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In vigore il tetto alle commissioni buoni pasto al 5%

1 Settembre, 2025

Dal 1° settembre 2025 si compie un passaggio che ridefinisce completamente l’ecosistema delle commissioni buoni pasto. Il tetto massimo del 5% sulle commissioni applicate dalle società emittenti agli esercenti non è più limitato ai soli contratti pubblici: ora abbraccia l’intero mercato privato. Una rivoluzione silenziosa che tocca 3,5 milioni di lavoratori italiani e circa 170mila esercizi commerciali. Il decreto concorrenza, approvato con la legge n. 193 del 2024, conclude ufficialmente la fase transitoria iniziata lo scorso gennaio. Si consideri che fino a ieri le commissioni potevano raggiungere – e spesso superare – il 20% del valore nominale del ticket. Un meccanismo che, nella pratica quotidiana, spingeva molti esercenti a rinunciare al servizio.


🕒 Cosa sapere in 1 minuto
  • Dal 1° settembre 2025 il tetto alle commissioni su buoni pasto scende stabilmente al 5% per tutti, pubblico e privato.
  • Le commissioni, prima anche oltre il 20%, vengono enormemente ridotte, agevolando circa 170.000 esercenti e 3,5 milioni di lavoratori.
  • Le società emittenti non possono trattenere più del 5% del valore del ticket; i vecchi contratti restano validi fino al 31 dicembre 2025.
  • Per i lavoratori restano invariate le agevolazioni fiscali (esenzione fino a 8€ elettronico, 4€ cartaceo).
  • Risparmi significativi (fino a 400 milioni/anno) sono attesi per il settore ristorazione e commercio.
  • Impatto su aziende: probabile riduzione degli sconti da parte delle società emittenti e possibili cambi a politiche welfare.
  • Possibile futuro innalzamento della soglia di esenzione a 10€, proposto per la prossima manovra.

Commissioni buoni pasto: Come cambia il quadro normativo per gli operatori

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La disciplina transitoria prevedeva una doppia velocità: dal gennaio 2025 il limite del 5% si applicava solo ai nuovi contratti, mentre gli accordi già esistenti godevano di una proroga fino al 31 agosto. Ora, con l’entrata a regime definitiva, tutti gli esercenti operano nelle medesime condizioni.

Secondo l’articolo 37 della legge concorrenza, le società emittenti – si pensi a realtà come Edenred e Sodexo – non possono più trattenere commissioni superiori al 5% del valore facciale del buono. La normativa equipara finalmente il trattamento tra pubblico e privato, visto che nella pubblica amministrazione questa soglia era già operativa attraverso il codice dei contratti pubblici.

L’impatto immediato sui lavoratori e le aziende

Per il dipendente che riceve buoni pasto dal proprio datore di lavoro, operativamente non cambia nulla. Il valore nominale resta invariato, così come le agevolazioni fiscali: fino a 8 euro per i ticket elettronici e 4 euro per quelli cartacei rimangono completamente esenti da tassazione.

Ma dietro le quinte si muovono equilibri più complessi. L’Anseb (Associazione nazionale società emittenti buoni pasto) aveva già dichiarato che l’imposizione del tetto genererà costi aggiuntivi per almeno 180 milioni di euro annui. Un onere che, secondo le stime di categoria, si scaricherà direttamente sulle aziende acquirenti.

Come spesso accade nella prassi commerciale, le società emittenti potrebbero rivalersi sui committenti riducendo gli sconti tradizionalmente offerti. A loro volta, le aziende datrice di lavoro potrebbero trovarsi a rivedere le politiche di welfare aziendale. Non è escluso che alcune realtà decidano di modificare il valore o la frequenza di erogazione dei buoni.

Le ricadute economiche per bar e ristoranti

Dal punto di vista degli esercenti, il cambiamento rappresenta una boccata d’ossigeno economico. Le stime di Fiepet-Confesercenti parlano di risparmi fino a 400 milioni di euro l’anno per il settore della ristorazione e distribuzione. Una cifra che, nell’esperienza applicativa quotidiana, può fare la differenza tra accettare o rifiutare i buoni pasto.

Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet, evidenzia che maggiori margini per gli esercenti potrebbero tradursi in una rete più capillare di punti convenzionati. È opportuno notare che molte piccole attività, soprattutto nel settore della ristorazione, avevano spesso rinunciato a questo servizio proprio a causa dell’onerosità delle commissioni.

La misura potrebbe aprire anche scenari futuri. Banchieri ha già lanciato l’ipotesi di un innalzamento della soglia di esenzione fiscale fino a 10 euro, proposta che potrebbe trovare spazio nella prossima manovra finanziaria.

Regime transitorio e tutele operative

Cosa succede ai buoni già emessi? La normativa prevede una clausola di salvaguardia: per i ticket emessi entro il 1° settembre 2025 continuano ad applicarsi le condizioni concordate prima dell’entrata in vigore della legge, ma solo fino al 31 dicembre 2025.

Si tratta di una scelta tecnica che evita scompensi operativi immediati. Nella casistica comune, infatti, molti lavoratori hanno ancora buoni cartacei o digitali emessi nei mesi precedenti con le vecchie condizioni contrattuali.

La legge concede inoltre alle società emittenti la possibilità di recedere dai contratti già conclusi con i datori di lavoro a partire dal 1° settembre, senza indennizzi o oneri. Una deroga all’articolo 1671 del codice civile che apre spazi per rinegoziazioni contrattuali.

Prospettive e incognite del nuovo scenario

Il settore vale oltre 4 miliardi di euro annui secondo i dati Anseb, con una crescita del 5% nell’ultimo anno. Un mercato che coinvolge circa 150mila aziende fornitrici e che ora deve adeguarsi a regole più stringenti.

Le reazioni sono state polarizzate. Da un lato, la grande distribuzione organizzata aveva sollecitato da tempo questo intervento normativo. Dall’altro, le società emittenti avvertono che il nuovo equilibrio potrebbe generare criticità nel modello di business consolidato.

Occorre considerare che il sistema tradizionale si basava su un meccanismo relativamente semplice: le società vendevano i buoni alle aziende con uno sconto, recuperando i margini attraverso le commissioni agli esercenti. Con il tetto al 5%, questo schema richiede necessariamente un riassetto.

Le criticità ancora aperte

Restano alcune zone d’ombra. Nell’esperienza applicativa si osserva spesso che le modifiche normative sui buoni pasto possono generare effetti collaterali non sempre prevedibili. Se le aziende emittenti dovessero effettivamente ridurre gli sconti ai committenti, il welfare aziendale potrebbe subire contrazioni.

Due aziende su tre, secondo i dati dell’associazione italiana direttori del personale, potrebbero rivedere i budget destinati ai benefit aziendali. Un aspetto spesso trascurato ma che potrebbe toccare direttamente i lavoratori, pur senza modifiche immediate al valore nominale dei ticket.

La partita si gioca ora sulla capacità del sistema di trovare nuovi equilibri. Gli esercenti sperano in condizioni più sostenibili, le società emittenti devono ripensare i modelli di ricavo, le aziende valutano l’impatto sui costi del personale.

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