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Esenzione IMU per società sportive dilettantistiche: requisiti e condizioni secondo la Cassazione

27 Marzo, 2025

La recente Ordinanza n. 32170/2024 della Corte di Cassazione delinea con chiarezza i presupposti necessari per l’esenzione IMU relativa agli immobili utilizzati dalle società sportive dilettantistiche. La pronuncia fornisce indicazioni fondamentali per comprendere quando una SSD può legittimamente beneficiare dell’agevolazione fiscale, chiarendo il rapporto tra forma giuridica e sostanza operativa.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte

La vicenda processuale riguardava una società sportiva dilettantistica che aveva richiesto il rimborso dell’IMU e della TASI versate nel 2016 per un immobile destinato ad attività sportiva. Dopo il rigetto della richiesta da parte del Comune e la conferma di tale diniego in entrambi i gradi di giudizio tributario, la società aveva proposto ricorso in Cassazione.

I giudici di legittimità hanno analizzato la questione focalizzandosi su due aspetti centrali:

  • Il profilo soggettivo: se una società sportiva dilettantistica, in quanto società commerciale, possa essere equiparata a un’associazione sportiva dilettantistica ai fini dell’esenzione IMU;
  • Il profilo oggettivo: se l’attività svolta nell’immobile fosse effettivamente di natura non commerciale e rientrasse nelle attività meritorie previste dalla normativa.

La parificazione normativa tra SSD e ASD

La Cassazione ha innanzitutto riconosciuto la fondatezza delle censure relative al requisito soggettivo, evidenziando come le società sportive dilettantistiche siano espressamente equiparate per legge alle associazioni sportive dilettantistiche.

Questa equiparazione trova il suo fondamento normativo nell’art. 90 della legge n. 289/2002, che stabilisce che “le disposizioni della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro”.

Il comma 17 dello stesso articolo precisa inoltre che le società sportive dilettantistiche possono assumere la forma di “società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro”.

La Corte richiama anche la Circolare 2/DF del 26 gennaio 2009, che conferma come l’esenzione debba essere riconosciuta agli immobili utilizzati per attività sportive riconosciute dal CONI, quando queste siano svolte da associazioni non aventi scopo di lucro affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti di promozione sportiva.

I requisiti statutari e l’accreditamento CONI

Lo statuto delle società sportive dilettantistiche deve contenere specifiche clausole che ne garantiscano la natura non lucrativa, tra cui:

  • L’assenza di fini di lucro;
  • L’impossibilità di dividere i proventi delle attività tra gli associati, anche in forme indirette;
  • L’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento.

Inoltre, l’equiparazione tra SSD e ASD è confermata anche dal punto di vista dell’accreditamento presso il CONI, che rappresenta l’unico organismo certificatore dell’effettiva attività sportiva svolta. L’art. 7 del d.l. 136/04, convertito in legge n. 186/2004, stabilisce che il CONI trasmette annualmente all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle società e associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi.

La verifica dell’attività concretamente svolta

Nonostante il riconoscimento dell’equiparazione formale, la Cassazione ribadisce un principio fondamentale: l’esenzione IMU può essere riconosciuta solo qualora l’immobile sia destinato esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, dell’attività meritoria.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che la società, costituita come S.r.l., aveva effettivamente assunto la veste formale di società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro e aveva ottenuto il riconoscimento del CONI. Tuttavia, i giudici di merito avevano omesso di verificare se tale veste formale trovasse effettiva corrispondenza nell’attività esercitata, limitandosi ad escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo basandosi esclusivamente sulla natura di società commerciale dell’ente.

L’importanza del profilo oggettivo

La Cassazione sottolinea che, accanto al profilo soggettivo, assume particolare rilevanza il profilo oggettivo, ovvero la verifica che l’attività svolta nell’immobile rientri effettivamente tra quelle previste dall’art. 7 del D.Lgs. 504/92.

L’onere di dimostrare il possesso di tutti i requisiti richiesti dalla norma spetta al soggetto che intende beneficiare dell’agevolazione fiscale. Tra gli elementi da considerare vi è anche la classificazione catastale dell’immobile utilizzato, che potrebbe già di per sé indicare lo svolgimento di un’attività con fini di lucro.

La Corte cita, a titolo di esempio, il caso degli immobili classificati nella categoria D/6, che per definizione e requisiti comporta il fine di lucro (come stabilito dalle sentenze n. 20334/2019 e n. 17968/2024).

La verifica delle modalità operative concrete

Un principio fondamentale ribadito dalla Cassazione è che le agevolazioni tributarie previste per le associazioni sportive dilettantistiche non possono essere riconosciute ad un soggetto imprenditoriale che non svolga in modo esclusivo attività dilettantistica sportiva-ricreativa.

La sussistenza del requisito oggettivo non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti formali (anche del CONI) che attestino a priori il tipo di attività cui l’immobile è destinato. È necessario invece verificare che tale attività, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale (come già stabilito dalla sentenza n. 33577/2019).

L’interpretazione stretta della norma agevolativa

La Corte ricorda che l’art. 7 del D.Lgs. n. 504/92 è una norma di stretta interpretazione, che prevede l’esenzione per particolari soggetti che, o per la loro natura (enti pubblici, ecclesiastici, assistenziali, sportivi dilettantistici), o per la loro attività svolta (pubblica, assistenza, religiosa, sportiva ricreativa dilettantistica), meritano di essere tutelati con l’esenzione dal prelievo fiscale.

Di conseguenza, la semplice equiparazione tra società di capitali e associazioni sportive non può far ritenere che un soggetto che svolge attività imprenditoriale debba automaticamente beneficiare delle agevolazioni tributarie previste per le associazioni sportive dilettantistiche.

In sintesi

IN SINTESI


Qual è il tema centrale dell’Ordinanza n. 32170/2024 della Cassazione? La Corte chiarisce i requisiti soggettivi e oggettivi per l’esenzione IMU sugli immobili utilizzati da società sportive dilettantistiche (SSD), distinguendo tra la forma giuridica dell’ente e l’attività effettivamente svolta.


In cosa consisteva il caso esaminato dalla Corte? Una SSD aveva richiesto il rimborso di IMU e TASI per un immobile sportivo, ma dopo il rigetto da parte del Comune e delle commissioni tributarie, ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando la questione del riconoscimento dell’esenzione.


Le SSD sono equiparate alle ASD ai fini dell’esenzione? Sì, la Cassazione conferma che le SSD senza scopo di lucro sono equiparate alle associazioni sportive dilettantistiche (ASD) secondo l’art. 90 della legge 289/2002, purché rispettino i requisiti statutari previsti.


Quali requisiti statutari devono rispettare le SSD? Devono escludere finalità di lucro, vietare la distribuzione diretta o indiretta degli utili, e prevedere la devoluzione del patrimonio a fini sportivi in caso di scioglimento.


Il riconoscimento da parte del CONI è sufficiente per l’esenzione? No, la Cassazione precisa che il riconoscimento formale del CONI non basta: è necessaria la verifica concreta che l’attività svolta nell’immobile sia effettivamente non commerciale.


Qual è il ruolo della natura dell’attività svolta nell’immobile? Fondamentale: l’attività deve essere esclusivamente sportiva dilettantistica e non commerciale. L’onere della prova è a carico del soggetto che chiede l’agevolazione.


Cosa dice la Cassazione sulla classificazione catastale degli immobili? Alcune categorie catastali, come la D/6, possono indicare attività a fini di lucro, elemento che ostacola il riconoscimento dell’esenzione IMU.


Qual è l’approccio interpretativo della norma agevolativa? L’art. 7 del D.Lgs. 504/92 è di stretta interpretazione: l’esenzione si applica solo in presenza di tutti i requisiti sostanziali e non può essere concessa automaticamente in base alla forma giuridica del soggetto.

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