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Errori contabili e rilevanza fiscale: la svolta del bilancio integrato

25 Giugno, 2025

Le novità introdotte dal decreto legge 73/2022 hanno rivoluzionato la gestione degli errori contabili nelle società soggette a revisione legale, semplificando notevolmente le procedure fiscali e superando l’obbligo di ricorrere alle dichiarazioni integrative. Un cambiamento che tocca migliaia di aziende italiane e che, nella prassi quotidiana, sta già mostrando la sua portata semplificatoria.

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Quando il bilancio parla direttamente al fisco

La modifica dell’articolo 83 del TUIR rappresenta… diciamo pure una piccola rivoluzione nel rapporto tra contabilità e tassazione. Dal 22 giugno 2022, i criteri di imputazione temporale previsti dal principio di derivazione rafforzata valgono anche per le poste contabilizzate a seguito della correzione degli errori contabili. In pratica, quello che prima richiedeva un giro vizioso di dichiarazioni integrative e sanzioni, ora trova soluzione direttamente nel bilancio dell’esercizio in cui viene scoperto l’errore.

Il meccanismo funziona così: se nel 2023 una società scopre di aver sbagliato una registrazione nel 2022, non deve più fare una dichiarazione integrativa per quell’anno. Basta correggere l’errore nel bilancio 2023 e… il gioco è fatto. La rilevanza fiscale viene riconosciuta automaticamente, purché si rispettino alcune condizioni fondamentali.

Errori “pesanti” e errori “leggeri”: stessa dignità fiscale

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 73 del 2024, ha chiarito che la disciplina si applica sia agli errori qualificati come “rilevanti” sia a quelli “non rilevanti” secondo i principi contabili. Una precisazione importante perché elimina qualsiasi dubbio interpretativo che poteva sorgere dalla lettura della norma.

Gli errori rilevanti – quelli che secondo l’OIC 29 possono influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori del bilancio – vengono corretti attraverso una rettifica del patrimonio netto, tipicamente negli “utili portati a nuovo”. Gli errori non rilevanti, invece, transitano direttamente dal conto economico dell’esercizio in cui vengono individuati.

Ma ai fini fiscali, questa distinzione… beh, conta fino a un certo punto. Quello che conta davvero è che la correzione segua i principi contabili corretti e che l’esercizio sia soggetto a revisione legale.

Il caso pratico degli automezzi sbagliati

La risposta dell’Agenzia n. 63 del marzo 2025 fornisce un esempio illuminante. Una società aveva erroneamente registrato il costo di acquisto di due automezzi nella voce “materie prime e merci” anziché in quella degli “ammortamenti dei beni strumentali”. L’errore, commesso nel 2022 (esercizio non soggetto a revisione), viene scoperto e corretto nel 2023, primo anno con revisione legale.

Il risultato? La società può attribuire rilevanza fiscale alla correzione dell’errore nel bilancio 2023, anche se l’errore originario risale al 2022, quando non c’era ancora la revisione legale. L’importante è che l’esercizio della correzione rispetti i requisiti normativi.

Questo significa recupero a tassazione dei costi erroneamente dedotti nel 2022 (con variazione in aumento nel 2023) e contemporanea deduzione della quota di ammortamento spettante per il 2022, nei limiti dell’importo deducibile per quel periodo.

Le tre condizioni che fanno la differenza

Per beneficiare di questa semplificazione, le società devono rispettare tre requisiti simultanei che, nella prassi professionale, si traducono in una verifica preliminare sempre più frequente:

  • Applicazione del principio di derivazione rafforzata: devono essere società di capitali che determinano il reddito seguendo le risultanze del bilancio redatto secondo i principi contabili nazionali o internazionali.
  • Sottoposizione a revisione legale dei conti: condizione essenziale che deve sussistere almeno nell’esercizio in cui viene effettuata la correzione. Come spesso accade in questa materia, non è necessario che anche l’esercizio dell’errore originario fosse soggetto a revisione.
  • Rispetto dei principi contabili: la correzione deve seguire quanto previsto dall’OIC 29 per gli errori contabili, distinguendo tra errori rilevanti e non rilevanti nelle modalità di contabilizzazione.

Quando la dichiarazione integrativa resta l’unica strada

Non tutto però si risolve con questa semplificazione. Al contribuente che procede alla correzione degli errori contabili è preclusa la possibilità di ricorrere alla presentazione di una dichiarazione integrativa per emendare quella del periodo d’imposta in cui si è verificato l’errore. In sostanza, o si usa la nuova disciplina o si segue la strada tradizionale, ma non si può fare un mix delle due.

Particolare attenzione meritano poi i componenti negativi del reddito. La rilevanza fiscale della correzione opera solo se non sono scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione integrativa relativa al periodo dell’errore originario. Se quei termini sono già spirati… beh, la deduzione si perde definitivamente.

È una delle conseguenze che, nell’applicazione pratica, richiede maggiore attenzione da parte dei professionisti, soprattutto quando si scoprono errori di annualità remote.

Profili sanzionatori: tra vantaggi e nuove cautele

L’eliminazione dell’obbligo di dichiarazione integrativa comporta anche l’esclusione delle relative sanzioni, sia per omessa dichiarazione che per tardiva presentazione. Un vantaggio non indifferente, considerando che le sanzioni per le integrative possono essere piuttosto pesanti.

Tuttavia, la riforma non risolve tutti i problemi sanzionatori. Gli eventuali profili di responsabilità legati alla tardiva contabilizzazione nell’esercizio originario restano intatti, così come rimangono ferme le conseguenze in caso di controlli successivi da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Gli aspetti ancora da chiarire

Nonostante i chiarimenti forniti dall’Agenzia, restano aperte alcune questioni interpretative che la prassi sta lentamente definendo. Una riguarda il trattamento degli interessi passivi soggetti alle limitazioni dell’articolo 96 del TUIR. L’Agenzia ha precisato che la deducibilità resta ancorata agli interessi attivi e al ROL disponibili nel periodo in cui viene effettuata la correzione, ma l’interazione pratica con le altre limitazioni fiscali può creare situazioni complesse.

Un altro aspetto delicato riguarda la gestione degli errori che coinvolgono fondi fiscalmente non deducibili. Anche in questo caso, secondo l’interpretazione dell’Agenzia, la correzione dell’errore nell’individuazione dell’esercizio di utilizzo assume rilevanza fiscale per derivazione.

L’impatto sulla governance aziendale

Al di là degli aspetti strettamente tecnici, questa riforma sta modificando gli approcci alla gestione del controllo interno nelle aziende. La possibilità di correggere gli errori senza il peso delle dichiarazioni integrative incentiva una maggiore tempestività nell’individuazione e nella sistemazione delle anomalie contabili.

Molte società stanno implementando procedure di fast closing più stringenti, sapendo che eventuali errori potranno essere risolti più agevolmente. È un cambio di mentalità che, nel medio termine, dovrebbe portare a bilanci più accurati e a una minore contenzioso fiscale.

Le verifiche periodiche dei principi contabili applicati sono diventate più frequenti, così come i controlli interni sui criteri di imputazione temporale. In fondo, quando la correzione diventa più semplice, cresce anche l’attenzione alla prevenzione.

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