurarsi che il quadro LM venga compilato correttamente, con righi separati laddove necessario e coefficienti retti a seconda del codice ATECO di riferimento.
Sesto step: in caso di attività commerciale o artigianale, effettuare la comunicazione al Registro Imprese tramite pratica ComUnica presso la Camera di Commercio.
Il coordinamento tra norme fiscali e disposizioni IVA
Un aspetto che talvolta si dimentica: il regime forfettario non è solo una questione di imposte dirette e coefficienti di redditività. Ci sono implicazioni anche sul versante IVA, perché chi applica il forfettario ha specifiche regole di determinazione della base imponibile per l’IVA stessa.
La combinazione di norme sulle imposte dirette e disposizioni IVA richiede un approccio accurato e coordinato. Se compilato male il modello Redditi PF, se i ricavi non sono allocati correttamente tra i vari righi del quadro LM, se non si tiene traccia di quali ricavi afferiscono a quale attività, il rischio è di determinare un reddito imponibile errato e di conseguenza un’imposta sostitutiva calcolata male. Quando il Fisco controllasse, potrebbe contestare sia l’errore fiscale che quello IVA.
Il ruolo del commercialista: quando diventa indispensabile
Tutto questo per dire: affidarsi a un professionista esperto è fortemente consigliato. Non perché la multiattività nel regime forfettario sia proibita, ma perché il numero di variabili da tenere sotto controllo è significativo. Un errore nella classificazione ATECO, una mancata comunicazione all’Agenzia, un coefficiente applicato male, una sottovalutazione dei riflessi previdenziali: ognuno di questi comporta conseguenze che vanno dalle semplici rettifiche fino a sanzioni amministrative e tributarie.
Specialmente ora, con i codici ATECO 2025 in vigore ma i coefficienti ancora da aggiornare ufficialmente, il quadro è in transizione. Un consulente fiscale e un commercialista esperti possono aiutare a navigare questa fase con consapevolezza, evitando gli errori più comuni.
Checklist finale: cosa controllare prima di partire
Ricapitolando i punti essenziali, ecco una checklist per chi pensa di implementare una strategia di multiattività in regime forfettario:
I codici ATECO prescelti sono davvero compatibili col forfettario? Quant’è il ricavo massimo che prevedo di generare annualmente, considerando tutte le attività? Il totale aggregato rimane entro gli 85.000 euro (o almeno sotto i 100.000)? Ho comunicato all’Agenzia delle Entrate i nuovi codici entro 30 giorni? Se ho attività commerciale o artigianale, ho aggiornato il Registro Imprese? Quali gestioni previdenziali mi riguardano? Ho verificato gli obblighi di contribuzione presso ciascuna? Ho preparato la documentazione e il software contabile per compilare correttamente il quadro LM con righi separati se necessario? Ho coinvolto il mio consulente per una verifica preventiva?
Rispondere affermativamente a tutte queste domande significa aver minimizzato il rischio di commettere errori significativi. La multiattività nel regime forfettario, con i nuovi codici ATECO 2025, rimane un’opportunità reale per chi vuole diversificare i propri ricavi mantenendo la semplicità amministrativa del forfettario. Basta presidiare bene i punti di attenzione critica.

 
 


