La riforma dello sport ha stravolto il panorama del lavoro sportivo dilettantistico, introducendo nuove regole che hanno completamente ridefinito le professioni del settore. Tra le figure che stanno emergendo con maggiore rilevanza c’è quella del direttore sportivo, una professione che si sta affermando anche nel mondo dei dilettanti con caratteristiche, competenze e responsabilità che vanno ben oltre la tradizionale gestione delle trattative di mercato. Ma cosa significa davvero essere un direttore sportivo nell’era post-riforma? Quando conviene davvero affidarsi a questa figura? E soprattutto, quali sono i risvolti pratici, fiscali e contrattuali di questa scelta?
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Il nuovo quadro normativo: una rivoluzione silenziosa
Il decreto legislativo 36/2021, entrato in vigore il 1° luglio 2023 dopo diversi rinvii, ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel mondo dello sport dilettantistico. Per la prima volta nella storia normativa italiana, viene fornita una definizione precisa di “lavoratore sportivo”, categoria che include: atleta, allenatore, istruttore, direttore tecnico, direttore sportivo, preparatore atletico, direttore di gara e ogni altro tesserato che svolge verso un corrispettivo le mansioni necessarie per lo svolgimento di attività sportiva.
Questa definizione, contenuta nell’articolo 25 del decreto legislativo 36/2021, non è solo una questione semantica. Ha implicazioni pratiche enormi perché significa che il direttore sportivo, anche nel mondo dilettantistico, è ora soggetto a tutte le norme che regolano il regime contrattuale, assicurativo, fiscale e pensionistico del lavoro sportivo.
Ma andiamo con ordine. Prima della riforma, la figura del direttore sportivo nel dilettantismo esisteva di fatto ma operava in una sorta di “zona grigia” normativa. Spesso veniva inquadrata come collaborazione occasionale, rimborso spese forfettario o addirittura volontariato. Ora non è più possibile: chi svolge funzioni di direzione sportiva in una ASD o SSD deve essere necessariamente inquadrato come lavoratore sportivo, con tutto ciò che ne consegue.
Le tipologie contrattuali: una gamma di possibilità
Nel settore dilettantistico, il direttore sportivo può essere inquadrato secondo diverse modalità contrattuali, ciascuna con specifiche caratteristiche e implicazioni:
Rapporto di lavoro dipendente
Questa modalità è applicabile quando sussiste un rapporto di subordinazione continuativo. Il direttore sportivo lavora sotto la direzione della società, con orari prestabiliti e mansioni specifiche. In questo caso si applica il CCNL degli impianti sportivi e delle attività sportive no-profit firmato da SLC CGIL, Fisascat CISL e Uilcom UIL. La durata massima del contratto a termine è di 5 anni, reiterabile fino a 24 mesi.
È importante notare che per i lavoratori sportivi autonomi, è previsto l’obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS quando si superano i 5.000 euro di compenso annuo. Le aliquote contributive si applicano solo sulla parte eccedente tale soglia e, fino al 31 dicembre 2027, la base imponibile per il calcolo della parte previdenziale è ridotta del 50%.
Collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.)
Questa forma contrattuale è probabilmente la più utilizzata nel mondo dilettantistico per i direttori sportivi. Prevede un rapporto di collaborazione senza vincolo di subordinazione, ma con coordinamento rispetto all’attività della società. Il collaboratore mantiene autonomia nell’organizzazione del proprio lavoro, ma deve rispettare le direttive generali del committente.
Per le comunicazioni obbligatorie, è possibile utilizzare il Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, che sostituisce la comunicazione al centro per l’impiego. Non sono soggetti all’obbligo di comunicazione i rapporti con compensi fino a 5.000 euro.
Rapporto come professionista con partita IVA
Questa modalità è applicabile quando il direttore sportivo opera con piena autonomia professionale, spesso prestando la propria opera per più società contemporaneamente. In questo caso, il professionista emette fattura per i servizi prestati e gestisce autonomamente gli aspetti fiscali e contributivi.
Incarichi occasionali
Una novità interessante introdotta dalla riforma è la possibilità di incarichi occasionali. Questa modalità può essere utile per eventi specifici: un torneo particolare, una manifestazione di durata limitata, o per coprire periodi di assenza del direttore sportivo titolare. Gli incarichi occasionali devono comunque rispettare i limiti previsti dalla normativa generale sul lavoro occasionale.
Registro RASD: il prerequisito fondamentale
Un aspetto fondamentale che spesso viene sottovalutato è che il rapporto di lavoro con il direttore sportivo deve sempre intercorrere con una ASD o SSD regolarmente iscritta nel Registro nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche (RASD). Questo registro, istituito dall’articolo 5 del decreto legislativo 39/2021, non è solo uno strumento di certificazione della natura sportiva dilettantistica, ma rappresenta il presupposto per accedere a tutte le semplificazioni previste dalla riforma.
Il registro permette di:
- Assolvere in maniera semplificata gli adempimenti connessi ai rapporti di lavoro sportivo;
- Sostituire le comunicazioni al centro per l’impiego;
- Generare automaticamente i modelli F24 per i versamenti contributivi.
Senza l’iscrizione al RASD, non è possibile applicare la disciplina del lavoro sportivo dilettantistico, e quindi il direttore sportivo dovrebbe essere inquadrato secondo le regole ordinarie del lavoro.
La definizione normativa: un copia-incolla discutibile
Il legislatore ha definito il direttore sportivo come colui che “cura l’assetto organizzativo e amministrativo di una società sportiva con particolare riferimento alla gestione dei rapporti fra società, atleti e allenatori, nonché la conduzione di trattative con altre società sportive aventi ad oggetto il trasferimento di atleti, la stipulazione delle cessioni dei contratti e il tesseramento” (articolo 2 del decreto legislativo 36/2021).
Questa definizione presenta però un problema evidente: sembra essere la copia quasi letterale del testo del Regolamento della FIGC del 26 novembre 2018, che definisce il direttore sportivo nel settore professionistico. Il regolamento federale infatti recita: “È direttore sportivo, indipendentemente dalla denominazione, la persona fisica che svolge per conto delle Società Sportive professionistiche, attività concernenti l’assetto organizzativo e/o amministrativo della Società, con particolare riferimento alla gestione dei rapporti fra società e calciatori o tecnici e la conduzione di trattative con altre Società Sportive, aventi ad oggetto il trasferimento di calciatori, la stipulazione delle cessioni dei contratti e il tesseramento dei tecnici“.
Questa “eredità” normativa crea alcune difficoltà interpretative. Nel settore dilettantistico esistono realtà molto diverse dal calcio professionistico: discipline sportive che non prevedono trasferimenti, società che operano solo a livello locale, realtà che si occupano principalmente di attività giovanile o amatoriale. Per molte di queste, le “trattative con altre società per il trasferimento di atleti” rappresentano un’attività marginale o addirittura inesistente.
Le competenze necessarie: molto più di un procuratore
Nella pratica del dilettantismo, il direttore sportivo si configura come una figura assimilabile al dirigente sociale evoluto, con competenze manageriali che spaziano in ambiti molto diversi da quelli tradizionalmente associati al ruolo nel professionismo.
Competenze in ambito associazionistico e terzo settore
Il direttore sportivo dilettantistico deve innanzitutto conoscere profondamente la natura giuridica delle ASD e SSD. Deve saper distinguere tra associazioni sportive dilettantistiche non riconosciute, associazioni di promozione sociale, società sportive dilettantistiche e altre forme associative. Deve conoscere gli obblighi statutari previsti dalla riforma, i termini per gli adeguamenti e le conseguenze della mancata conformità (cancellazione d’ufficio dal RASD).
Gestione e organizzazione
Un direttore sportivo dilettantistico deve saper coordinare realtà spesso complesse: settori giovanili, squadre senior, attività agonistiche e amatoriali. Deve organizzare calendari di allenamento, gestire l’utilizzo degli impianti sportivi, coordinare trasferte e partecipazioni a competizioni. In molte realtà dilettantistiche, è anche responsabile della logistica: dal trasporto degli atleti alla gestione dell’attrezzatura sportiva.
Competenze amministrative e contabili
Qui arriviamo a uno degli aspetti più delicati. Il direttore sportivo dilettantistico deve conoscere la complessa normativa fiscale del settore. Deve sapere che i compensi sportivi dilettantistici fino a 15.000 euro non costituiscono reddito imponibile, ma deve anche gestire la parte eccedente che invece è assimilata al reddito da lavoro dipendente. Deve conoscere il regime contributivo (soglia di 5.000 euro per l’obbligo contributivo), le modalità di versamento tramite F24, la gestione della Certificazione Unica.
Normative federali e disciplinari
Ogni federazione o ente di promozione sportiva ha le proprie regole. Il direttore sportivo deve conoscere i regolamenti organici, i sistemi di tesseramento, le norme sui trasferimenti (dove esistono), i criteri di ammissione ai campionati, le normative disciplinari. Per il calcio, ad esempio, deve conoscere il Codice di Giustizia Sportiva, le norme sui vincoli, il sistema delle licenze nazionali.
Marketing e comunicazione
Nel mondo dilettantistico, spesso il direttore sportivo si occupa anche della promozione del sodalizio. Deve saper gestire i rapporti con i media locali, coordinare le attività sui social network, organizzare eventi promozionali. In molti casi, è anche responsabile della ricerca di sponsor e della gestione dei rapporti con gli enti locali.
Leadership e gestione delle risorse umane
Un aspetto spesso sottovalutato è la capacità di leadership. Il direttore sportivo dilettantistico deve saper motivare volontari, coordinare staff tecnico spesso composto da figure con competenze diverse, gestire conflitti interni, mantenere l’unità del gruppo dirigente. Deve saper delegare ma anche intervenire quando necessario, deve conoscere le dinamiche di gruppo e saper comunicare efficacemente con persone di età ed estrazione sociale diverse.
Conoscenza specifica delle discipline sportive
Non può esistere un direttore sportivo “generico”. Chi aspira a ricoprire questo ruolo deve conoscere profondamente le discipline sportive praticate dal sodalizio: le regole tecniche, i calendari delle competizioni, i criteri di qualificazione, le caratteristiche degli impianti necessari, le attrezzature specifiche richieste.
Formazione: un panorama in evoluzione
La formazione del direttore sportivo presenta un panorama articolato e in continua evoluzione. La legge non prevede un titolo di studio obbligatorio, ma stabilisce che l’incarico viene affidato “in virtù del complesso di competenze presentate”.
Formazione universitaria
Il decreto legislativo 36/2021, all’articolo 42, indica come percorso formativo privilegiato “il possesso della laurea magistrale in organizzazione e gestione dei servizi per lo sport e le attività motorie (classe LM-47)”. Questa laurea magistrale prevede lo studio approfondito di:
- Ambiti giuridici: diritto pubblico, diritto privato, diritto amministrativo, diritto del lavoro, con particolare attenzione alla normativa sportiva.
- Ambiti economici: economia aziendale, economia e gestione delle imprese, marketing, con focus sul settore sportivo.
- Ambiti psico-sociologici: psicologia dello sport, sociologia dello sport, dinamiche di gruppo.
- Ambiti motorio-sportivi: metodologia dell’allenamento, biomeccanica, fisiologia dello sport.
Altre lauree magistrali rilevanti sono la LM-68 (Scienze e tecniche dello sport) e percorsi in economia, giurisprudenza o scienze politiche con focus sullo sport.
Formazione federale specifica
Diverse federazioni hanno sviluppato percorsi formativi specifici:
FIGC (Calcio)
Il percorso più strutturato è quello della Federazione Italiana Giuoco Calcio, che prevede:
- Corso per Direttore Sportivo: 144 ore di formazione presso il Centro Tecnico di Coverciano.
- Due indirizzi: tecnico-sportivo (orientato al “mercato”) e sportivo-organizzativo (orientato agli aspetti amministrativi).
- Requisiti di accesso: sistema a punteggio (40 punti necessari) basato su titoli di studio, esperienze professionali, corsi di formazione.
- Esame finale: presso Coverciano con commissione FIGC.
- Costo: circa 5.000 euro.
Il corso FIGC approfondisce:
- Area tecnica: metodologia dell’allenamento, scouting, valutazione dei giocatori.
- Area gestionale-organizzativa: management delle società sportive, leadership, organizzazione del settore giovanile.
- Area regolamentare-giuridica: normativa FIFA/UEFA, regolamenti federali, contrattualistica sportiva.
- Area economica: gestione finanziaria, fair play finanziario, pianificazione economica.
- Area comunicazione-marketing: gestione dei media, marketing sportivo, comunicazione istituzionale.
Altre federazioni
- FIG (Golf): corsi specifici per la gestione dei circoli e delle competizioni golfistiche.
- FIP (Pallacanestro): formazione orientata alla gestione delle società cestistiche.
- FIPAV (Pallavolo): percorsi per dirigenti e amministratori delle società di pallavolo.
Formazione privata
Negli ultimi anni si sono moltiplicati i corsi privati per direttori sportivi:
Scuola dello Sport (Sport e Salute)
Organizza corsi di preparazione all’esame FIGC con:
- 144 ore di formazione.
- Metodologie innovative.
- Docenti di comprovata esperienza.
- Rilascio di attestato per l’accesso all’esame FIGC.
Università private e business school
Molte università telematiche e business school offrono master e corsi di alta formazione:
- SDA Bocconi: Master in Management del Calcio.
- Università telematiche: corsi online flessibili per lavoratori del settore.
- Sport Business Academy: corsi di preparazione agli esami federali.
Enti di promozione sportiva
Molti EPS organizzano corsi per dirigenti sportivi con focus sul dilettantismo:
- CSI: corsi per dirigenti associativi.
- UISP: formazione per amministratori sportivi.
- ACSI: percorsi per gestori di società dilettantistiche.
Elementi contrattuali: i dettagli che fanno la differenza
La contrattualizzazione di un direttore sportivo richiede particolare attenzione a diversi elementi che spesso vengono trascurati ma che possono creare problemi significativi.
Definizione delle funzioni specifiche
È fondamentale definire con precisione le mansioni del direttore sportivo. Non può esistere un incarico generico tipo “gestione della società”. Bisogna specificare:
- Ambito di responsabilità: prima squadra, settore giovanile, settore femminile, tutte le attività.
- Poteri decisionali: cosa può decidere autonomamente e cosa deve essere concordato con la dirigenza.
- Rapporti gerarchici: a chi risponde e chi coordina.
- Responsabilità specifiche: tesseramenti, rapporti con la federazione, gestione dello staff tecnico, rapporti con i media.
Esempio di clausola: “Il direttore sportivo avrà la responsabilità della gestione tecnica della prima squadra maschile, inclusi i rapporti con allenatore e preparatore atletico, la programmazione degli allenamenti, la gestione dei rapporti con la federazione per tesseramenti e comunicazioni obbligatorie, la coordinazione delle trasferte. Non rientrano nelle sue competenze la gestione del settore giovanile e i rapporti economici con i tesserati.”
Quando serve davvero un direttore sportivo?
E qui arriviamo alla domanda da un milione di euro: un sodalizio deve per forza avere un direttore sportivo? La risposta è no, non è una figura obbligatoria.
Un dirigente, un membro del consiglio direttivo, lo stesso presidente di una ASD possono tranquillamente svolgere molti compiti e funzioni di carattere manageriale. La qualifica di direttore sportivo diventa però essenziale quando si vogliono applicare gli aspetti contrattuali, giuslavoristici, previdenziali e fiscali previsti per il lavoro sportivo.
In alcuni casi, l’incarico potrebbe essere anche poco congruo con le caratteristiche ed esigenze del sodalizio. Facciamo un esempio pratico: una ASD che si occupa della disciplina CONI BI001 ginnastica salute e fitness, con corsi rivolti alla terza età e circa 50 tesserati per l’anno sportivo, ha davvero bisogno di contrattualizzare un direttore sportivo? Probabilmente no. Come si fa del resto da anni, è il consiglio direttivo che può curare tranquillamente gli aspetti gestionali-amministrativi, le attività sportive e la promozione del sodalizio.
Al contrario, potrebbero esistere realtà molto strutturate per dimensioni quantitative e qualitative dove è possibile – e auspicabile – la presenza di più direttori sportivi. Pensiamo a società con settori agonistici per più sport e discipline, con attività rivolte a sportivi e atleti dilettanti di fasce di età molto diverse, o che svolgono attività a livello nazionale o all’estero.
Il nuovo regime fiscale e contributivo
Con la riforma dello sport, i compensi da lavoro sportivo nel settore dilettantistico non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo di 15.000 euro, mentre l’eccedenza concorre a formare il reddito. È una novità importante rispetto ai precedenti 10.000 euro.
Per i contributi previdenziali, l’obbligo contributivo scatta al superamento di 5.000 euro di compenso annuo calcolato in base al regime di cassa. Le aliquote contributive si applicano solo sulla parte di compenso eccedente i 5.000 euro. Inoltre, fino al 31 dicembre 2027, la base imponibile su cui calcolare la parte previdenziale è ridotta del 50%.