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IRES premiale 2025

IRES premiale 2025: Le disposizioni attuative del DM 8 agosto svelano i criteri

18 Agosto, 2025

Il recente DM 8 agosto 2025 pubblicato dal Dipartimento delle Finanze segna una svolta definitiva nell’applicazione dell’IRES premiale 2025, sciogliendo i nodi interpretativi che avevano caratterizzato i primi mesi del 2025. Le società italiane si trovano ora di fronte a un quadro normativo finalmente chiaro, seppur articolato, per accedere alla riduzione dell’aliquota IRES dal 24% al 20%. La misura – introdotta dall’articolo 1, commi 436-444 della Legge 207/2024 – rappresenta un esperimento di politica fiscale che mira a stimolare simultaneamente la patrimonializzazione delle imprese e gli investimenti in tecnologie innovative. Il decreto attuativo, tuttavia, rivela un meccanismo più complesso di quanto inizialmente immaginato dai professionisti del settore.

Cosa sapere in 1 minuto

  • Il DM 8 agosto 2025 chiarisce le regole operative per accedere alla riduzione IRES dal 24% al 20%.
  • Occorre accantonare almeno l’80% dell’utile 2024 e realizzare investimenti in beni “4.0”/“5.0”.
  • Gli investimenti devono rispettare precise soglie e criteri di interconnessione tecnologica.
  • Sono previsti specifici obblighi occupazionali e cause di decadenza nei 5 anni.
  • Il beneficio si cumula con altri incentivi (crediti d’imposta 4.0/5.0).
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IRES premiale 2025: Il meccanismo dell’accantonamento (oltre la soglia dell’80%)

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La prima condizione stabilita dall’articolo 4 del decreto richiede l’accantonamento di almeno l’80% dell’utile dell’esercizio 2024 in apposita riserva. Ma qui emerge il primo elemento di complessità: cosa si intende esattamente per “accantonamento ad apposita riserva”?

Il decreto chiarisce che viene considerato accantonato tutto l’utile destinato a finalità diverse dalla distribuzione ai soci, includendo espressamente la copertura delle perdite di esercizio precedenti. Questa precisazione risulta fondamentale nella pratica professionale, dove spesso si verifica la necessità di utilizzare l’utile dell’esercizio per ripianare perdite pregresse.

Un caso emblematico riguarda una società del settore manifatturiero che, avendo realizzato un utile di 500.000 euro nel 2024 dopo due anni di perdite per complessivi 150.000 euro, può considerare “accantonati” ben 350.000 euro (utilizzando 150.000 euro per la copertura delle perdite e destinando i restanti 350.000 euro a riserva). In questo scenario, la soglia dell’80% risulta ampiamente superata, consentendo l’accesso al beneficio.

La Relazione illustrativa al decreto precisa un aspetto che potrebbe sorprendere: i soggetti che hanno chiuso l’esercizio 2024 in perdita vengono automaticamente esclusi dal beneficio. Si tratta di una scelta di policy che privilegia le imprese già strutturalmente solide, escludendo quelle in fase di difficoltà temporanea.

Parametri di investimento: il difficile equilibrio tra presente e passato

L’articolo 5, comma 5 del decreto stabilisce che l’ammontare minimo degli investimenti deve essere determinato come il maggiore tra tre parametri: il 30% dell’utile accantonato secondo l’articolo 4, il 24% dell’utile 2023 e la soglia fissa di 20.000 euro.

Questa formulazione crea scenari operativi molto diversi. Si consideri il caso di una società di servizi che nel 2023 ha realizzato utili per 800.000 euro e nel 2024 per 200.000 euro. Accantonando l’80% dell’utile 2024 (160.000 euro), dovrebbe investire almeno 192.000 euro (24% di 800.000), importo superiore al 30% dell’utile accantonato (48.000 euro).

Al contrario, una società in forte crescita con utili 2023 di 100.000 euro e utili 2024 di 500.000 euro, accantonando 400.000 euro, dovrebbe investire 120.000 euro (30% dell’accantonato), cifra superiore ai 24.000 euro derivanti dal parametro 2023.

La Relazione illustrativa chiarisce che non è necessario aver realizzato un utile nel 2023, consentendo l’accesso al beneficio anche a soggetti che erano in perdita nell’esercizio precedente. Si tratta di una precisazione che amplia significativamente la platea dei beneficiari, includendo imprese che hanno attraversato fasi di ristrutturazione o di avvio dell’attività.

Investimenti qualificati: la sfida dell’interconnessione tecnologica

Gli investimenti devono riguardare beni compresi negli Allegati A e B della Legge 232/2016 e nell’articolo 38, commi 4 e 5 del DL 19/2024. In sostanza, si tratta dei beni oggetto dei bonus investimenti 4.0 e transizione 5.0, creando un collegamento diretto tra le diverse misure di incentivazione governative.

Il comma 3 dell’articolo 5 introduce però un requisito spesso sottovalutato: quando l’investimento comprende esclusivamente beni materiali e immateriali 4.0, deve essere effettuata l’interconnessione al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

La Relazione illustrativa precisa che i beni acquisiti devono possedere sin dall’origine le caratteristiche tecnologiche per l’interconnessione. Tuttavia, l’interconnessione effettiva può avvenire anche successivamente, dopo che l’impresa abbia adeguato i sistemi informatici necessari. Questo elemento di flessibilità temporale rappresenta un aspetto pratico di notevole rilevanza.

Per investimenti che includono beni del credito transizione 5.0, la normativa richiede il conseguimento di specifici livelli di riduzione dei consumi energetici: almeno 3% per la struttura produttiva complessiva o 5% per i processi specificamente interessati dall’investimento.

Tempistiche operative e coordinamento con altre agevolazioni

Il decreto stabilisce che gli investimenti rilevanti devono essere realizzati secondo l’articolo 109 del TUIR dal 1° gennaio 2025 fino al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi 2025. Per i soggetti con esercizio sociale coincidente con l’anno civile, la scadenza è fissata al 31 ottobre 2026.

Un elemento di particolare interesse emerge dall’articolo 12 del decreto: la riduzione dell’aliquota IRES è espressamente cumulabile con altre agevolazioni che abbiano a oggetto i medesimi investimenti. La Relazione illustrativa cita specificamente i crediti d’imposta 4.0 e 5.0, creando un potenziale effetto moltiplicatore per le imprese che rispettano tutti i requisiti.

Si consideri il caso di una società che investe 300.000 euro in macchinari interconnessi: può simultaneamente fruire del credito d’imposta 4.0 (ad esempio, 60.000 euro al 20%) e della riduzione IRES premiale. Se il reddito imponibile 2025 è di 1.000.000 euro, il risparmio fiscale totale include 40.000 euro di minore IRES (4% di 1.000.000) più il credito d’imposta, per un beneficio complessivo di 100.000 euro.

Requisiti occupazionali: il bilanciamento tra stabilità e crescita

L’articolo 6 del decreto definisce le modalità per le condizioni di accesso relative agli incrementi occupazionali. Il meccanismo richiede che nel periodo d’imposta successivo al 2024:

  • Il numero di unità lavorative per anno non diminuisca rispetto alla media del triennio precedente (2022-2024);
  • Vengano effettuate nuove assunzioni a tempo indeterminato che costituiscano incremento occupazionale di almeno l’1% rispetto ai dipendenti mediamente occupati nel 2024;
  • L’incremento occupazionale deve essere di almeno un lavoratore in valore assoluto.

Inoltre, l’impresa non deve aver fatto ricorso alla cassa integrazione nel 2024 o nel 2025, salvo l’integrazione salariale ordinaria per eventi transitori non imputabili all’impresa.

Un esempio pratico riguarda una società con 50 dipendenti medi nel 2024: deve assumere almeno un dipendente a tempo indeterminato nel 2025, mantenendo al contempo il livello occupazionale non inferiore alla media 2022-2024.

Regime di decadenza e periodo di sorveglianza

L’articolo 7 disciplina le cause di decadenza dall’agevolazione, introducendo un sistema di “sorveglianza” quinquennale. I soggetti beneficiari perdono il diritto al trattamento agevolato se:

  • I beni vengono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa o trasferiti stabilmente all’estero entro il quinto periodo d’imposta successivo all’investimento
  • La riserva dell’80% degli utili 2024 viene distribuita entro il secondo esercizio successivo al 2024

Per investimenti effettuati nel 2025, il periodo di osservazione si estende fino al 2030. Il decreto prevede tuttavia la disattivazione della causa di decadenza per investimenti sostitutivi con caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori.

Un elemento spesso trascurato riguarda i contratti di leasing: la cessione del contratto durante il periodo di osservazione è assimilata all’estromissione dei beni dalla struttura produttiva, determinando la decadenza dal beneficio.

Soggetti beneficiari e coordinamento con il CPB

Possono fruire dell’agevolazione i soggetti IRES dell’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d) del TUIR. L’articolo 3 del decreto include espressamente:

  • Società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata
  • Società cooperative e di mutua assicurazione
  • Società europee e cooperative europee residenti
  • Enti pubblici e privati con oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale
  • Trust residenti e stabili organizzazioni di soggetti non residenti

Sono esclusi i soggetti in liquidazione ordinaria, quelli assoggettati a procedure concorsuali liquidatorie e quelli che determinano il reddito imponibile anche parzialmente su base forfetaria.

Un chiarimento significativo riguarda i soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale secondo il DLgs. 13/2024. La Relazione al decreto precisa che spetta la riduzione dell’aliquota IRES da applicare sul reddito concordato, non considerando tale modalità assimilabile a un regime forfetario.

Per i soggetti che optano per l’imposta sostitutiva dell’articolo 20-bis del DLgs. 13/2024 sul reddito incrementale concordato, la riduzione si applica esclusivamente alla quota di imponibile assoggettata all’aliquota IRES ordinaria del 24%.

Esempi pratici di applicazione

Caso 1: Società manifatturiera in crescita

Una SpA del settore automotive con utile 2023 di 600.000 euro e utile 2024 di 800.000 euro:

  • Accantonamento richiesto: 640.000 euro (80% di 800.000)
  • Investimento minimo: 192.000 euro (30% di 640.000 = 192.000 > 24% di 600.000 = 144.000)
  • Con reddito imponibile 2025 di 2.000.000 euro, risparmio fiscale: 80.000 euro

Caso 2: Società di servizi in ripresa

Una Srl di consulenza con perdita 2023 di 50.000 euro e utile 2024 di 300.000 euro:

  • Accantonamento richiesto: 240.000 euro (80% di 300.000)
  • Investimento minimo: 72.000 euro (30% di 240.000, non rilevando la perdita 2023)
  • Con reddito imponibile 2025 di 800.000 euro, risparmio fiscale: 32.000 euro

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