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IVA liquidazione società: perché le spese finali restano detraibili

10 Dicembre, 2025

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Nella prassi, quando un’azienda arriva allo scioglimento e avvia l’attività liquidatoria, ci si chiede se le operazioni necessarie alla chiusura possano essere considerate parte dell’attività d’impresa, quindi rilevanti ai fini dell’imposta. L’Agenzia delle Entrate, con una risposta articolata e quasi sorprendentemente lineare, chiarisce che la detrazione continua a spettare, purché sia stabilito un collegamento diretto tra le spese sostenute e lo svolgimento dell’attività liquidatoria.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • La liquidazione non interrompe l’attività d’impresa;
  • L’IVA resta detraibile se le spese sono direttamente connesse all’attività liquidatoria;
  • L’Agenzia chiarisce che le operazioni di liquidazione rientrano nella sfera IVA;
  • Le attività esenti svolte in passato non limitano la detraibilità futura;
  • Professionisti, perizie, consulenze e adempimenti legati alla chiusura sono ammessi alla detrazione.

Operazioni in liquidazione: una continuità che sembra logica

Quando una società entra in liquidazione non smette, in senso assoluto, di operare. Scompare l’iniziativa economica orientata al mercato, ma resta una gestione che, pur peculiare, è ancora parte integrante dell’attività dell’impresa. Le attività poste in essere per liquidare il patrimonio aziendale, sistemare le posizioni pendenti, completare lavori rimasti in sospeso e chiudere i rapporti giuridici sono considerate dalla stessa amministrazione finanziaria come operazioni riconducibili al ciclo d’impresa. Si tratta di una fase limitata nel tempo, certamente, ma non slegata dal percorso economico e fiscale della società. Il principio di neutralità dell’IVA governa anche questo segmento conclusivo.

Secondo l’interpretazione dell’Agenzia, quindi, è naturale riconoscere il diritto alla detrazione per beni e servizi acquistati in funzione diretta della liquidazione. Per riformulare con un esempio: se una società deve incaricare un professionista per una perizia su un cespite utile alla chiusura dei conti finali, quell’attività è parte dell’attività liquidatoria e l’IVA è detraibile.

Il nodo precedente: attività totalmente esente e diritti che si disperdono

La questione nasceva da un dubbio concreto. Negli anni scorsi alcune società avevano svolto quasi esclusivamente attività esenti, e al momento della liquidazione si sono chieste se la loro caratterizzazione pregressa potesse limitare il diritto alla detrazione. Il richiamo al DPR 633 del 1972, art. 19, non sembrava lasciare spazi. Lo stesso articolo subordina il diritto alla detrazione all’effettiva inerenza degli acquisti ad attività imponibili. Molti operatori, quindi, temevano che la liquidazione non potesse costituire da sola il presupposto sufficiente.

La risposta dell’amministrazione ha invece rotto un meccanismo che rischiava di penalizzare società già in difficoltà. Una società che svolgeva intermediazione esente, per esempio, una volta sciolta ha comunque costi relativi a consulenti, avvocati, contabili, perizie o adempimenti obbligatori. Sarebbe stato contraddittorio negare la detrazione proprio nel momento più tecnico e complesso della vita dell’impresa.

IVA liquidazione società: il principio di inerenza riletto nel contesto specifico

Il cuore del ragionamento ruota attorno a un tema che i professionisti maneggiano quotidianamente: l’inerenza. Il nesso logico tra spesa e attività d’impresa non viene meno solo perché l’impresa è in fase di chiusura. Cambia lo scopo generale ma non il vincolo funzionale tra costo e gestione aziendale. La liquidazione, in fondo, è una gestione che resta necessaria per realizzare o smobilizzare l’attivo, definire i rapporti pendenti, tutelare creditori e soci. Ciò comporta spese specifiche, spesso tecniche e quasi mai superflue.

Il principio viene declinato così: la detrazione opera se la spesa è strumentale alle operazioni di liquidazione. La condizione ricorda molto una valutazione di tipo fattuale, caso per caso, ma l’Agenzia la considera pienamente compatibile con l’impianto del sistema IVA. In questo quadro non rileva più che le attività precedenti fossero esenti, perché quel capitolo è ormai chiuso e non incide sul nuovo segmento fiscale rappresentato dalla fase liquidatoria.

Il ragionamento giuridico e il richiamo alle norme

Il ragionamento normativo non abbandona il riferimento all’art. 19 del DPR 633 del 1972, interpretato però nella sua dimensione evolutiva. Secondo quanto previsto da tale articolo, la detrazione è possibile se gli acquisti sono effettuati nell’esercizio dell’impresa. Durante la liquidazione, la società continua a esistere come soggetto giuridico iscritto al Registro delle imprese e mantiene la sua soggettività passiva IVA. Il legislatore non ha mai escluso questa fase dal concetto di esercizio dell’impresa.

Si consideri anche l’articolo 182 del Codice civile, che impone al liquidatore di compiere tutte le operazioni utili alla definizione dei rapporti sociali. Da qui nasce un’analogia operativa importante: gli atti del liquidatore sono funzionali alla conclusione dell’attività e, in quanto tali, rientrano in un percorso economico ancora riconosciuto dal sistema fiscale.

Le indicazioni operative: un fare attento, ma non più incerto

Entrando nel piano operativo, il punto è comprendere quando una spesa abbia effettivamente natura strumentale. La valutazione non deve essere artificiosamente restrittiva. Nella prassi emerge che tutte le prestazioni rivolte alla ricostruzione dei conti, alla definizione dei contenziosi, alla gestione dei rapporti professionali, alla redazione dei documenti richiesti dai creditori, alla vendita degli asset o alla chiusura dei contratti, rientrano con una certa fluidità nel concetto di attività liquidatoria.

Ci sono anche casi in cui la società, prima della liquidazione, aveva immobili o beni strumentali rimasti inutilizzati. Un accertamento tecnico sul loro valore, un intervento minimo per renderli vendibili o un’attività amministrativa per la chiusura dei contratti collegati sono tutti esempi di spese collegate al patrimonio da liquidare.

In un esempio diverso, una società con vecchi contenziosi fiscali può incaricare un legale per definire la posizione prima della chiusura definitiva. Anche qui la spesa è collegata alla liquidazione, e il diritto alla detrazione non appare discutibile.

Uno scenario che normalizza una fase anomala della vita aziendale

La posizione dell’Agenzia tende a riportare ordine in una fase che, per sua natura, è piena di eccezioni. La liquidazione non è un’attività commerciale nel senso tradizionale, ma non è nemmeno un momento estraneo alla vita d’impresa. È un segmento conclusivo che richiede competenza, scelte tecniche e numerosi adempimenti. Escludere l’IVA dalla detrazione sarebbe sembrato incoerente con l’obiettivo sistemico di neutralità.

L’effetto pratico è duplice: le società in liquidazione possono programmare con maggiore serenità le operazioni necessarie alla chiusura e i professionisti hanno finalmente un orientamento stabile a cui riferirsi. Non viene introdotta una regola nuova, ma si consolida un’interpretazione che mancava di un supporto ufficiale così preciso.

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