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Donazione quote societarie

Donazione quote societarie: i vantaggi della nuova esenzione

11 Novembre, 2025

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Quello del trasferimento quote societarie ai figli rappresenta uno dei passaggi più delicati nella gestione del patrimonio familiare, soprattutto quando coinvolge aziende e holding. A partire dal 1° gennaio 2025, il decreto legislativo n. 139/2024 ha modificato radicalmente il quadro normativo dell’imposta su successioni e donazioni, aprendo prospettive vantaggiose per chi desidera trasferire il controllo societario alle generazioni successive senza vederselo gravare da imposte. La recente Risposta 271/2025 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce molti degli aspetti ancora nebulosi, fornendo risposte concrete su una fattispecie che riguarda concretamente decine di migliaia di nuclei familiari con patrimoni imprenditoriali significativi.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Esenzione da imposta: La donazione della nuda proprietà di quote societarie ai figli (e al coniuge) è esente da imposta di donazione se il controllo passa ai beneficiari.
  • Controllo richiesto: Occorre il trasferimento della maggioranza dei voti in assemblea ordinaria, definito “controllo di diritto” secondo l’art. 2359 c.c.
  • Modalità di trasferimento: Se il donante mantiene l’usufrutto, il controllo si trasferisce tramite convenzione sull’attribuzione dei diritti di voto inserita nell’atto di donazione.
  • Periodo minimo: Il controllo deve essere mantenuto dai beneficiari per almeno 5 anni dalla donazione; è obbligatoria la dichiarazione d’impegno.
  • Diritti particolari: La donante può conservare diritti come il veto, il diritto di convocazione o quello agli utili, purchè non limitino il controllo effettivo dei figli.
  • Comproprietà ammessa: Se la donazione è in comunione tra più figli, il controllo può essere esercitato tramite un rappresentante comune scelto tra i beneficiari.
  • Decadenza fiscale: Se il controllo viene perso entro i 5 anni, scatta la decadenza con obbligo di versare imposta, sanzioni e interessi.
  • Holding e società “senza impresa”: L’esenzione si applica anche alle holding pure o alle società immobiliari di mero godimento, se si mantiene il controllo per 5 anni.

Come è cambiata l’esenzione con la riforma del 2024

La normativa precedente generava malumori costanti tra consulenti, professionisti e contribuenti. L’Agenzia delle Entrate interpretava in modo restrittivo le possibilità di beneficiare dell’esenzione, escludendo dalla agevolazione – per esempio – le cosiddette società “senza impresa”, cioè quelle holding pure che gestiscono solo partecipazioni, oppure le società immobiliari di mero godimento. Una posizione dura, quella dell’Amministrazione finanziaria, che trovava sponda anche nella giurisprudenza costituzionale, la quale aveva legato il beneficio alla necessità di garantire la continuità dell’attività d’impresa. Il legislatore ha deciso di fare chiarezza. Con il D.Lgs. 139/2024 la musica è cambiata significativamente. La riscrittura dell’articolo 3, comma 4-ter del Testo unico (D.Lgs. 346/1990), non è una semplice questione formale. Piuttosto rappresenta uno spostamento concettuale notevole. La normativa ora stabilisce che per il trasferimento di trasferimento quote societarie a favore dei discendenti o del coniuge, si applica l’esenzione da imposta di donazione e successione, purché vengano acquisiti o mantenuti determinati presupposti circa il controllo della società.

Il caso concreto analizzato nell’interpello

Per comprendere come funziona nella pratica, conviene ripercorrere il caso specifico affrontato dall’Agenzia. Una madre detiene il 96,3% di una società principale, che a sua volta funge da holding per un gruppo di imprese articolato. La struttura è comune: la madre è il nucleo centrale, i figli (due) possiedono lo 1,85% ciascuno. L’operazione che ella intendeva realizzare era la donazione della nuda proprietà del 95% ai due figli in comunione tra loro, mantenendo però – attraverso la riserva di usufrutto – il diritto di ricavare i frutti della società. Una operazione affatto rara, soprattutto quando il genitore è ancora giovane e desidera passare il controllo ma non vuole perdere i proventi.

La questione fiscale centrale era questa: poteva la madre beneficiare dell’esenzione pur conservando diritti particolari nello statuto (ad esempio, il potere di convocare l’assemblea, il diritto di veto su certe decisioni, il diritto di ricevere gli utili)? E, ancora, come avrebbe potuto trasferire il “controllo effettivo” ai figli se lei manteneva l’usufrutto? La soluzione è stata trovata attraverso una convenzione inserita nell’atto stesso di donazione. Con questo documento aggiuntivo, i figli acquisivano la maggioranza dei diritti di voto in assemblea ordinaria, dunque il controllo di diritto secondo l’articolo 2359 del codice civile. Il controllo passava, cioè, anche se il dominio pieno della proprietà restava ancora legato alla nuda proprietà e al diritto di usufrutto della madre.

Come il controllo societario soddisfa i requisiti

L’Agenzia ha confermato un elemento basilare: l’applicazione dell’esenzione è subordinata all’effettivo trasferimento del controllo – inteso come la maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria – per una durata non inferiore a 5 anni dalla data della donazione. Il nocciolo della questione, tuttavia, riguarda quei diritti particolari: il potere di veto, il diritto di convocazione, il diritto agli utili. Chiarisce l’Agenzia che tali diritti non rappresentano un ostacolo all’agevolazione, a condizione che non limitino il controllo effettivo trasferito agli aventi causa, cioè ai figli. Se la madre conserva il diritto agli utili (cosa comprensibile per chi mantiene l’usufrutto), questo non pregiudica il controllo di diritto che i figli esercitano mediante i voti. Se il potere di veto non è così ampio da paralizzare le decisioni strategiche che i figli intendono adottare, allora la convenzione regge e il beneficio resta in piedi.

Aspetto molto pratico: il controllo può passare anche in regime di comproprietà, purché i comproprietari – nel nostro caso i due figli – esercitino collettivamente i diritti assembleari tramite un unico rappresentante, scelto tra i beneficiari stessi. Questa soluzione consente a più soggetti di acquisire la partecipazione societaria pur mantenendo una gestione unitaria sotto il profilo dell’esercizio dei diritti di voto.

L’impegno vincolante e il rischio di decadenza

Un aspetto centrale che spesso viene sottovalutato nei passaggi generazionali: i beneficiari devono sottoscrivere una dichiarazione d’impegno a mantenere il controllo per almeno 5 anni. Non è una formalità burocratica. È un vincolo vero, con conseguenze concrete. La decadenza dal beneficio interviene nel momento in cui, per qualunque motivo, venga meno il mantenimento di quel controllo. Se i figli, per circostanze diverse, vendono una parte significativa delle quote, o perdono i voti necessari (magari perché uno dei due muore e la sua quota va a un coniuge che vota diversamente), scatta il meccanismo della decadenza. Cosa accade? L’Agenzia richiede il versamento dell’imposta dovuta, con l’aggiunta di sanzioni e interessi. È uno scenario da evitare attentamente attraverso una pianificazione solida.

Quando l’esenzione funziona veramente

Tornando al quadro generale: l’esenzione da imposta di donazione e successione si applica al trasferimento di aziende, rami d’azienda, quote sociali e azioni, purché avvenga a favore di discendenti o del coniuge. Per le quote sociali e le azioni in particolare, occorre che il trasferimento determini l’acquisizione del controllo oppure lo integri (cioè aumenti un controllo già esistente). Il periodo di holding – il tempo minimo di detenzione – è fissato a 5 anni. Diverso è il trattamento se l’oggetto del trasferimento è una ditta individuale o un’azienda vera e propria. Lì l’obbligo è che i beneficiari proseguano l’attività d’impresa per non meno di 5 anni. La norma distingue, quindi, tra trasferimento di azienda (dove conta l’esercizio dell’attività) e trasferimento di quote di società (dove conta il controllo della struttura giuridica).

I vantaggi e le opportunità per le holding

Uno dei più rilevanti spostamenti introdotti dal D.Lgs. 139/2024 riguarda proprio le holding. Prima della riforma, l’Agenzia tendeva a negare l’esenzione alle società immobiliari di mero godimento e alle holding pure – quelle che possiedono solo partecipazioni in altri soggetti, senza svolgere attività produttiva diretta. Ora il testo della norma si presenta come più neutro rispetto alla natura dell’attività svolta dalla società le cui quote vengono trasferite. Ciò significa, almeno in teoria, che una madre può donare ai figli le quote di una holding senza imposta, purché i figli acquisiscano e mantengano il controllo per 5 anni. La holding, dal canto suo, non è tenuta a produrre reddito proprio; conta solo che esista e che il controllo della sua governance passi ai beneficiari. Questa apertura rappresenta un cambio di rotta rispetto al passato, quando l’Amministrazione finanziaria era molto rigida su questi versanti.

Le modalità tecniche di trasferimento del controllo

Nella pratica del trasferimento dei quote societarie, il controllo può essere trasferito attraverso modalità diverse. Se il donante mantiene l’usufrutto – come nell’esempio della madre – il controllo passa attraverso la cessione dei diritti di voto tramite apposita convenzione inserita nello stesso atto di donazione. Questa convenzione è il vero strumento tecnico che permette alla madre di restare usufruttuaria ma di permettere ai figli di governare la società. Se invece il trasferimento riguarda la piena proprietà senza riserve, allora il controllo passa automaticamente con la proprietà delle quote stesse, non c’è bisogno di artifici aggiuntivi. In quest’ultimo scenario le cose sono evidentemente più semplici dal profilo documentale.

Elemento Requisito/Regola vigente Osservazioni operative
Oggetto della donazione Quote sociali o azioni che garantiscono il controllo (art. 2359 c.c.) Valida anche la donazione della nuda proprietà, purché il controllo passi ai figli
Trasferimento del controllo Maggioranza voti in assemblea ordinaria, tramite convenzione se necessario Fondamentale quando il donante mantiene l’usufrutto
Durata del vincolo Mantenimento controllo per almeno 5 anni dalla donazione Richiesta dichiarazione d’impegno obbligatoria nell’atto
Diritti particolari statutari Ammessi se non incidono sul “controllo di diritto” dei beneficiari Esempi: diritto di veto, diritto di convocazione, diritto agli utili non sono ostativi
Comproprietà tra più beneficiari Concessa purché i diritti siano esercitati tramite rappresentante comune Applicabile quando la donazione è in comunione tra fratelli o sorelle
Cause di decadenza Mancato mantenimento controllo entro il quinquennio Scatta il versamento imposta dovuta, sanzioni e interessi

I diritti particolari non bloccano l’agevolazione

Un dubbio che attraversa spesso la mente di chi redige atti di donazione riguarda la compatibilità tra l’esenzione fiscale e la presenza, nello statuto sociale, di diritti cosiddetti “particolari” riservati al donante. Diciamo che la madre vuole conservare il diritto di ricevere gli utili (cosa frequente quando mantiene l’usufrutto), oppure il potere di convocare l’assemblea straordinaria, o persino un diritto di veto su determinate decisioni. Chiarisce l’Agenzia che questi diritti non sono ostacoli all’agevolazione, purché non limitino il controllo effettivo trasferito ai figli. La chiave interpretativa è questa: il controllo “di diritto” consiste nella capacità di influenzare le decisioni ordinarie della società, quelle assembleari. Se i figli hanno la maggioranza dei voti ordinari e possono governare la gestione quotidiana, poco importa che la madre conservi diritti secondari o limitati nelle loro conseguenze pratiche. Il controllo passa, l’esenzione regge.

Pianificazione fiscale: cosa considerare

Affrontare il trasferimento di quote societarie richiede una programmazione attenta. Il primo step è verificare la struttura della società: quante quote possiede il donante, quante i figli già posseggono, quale sarà la percentuale di controllo post-trasferimento. Se la donazione riguarda la nuda proprietà con riserva di usufrutto, occorre redigere una convenzione precisa sull’attribuzione dei diritti di voto, inserita nell’atto di donazione. È opportuno che i beneficiari sottoscrivano la dichiarazione d’impegno all’interno dell’atto stesso, evitando di rinviare a comunicazioni successive. Durante i 5 anni di holding period, i beneficiari devono controllare attentamente che non accadano eventi che minaccino il mantenimento del controllo. Se uno dei figli muore durante questo periodo, la sua quota passa agli eredi: è importantissimo che questi ultimi ereditino anche i voti associati, altrimenti il controllo si polverizza e scatta la decadenza con tutte le conseguenze fiscali. Situazioni di conflitto tra i comproprietari possono portare a stallo decisionale e perdita del controllo: occorre una disciplina chiara degli accordi tra fratelli e sorelle.

La prassi amministrativa post-riforma

La Risposta 271/2025 rappresenta il primo pronunciamento ufficiale dell’Agenzia delle Entrate dopo l’entrata in vigore del nuovo decreto. Da questo testo emergono alcune linee interpretative che rasserenano chi opera nel settore. Innanzitutto, l’Amministrazione finanziaria conferma che la nuova norma ha effettivamente ampliato – non solo ristretto – il perimetro dell’esenzione. In secondo luogo, chiarisce che la riserva di usufrutto in capo al donante non rappresenta un ostacolo, purché il controllo passi realmente ai figli attraverso i voti. In terzo luogo, ribadisce che il controllo in regime di comproprietà è perfettamente lecito, a condizione che i beneficiari lo esercitino attraverso un unico rappresentante. Questi chiarimenti erano necessari perché colmavano lacune interpretative che generavano incertezza nei consulenti e nei notai.

I rischi da evitare nel lungo termine

Trasferire il controllo ai figli è una cosa; mantenere questa situazione per 5 anni senza incidenti è un’altra. Il rischio maggiore è la perdita accidentale del controllo. Scenario uno: uno dei figli muore durante il periodo di holding. La sua quota passa agli eredi (coniuge, figli minori). Se questi nuovi eredi non sono in sintonia con il fratello rimasto, il risultato è facilmente prevedibile: conflitto, paralisi deliberativa, e infine perdita del controllo effettivo. Scenario due: uno dei figli decide di uscire dalla società e vende la sua quota a un terzo. Se questa vendita fa scendere la percentuale complessiva della “famiglia” al di sotto del 50%, il controllo è perso. Scenario tre: i due figli litigano e non riescono a trovare un accordo né su chi debba fare il rappresentante comune né su quali decisioni votare. Il risultato è uno stallo, che nel diritto societario equivale a mancata governance e quindi, tecnicamente, a perdita del controllo. Per evitare questi scenari, è utile predisporre una carta costitutiva e uno statuto che contengano previsioni chiare sui meccanismi di governo della società nei 5 anni successivi al trasferimento, con sistemi di risoluzione dei conflitti tra beneficiari.

Conclusioni operative

La riforma introdotta dal D.Lgs. 139/2024 ha reso più agevole il passaggio generazionale delle partecipazioni societarie dal punto di vista fiscale. Il meccanismo dell’esenzione è presente e funzionante: una donazione della nuda proprietà di quote con trasferimento del controllo agli eredi può oggi beneficiare dell’agevolazione senza imposte. Le rigidità interpretative dell’Amministrazione finanziaria sui trasferimenti di società “senza impresa” o holding pure risultano superate dalla lettera della norma riformata. Tuttavia, questo vantaggio fiscale presuppone una pianificazione attenta e una gestione consapevole dei 5 anni di holding period. La dichiarazione d’impegno che i beneficiari sottoscrivono non è un documento decorativo: è una promessa vincolante verso il fisco, il cui mancato rispetto comporta conseguenze patrimoniali significative. Chi presiede a una operazione di questo genere – notai, commercialisti, consulenti tributari – deve dunque accompagnare la parte agevolativa (l’assenza di imposta) con una solida consulenza sui rischi di decadenza e sui meccanismi di governo societario che ne garantiranno la stabilità nel tempo. Solo così il trasferimento di quote societarie diviene strumento veramente utile di pianificazione patrimoniale familiare.

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