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IVA cessioni a catena: come cambia l’attribuzione del trasporto intracomunitario

5 Dicembre, 2025

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Quando una stessa partita di beni viaggia da uno Stato membro all’altro e, nel frattempo, cambia più volte proprietario, si entra nel terreno delicato delle cessioni a catena. Una sola movimentazione fisica, più passaggi giuridici di proprietà, un unico interrogativo fiscale: quale cessione si può trattare come intracomunitaria non imponibile e quali, invece, restano operazioni interne da assoggettare a IVA. La risposta, oggi, passa in modo quasi obbligato per l’art. 36-bis della Direttiva 2006/112/CE e per il suo recepimento nell’ordinamento italiano attraverso l’art. 41-ter del D.L. 331/1993.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Le cessioni a catena riguardano più vendite sugli stessi beni con un unico trasporto intracomunitario tra due Stati membri.
  • Il trasporto si collega a una sola cessione, che diventa intracomunitaria non imponibile; le altre sono cessioni interne.
  • L’operatore intermedio è il soggetto che organizza il trasporto e ne sopporta, di fatto, il rischio economico principale.
  • Regola generale: il trasporto si imputa alla cessione nei confronti dell’operatore intermedio.
  • Deroga: se l’operatore intermedio comunica il numero IVA dello Stato di partenza, il trasporto si sposta sulla sua cessione verso il cliente finale.
  • In Italia la disciplina è recepita nell’art. 41-ter D.L. 331/1993, collegato alla non imponibilità di cui all’art. 41.
  • La prova della comunicazione del numero IVA può emergere anche dalla fattura, se riporta il numero IVA locale e l’IVA addebitata.
  • Scelte solo apparente formali (numero IVA comunicato o meno, luogo di identificazione) modificano obblighi, rischi e semplificazioni IVA.

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Cosa si intende per cessioni a catena

Nel lessico dell’IVA, le cessioni a catena descrivono una sequenza di vendite successive che riguardano gli stessi beni. I beni partono da uno Stato membro e arrivano in un altro, ma il trasporto avviene una sola volta, direttamente dal primo cedente all’ultimo acquirente.

La Direttiva 2018/1910/UE, con il Considerando n. 2, ha messo a fuoco il problema. Stati membri diversi applicavano criteri non sempre omogenei per individuare la cessione cui imputare il trasporto intracomunitario. Questo generava due rischi opposti: doppia imposizione oppure fenomeni di non imponibilità ingiustificata.

Da qui la scelta di una regola comune. Il trasporto deve essere collegato a una sola cessione all’interno della catena. Solo quella cessione beneficia del regime di non imponibilità previsto per le cessioni intracomunitarie. Le altre operazioni, pur agganciate alla medesima movimentazione fisica, diventano cessioni “interne” nello Stato membro interessato e possono richiedere identificazione IVA in altri Paesi.

Il ruolo centrale dell’operatore intermedio

L’architrave del sistema è la figura dell’operatore intermedio. L’art. 36-bis, par. 3, della Direttiva 2006/112/CE lo definisce come un cedente diverso dal primo, che organizza il trasporto per conto proprio o tramite terzi. È un soggetto “in mezzo” alla catena, non il primo fornitore, non l’ultimo acquirente, ma colui che si fa carico della logistica.

Le Note esplicative della Commissione europea del dicembre 2019 spostano l’attenzione su un elemento concreto: chi sopporta il rischio di perdita o danneggiamento dei beni durante il viaggio. Nella prassi, questo indice di rischio diventa spesso più rivelatore del mero pagamento del trasporto. Il soggetto che paga lo spedizioniere, infatti, potrebbe farlo solo in adempimento di un obbligo pattuito nel contratto di vendita. Non è detto che sia lui ad assumere, sul piano economico, il rischio principale.

In altre parole, l’operatore intermedio è il soggetto che, nella sostanza, gestisce e “si intesta” il trasporto. Lo fa direttamente con mezzi propri oppure incarica un vettore, ma resta il dominus dell’operazione logistica.

IVA cessioni a catena: come si attribuisce il trasporto

La disciplina sulle IVA cessioni a catena interviene proprio qui: a stabilire quale cessione assorbe il trasporto intracomunitario.

L’art. 36-bis Direttiva 2006/112/CE prevede una regola generale e una deroga:

  • regola generale: il trasporto si imputa alla cessione effettuata nei confronti dell’operatore intermedio

  • deroga: in certe condizioni, il trasporto si sposta sulla cessione effettuata dall’operatore intermedio

Il meccanismo diventa evidente se si guarda alle ipotesi classiche con tre operatori, tutti in Stati membri diversi: A (primo cedente), B (operatore intermedio), C (acquirente finale). I beni partono, ad esempio, dallo Stato membro di A e arrivano nello Stato membro di C.

Per semplificare, si può sintetizzare così.

Chi organizza il trasporto Numero IVA comunicato da B a A (Stato di partenza) Cessione che diventa intracomunitaria Effetto sulle altre cessioni
Primo cedente A Non rileva Cessione A → B A → B intracomunitaria, B → C interna nello Stato di arrivo
Operatore B, senza comunicare numero IVA dello Stato di partenza Non sì (cioè non comunicato) Cessione A → B A → B intracomunitaria, B → C interna nello Stato di arrivo
Operatore B, che comunica il numero IVA dello Stato di partenza Cessione B → C A → B cessione interna nello Stato di partenza, B → C intracomunitaria, nessuna semplificazione triangolazione

Questa tabella nasconde un passaggio decisivo. Se l’operatore intermedio B comunica al primo cedente A il proprio numero IVA attribuito dallo Stato membro da cui partono i beni, il baricentro si sposta. La prima cessione A → B diventa una normale cessione interna nello Stato di partenza. La vera cessione intracomunitaria diventa quella da B a C, con effetti diretti sul luogo di imposizione e sugli adempimenti di B.

Se invece B non comunica quel numero IVA, continua a valere la regola generale. La cessione A → B è intracomunitaria non imponibile, mentre la vendita successiva B → C va trattata come cessione interna nello Stato di arrivo.

Il recepimento in Italia: art. 41-ter D.L. 331/1993

Il legislatore italiano ha recepito l’art. 36-bis con l’introduzione dell’art. 41-ter nel D.L. 331/1993, per effetto del D.Lgs. 192/2021. La norma definisce cessioni a catena le vendite successive di beni oggetto di un unico trasporto tra Stati membri, effettuato direttamente dal primo cedente all’ultimo acquirente.

Quando le condizioni sono rispettate, il trasporto è attribuito, per default, alla cessione verso l’operatore intermedio. Di conseguenza, questa operazione assume natura intracomunitaria e beneficia della non imponibilità ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. a), dello stesso D.L. 331/1993.

C’è poi la deroga interna. L’art. 41-ter, comma 2, stabilisce che, se l’operatore intermedio è identificato ai fini IVA nello Stato membro del primo cedente e comunica il relativo numero di partita IVA, il trasporto si sposta sulla cessione effettuata dall’operatore intermedio. Non più sulla cessione nei suoi confronti.

L’effetto pratico, dal punto di vista italiano, è netto. Se il fornitore A è stabilito in Italia e l’operatore intermedio B ha un numero IVA italiano che comunica ad A, la cessione A → B diventa operazione interna. Invece la vendita B → C assume natura intracomunitaria, con obbligo per B di gestire correttamente la non imponibilità, gli elenchi Intrastat e, se del caso, eventuali identificazioni in altri Paesi coinvolti.

La comunicazione del numero IVA e la prova documentale

Sulla modalità di comunicazione del numero IVA, il dato normativo è scarno. L’art. 41-ter non impone una forma specifica. Assonime, nella circolare n. 24/2022, osserva che qualsiasi strumento idoneo a dimostrare che la comunicazione è effettivamente avvenuta dovrebbe essere sufficiente. Uno scambio di e-mail, ad esempio, o un documento contrattuale in cui il numero IVA è riportato in modo chiaro.

Le Note esplicative della Commissione europea spingono però oltre. Anche se non esiste una prova autonoma della comunicazione, la stessa si considera avvenuta quando si verificano insieme due condizioni:

  1. la fattura del primo cedente indica il numero IVA dell’operatore intermedio rilasciato dallo Stato di partenza dei beni

  2. nella stessa fattura è addebitata l’IVA dovuta in quello Stato

In una situazione del genere, il comportamento del cedente e dell’operatore intermedio deve risultare coerente. Se il cedente ha indicato l’imposta in fattura, dovrà registrarla e dichiararla nello Stato membro interessato. A sua volta, l’operatore intermedio dovrà gestire correttamente la detrazione, ove spettante, e la prosecuzione della catena.

In mancanza di coerenza tra dati di fattura, registrazioni contabili e dichiarazioni IVA, la ricostruzione dell’operazione rischia di crollare. Si riapre la porta a contestazioni sull’individuazione della cessione intracomunitaria, con possibili rilievi anche su esenzioni applicate in modo improprio.

Le implicazioni operative per chi gestisce cessioni a catena

Nella prassi quotidiana, le imprese che operano in catene di fornitura transfrontaliere si trovano spesso a ricoprire, consapevolmente o meno, il ruolo di operatore intermedio. È il caso tipico dei distributori che acquistano da fornitori esteri e rivendono a clienti in altri Stati membri, assumendo in proprio il rischio e l’organizzazione del trasporto.

Per questi soggetti, la scelta se comunicare o meno al primo cedente il numero IVA dello Stato di partenza non è un dettaglio formale. Determina la cessione che risulterà intracomunitaria e, a cascata, la necessità di identificarsi in altri Paesi, di aprire posizioni IVA locali o di ricorrere a meccanismi come la triangolazione con semplificazione ex artt. 42, 141 e 197 della Direttiva 2006/112/CE.

Si consideri, ad esempio, un operatore italiano B che acquista da un fornitore tedesco A e rivende a un cliente francese C, con trasporto dalla Germania alla Francia.

  • Se B non comunica un numero IVA tedesco, la cessione A → B è intracomunitaria dalla Germania all’Italia. B dovrà poi gestire una successiva cessione interna in Francia, con possibili obblighi di identificazione in quel Paese.

  • Se B, invece, dispone di un numero IVA tedesco e lo comunica ad A, la cessione A → B diventa interna in Germania, mentre la cessione B → C assume natura intracomunitaria dalla Germania alla Francia. B si ritrova così a operare come soggetto “stabilito” ai soli fini IVA in Germania, con una diversa configurazione degli adempimenti.

In entrambi gli scenari, piccoli dettagli contrattuali e documentali spostano la qualificazione fiscale dell’intera catena. E questo, se non viene gestito con attenzione, può produrre disallineamenti tra trattamento IVA, logistica reale e flussi di fatturazione.

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