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INPS revoca l’esonero contributivo Covid-19: la complessa verifica del fatturato emerso dal controllo automatizzato

8 Luglio, 2025

Sta per abbattersi sui contribuenti italiani una tempesta giudiziaria di proporzioni inedite. L’INPS ha avviato una massiccia operazione di recupero che coinvolge decine di migliaia di beneficiari dell’esonero contributivo 2021, il cosiddetto “anno bianco contributivo” introdotto durante la pandemia. Il meccanismo è spietato quanto efficace: controlli automatizzati incrociati con l’Agenzia delle Entrate che stanno portando alla luce presunte irregolarità nel calcolo del fatturato. Le comunicazioni di revoca che stanno tempestando le caselle postali dei contribuenti hanno un denominatore comune inquietante: contestano sistematicamente il mancato rispetto della soglia critica di riduzione del fatturato del 33%. Ma c’è un problema. Un problema grosso. Le lettere dell’INPS sono di una laconicità disarmante. Nessun dettaglio numerico, nessun elemento di confronto, nessuna spiegazione metodologica. Solo una frase lapidaria che suona come una condanna senza appello: “non hai rispettato i requisiti, restituisci tutto”.

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La strategia dell’Istituto: colpire forte e nel mucchio

Dietro questa operazione si nasconde una strategia ben precisa. L’INPS ha sfruttato appieno il meccanismo di cooperazione con l’Agenzia delle Entrate previsto fin dall’origine dalla normativa emergenziale. Secondo quanto previsto dall’articolo 1, commi da 20 a 22-bis della Legge 30 dicembre 2020, n. 178, l’esonero era stato concesso “in via provvisoria”, lasciando all’Istituto ampio margine per verifiche successive.

La tempistica non è casuale. I dati relativi al “fatturato e corrispettivi” degli anni 2019 e 2020 sono stati trasmessi dall’Agenzia delle Entrate all’INPS solo di recente, permettendo l’avvio delle procedure di controllo automatizzato. Un meccanismo che la circolare INPS n. 124/2021 e il Messaggio n. 4620/2021 avevano già prefigurato, ma che ora si manifesta in tutta la sua potenza operativa.

Il risultato? Migliaia di comunicazioni di annullamento che richiedono la restituzione integrale dei contributi non versati, maggiorati di sanzioni civili calcolate dalle date di scadenza originarie. E non è finita: ogni comunicazione vale come atto interruttivo della prescrizione, blindando definitivamente la posizione dell’Istituto.

Il tranello del “fatturato e corrispettivi”: una trappola nascosta

Qui si annida il cuore del problema. La stragrande maggioranza dei contribuenti – e persino molti professionisti – sta commettendo un errore fatale nelle verifiche. Si continua a ragionare con i parametri fiscali tradizionali: ricavi delle dichiarazioni dei redditi, volume d’affari IVA, bilanci civilistici. Tutto sbagliato.

Il “fatturato e corrispettivi” rilevante per l’esonero contributivo Covid-19 è una grandezza completamente diversa, costruita secondo regole emergenziali specifiche elaborate dall’Agenzia delle Entrate. Una variabile che, nella prassi applicativa, ha dimostrato di poter divergere significativamente dai parametri contabili ordinari.

Le circolari dell’Agenzia delle Entrate n. 15/E/2020, n. 22/E/2020 e n. 5/E/2021 hanno definito un quadro metodologico rigoroso ma complesso, basato esclusivamente sui dati presenti nel portale “Fatture e Corrispettivi”. Il criterio cardine era la data di effettuazione dell’operazione ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972, non la data di emissione della fattura o dell’incasso.

Anatomia di un calcolo insidioso: le regole che nessuno ricorda

Nella casistica esaminata emergono almeno sei categorie di operazioni che dovevano concorrere al calcolo, ciascuna con le proprie specificità operative:

I documenti “semplici” che nascondono insidie

Le fatture immediate e i corrispettivi sembravano gli elementi più lineari: operazioni la cui data di effettuazione coincideva con quella del documento. Eppure anche qui si annidavano trabocchetti. Nella pratica professionale si osserva frequentemente la confusione tra data di effettuazione e data di registrazione contabile.

Il labirinto delle fatture differite

Le fatture differite rappresentano probabilmente l’aspetto più insidioso dell’intero calcolo. Dovevano essere considerate quelle emesse nei primi quindici giorni del mese successivo, ma solo se relative a operazioni documentate da DDT ed effettuate nel mese di riferimento. Un meccanismo che ha generato errori sistematici: molti contribuenti hanno considerato solo la data di emissione, trascurando completamente il criterio dell’effettuazione documentata.

Un esempio concreto? Una fattura emessa il 5 gennaio 2020 per merce consegnata il 28 dicembre 2019 (documentata da DDT) doveva essere imputata al fatturato dicembre 2019, non gennaio 2020. Un’imputazione che poteva fare la differenza tra il rispetto o meno della soglia del 33%.

Le note di credito: quando il timing diventa cruciale

Le note di variazione hanno creato ulteriori complessità applicative. Dovevano essere sottratte dal totale del periodo in cui erano state registrate, indipendentemente dalla data dell’operazione originaria. Questo significa che una nota di credito emessa a marzo 2020 per un’operazione del 2019 riduceva il fatturato marzo 2020, non quello 2019.

I beni strumentali: il dettaglio che sfugge a tutti

Un aspetto sistematicamente sottovalutato riguarda le cessioni di beni ammortizzabili. L’intero corrispettivo derivante dalla vendita di beni strumentali doveva essere incluso nel calcolo del fatturato, anche se si trattava di operazioni straordinarie. Un particolare che molti hanno trascurato, concentrandosi solo sui ricavi caratteristici dell’attività.

La giurisprudenza di legittimità ha più volte sottolineato l’importanza di considerare tutte le componenti reddituali nella determinazione di grandezze fiscali analoghe. Nel caso dell’esonero contributivo, questa interpretazione assumeva valenza operativa diretta.

Operazioni accessorie e imponibile: i dettagli che contano

Dovevano essere considerati anche i rimborsi spese addebitati in fattura e altre operazioni accessorie che concorrevano a formare l’imponibile del documento. Tutti i calcoli andavano effettuati sull’importo imponibile, al netto dell’IVA, salvo il caso dei corrispettivi in ventilazione per i quali era ammesso il conteggio al lordo.

Il muro di gomma dell’amministrazione: quando gli uffici non sanno cosa dire

La gestione operativa delle revoke presenta criticità che rasentano il kafkiano. I controlli sono stati effettuati a livello centralizzato attraverso procedure informatizzate, ma gli uffici territoriali dell’INPS si trovano completamente spiazzati di fronte alle richieste di chiarimento dei contribuenti.

Dalle prime interlocuzioni emerge un quadro sconcertante: le sedi periferiche non dispongono dei dati utilizzati per le contestazioni, non conoscono le modalità per presentare istanze di riesame, non hanno accesso ai parametri di calcolo utilizzati dai sistemi centrali. Una situazione di paralisi informativa che lascia i contribuenti in balia dell’incertezza.

L’unica possibilità concessa dall’INPS è la richiesta di rateazione del debito, sempre che sussistano i requisiti – ma senza specificare quali siano questi requisiti o come richiederla.

Strategia difensiva: la ricostruzione meticolosa come unica via d’uscita

Di fronte a questo scenario, l’unica strada percorribile per i contribuenti che ritengono infondata la contestazione è una ricostruzione contabile autonoma e sistematica. Un lavoro certosino che deve partire necessariamente dai dati del portale “Fatture e Corrispettivi” e seguire pedissequamente le regole emergenziali definite dall’Agenzia delle Entrate.

La metodologia di verifica deve seguire un approccio strutturato:

Fase 1: Acquisizione dati

  • Estrazione completa delle fatture attive 2019 e 2020 dal portale “Fatture e Corrispettivi”
  • Identificazione di tutte le tipologie documentali (immediate, differite, note di variazione)
  • Raccolta dei DDT relativi alle fatture differite

Fase 2: Classificazione operazioni

  • Applicazione del criterio della data di effettuazione per ogni singola operazione
  • Verifica della corretta imputazione temporale delle fatture differite
  • Identificazione delle cessioni di beni strumentali

Fase 3: Calcolo del fatturato

  • Sommatoria degli imponibili per ogni anno
  • Sottrazione delle note di credito imputate al periodo
  • Inclusione di rimborsi spese e operazioni accessorie

Fase 4: Verifica della soglia

  • Calcolo della percentuale di variazione tra 2020 e 2019
  • Confronto con la soglia del 33%

Le prospettive: un contenzioso di massa all’orizzonte

Gli elementi raccolti delineano uno scenario di contenzioso di massa senza precedenti nel settore previdenziale. Le comunicazioni dell’INPS, per la loro genericità e la mancanza di dettagli, appaiono vulnerabili sotto il profilo del diritto di difesa. La giurisprudenza amministrativa ha consolidato il principio secondo cui gli atti di accertamento devono contenere tutti gli elementi necessari per consentire al contribuente una difesa piena ed effettiva.

La Corte di Cassazione, in pronunce recenti su fattispecie analoghe, ha evidenziato l’importanza della motivazione analitica negli atti impositivi basati su elaborazioni automatizzate. Un principio che potrebbe trovare applicazione anche nel contesto contributivo.

Resta da vedere se l’INPS sarà in grado di fornire, in sede di eventuale contenzioso, tutti gli elementi di dettaglio attualmente assenti dalle comunicazioni. Un aspetto procedurale che potrebbe rivelarsi determinante per l’esito delle controversie.

Il quadro normativo di riferimento (Legge 30 dicembre 2020, n. 178, art. 1, commi da 20 a 22-bis) non lascia dubbi sulla legittimità dei controlli ex post, ma la modalità di gestione operativa sta sollevando interrogativi sulla proporzionalità e sull’effettività delle garanzie procedurali.

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