La disciplina inerente alla deduzione delle perdite su crediti rappresenta un ambito di particolare interesse per i contribuenti in vista delle dichiarazioni fiscali 2025. Le recenti modifiche normative hanno introdotto meccanismi di semplificazione e chiarimento che si allineano ai principi contabili nazionali e internazionali, prevedendo la possibilità di deduzione immediata qualora sussistano i presupposti previsti dalla normativa di riferimento. Nel contesto economico attuale, caratterizzato da incertezze e difficoltà di recupero di alcune posizioni creditorie, la tematica assume particolare rilevanza tanto sotto il profilo contabile quanto sotto quello fiscale, imponendo una ricognizione sistematica delle novità intervenute.
Presupposti normativi per la cancellazione dei crediti dal bilancio
L’art. 101, comma 5, del TUIR costituisce il cardine della disciplina sulla deducibilità delle perdite su crediti. La norma stabilisce che tali componenti negativi di reddito sono ammessi in deduzione qualora risultino da “elementi certi e precisi” o, in alternativa, in presenza di una procedura concorsuale a carico del debitore. Questa formulazione normativa ha generato nel tempo numerose questioni interpretative, successivamente affrontate tanto dalla prassi amministrativa quanto dalla giurisprudenza di legittimità.
In particolare, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27352 del 26 settembre 2023, ha confermato l’orientamento consolidato secondo cui il periodo di competenza per operare correttamente la deduzione delle perdite su crediti deve coincidere con quello in cui si acquista certezza circa l’impossibilità di soddisfacimento. Tale momento, quando il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, si colloca all’interno della finestra temporale che va dalla data della sentenza dichiarativa al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.
La prassi amministrativa ha progressivamente chiarito l’interpretazione di questa disposizione, con particolare attenzione agli aspetti della competenza temporale. La risposta a interpello n. 342/2021 dell’Agenzia delle Entrate ha confermato che la scelta circa l’esercizio in cui portare in deduzione la perdita spetta all’impresa creditrice, con l’unico limite rappresentato dal periodo d’imposta in cui il credito viene cancellato dal bilancio in base ai corretti principi contabili. Tale impostazione, pur apparentemente in contrasto con quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, trova una sua coerenza sistemica nel contesto delle modifiche normative intervenute negli ultimi anni, volte a riconoscere una maggiore rilevanza fiscale alle risultanze contabili.
Sotto il profilo applicativo, pertanto, il contribuente deve prestare particolare attenzione al momento in cui, secondo i principi contabili nazionali o internazionali applicabili, il credito deve essere cancellato dal bilancio. Tale cancellazione può avvenire in diverse circostanze: quando i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono (ad esempio, per pagamento o prescrizione), quando il credito viene ceduto trasferendo sostanzialmente tutti i rischi e benefici a esso connessi, o quando, pur mantenendo i diritti contrattuali sui flussi finanziari, si assume un’obbligazione contrattuale di trasferire tali flussi a uno o più beneficiari.
Cancellazione automatica per mini-crediti e procedure semplificate
Un elemento di particolare rilevanza riguarda i c.d. “mini-crediti”, ovvero i crediti di modesta entità. Per questa categoria, la normativa ha introdotto un meccanismo di deduzione semplificato, che prevede la possibilità di dedurre automaticamente la perdita, senza necessità di dimostrare l’esistenza degli “elementi certi e precisi”, qualora i crediti siano di importo non superiore a 2.500 euro, siano decorsi sei mesi dalla scadenza del pagamento e il debitore non sia assoggettato a procedure concorsuali.
Questa previsione, introdotta per semplificare gli adempimenti amministrativi delle imprese, ha trovato ulteriore conferma nella prassi recente che ha chiarito come la deduzione possa avvenire nell’esercizio in cui il credito viene cancellato dal bilancio, anche quando l’imputazione contabile risulti successiva al verificarsi degli elementi certi e precisi. Tale interpretazione risulta coerente con il comma 5-bis dell’articolo 101 del TUIR, in base al quale “per i crediti di modesta entità […] la deduzione della perdita su crediti è ammessa […] nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui […] sussistono gli elementi certi e precisi”.
Il concetto di “modesta entità” è stato oggetto di chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria, che ha individuato in 2.500 euro la soglia di riferimento per i soggetti diversi dagli enti creditizi e finanziari, per i quali il limite è elevato a 5.000 euro. Questa distinzione riflette le diverse caratteristiche operative dei soggetti interessati e la diversa incidenza che crediti di tale entità possono avere sulla loro situazione economico-patrimoniale.
L’automatismo della deduzione per i mini-crediti rappresenta un significativo snellimento degli adempimenti probatori a carico del contribuente, consentendo una gestione più efficiente delle posizioni creditorie di importo contenuto. Tuttavia, è opportuno sottolineare che il contribuente deve comunque conservare adeguata documentazione a supporto dell’esistenza del credito e della sua scadenza, al fine di poter dimostrare, in caso di eventuale contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, il rispetto dei requisiti previsti dalla normativa.
Nuove regole per la deduzione delle perdite su crediti in valuta estera
Un aspetto particolarmente rilevante per le dichiarazioni 2025 concerne il trattamento delle perdite su crediti espressi in valuta estera. In questo contesto, il calcolo della svalutazione deve tenere conto dell’adeguamento al tasso di cambio di fine anno, secondo quanto previsto dall’articolo 110, comma 3, del TUIR, che stabilisce che “la valutazione dei crediti […] in valuta deve essere effettuata secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio”.
La normativa prevede che l’importo deducibile sia determinato alla data dell’ultimo bilancio chiuso, considerando il valore del credito già adeguato al cambio di fine esercizio. Tale meccanismo richiede particolare attenzione, poiché le oscillazioni valutarie possono influenzare significativamente l’ammontare della perdita deducibile, introducendo un elemento di complessità nella determinazione del componente negativo di reddito fiscalmente rilevante.
In particolare, per i crediti in valuta estera sottoposti a procedure di svalutazione, è necessario operare secondo una precisa sequenza logica: in primo luogo, si deve effettuare la conversione al tasso di cambio storico; successivamente, applicare la svalutazione secondo i criteri ordinari; quindi, adeguare il valore risultante al tasso di cambio di fine esercizio; infine, calcolare la perdita deducibile sulla base del valore così determinato.
Questa complessità procedurale riflette la necessità di considerare tanto l’aspetto economico-sostanziale della perdita quanto gli effetti derivanti dalle oscillazioni valutarie, che possono determinare ulteriori componenti positivi o negativi di reddito. In particolare, è opportuno ricordare che le differenze di cambio realizzate al momento dell’incasso o del pagamento sono sempre rilevanti ai fini fiscali, mentre quelle da valutazione sono rilevanti solo se iscritte in bilancio.
Per quanto concerne specificamente la determinazione della perdita su crediti in valuta estera, è opportuno considerare che la valutazione deve essere effettuata tenendo conto del valore di iscrizione del credito, comprensivo degli eventuali adeguamenti al cambio precedentemente operati. In caso di realizzo della perdita, pertanto, occorre considerare anche gli effetti delle precedenti variazioni valutarie, al fine di determinare correttamente l’ammontare deducibile.
La corretta applicazione dell’iter procedurale per gli errori contabili
L’articolo 101, comma 5, del TUIR deve essere letto congiuntamente alle disposizioni che regolano la correzione degli errori contabili. Infatti, qualora emergano problematiche relative alla mancata cancellazione di crediti che avrebbero dovuto essere stralciati dal bilancio, si rende necessario attivare l’iter per la correzione degli errori contabili, disciplinato dall’OIC 29 sul piano contabile e dall’articolo 83 del TUIR sul piano fiscale.
La procedura prevede la possibilità di procedere alla rettifica dell’errore mediante l’utilizzo di un meccanismo semplificato. Tale meccanismo consente di correggere l’errore senza dover procedere alla presentazione di dichiarazioni integrative per gli anni precedenti, a condizione che la correzione avvenga nell’esercizio in cui l’errore viene individuato, il contribuente applichi correttamente i principi contabili e la correzione sia opportunamente documentata e giustificata.
Tale approccio trova fondamento nel principio di derivazione rafforzata, introdotto dalla legge finanziaria 2008 e successivamente esteso a una platea più ampia di contribuenti, che ha accentuato la rilevanza fiscale delle qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali risultanti dall’applicazione dei principi contabili. In questo contesto, la correzione di un errore contabile, operata secondo i criteri previsti dai principi contabili, produce effetti anche sul piano fiscale, consentendo di evitare la presentazione di dichiarazioni integrative per gli anni precedenti.
Sul piano operativo, è opportuno evidenziare che la correzione di un errore contabile relativo alla mancata cancellazione di un credito inesigibile deve essere operata secondo le modalità previste dall’OIC 29, che distingue tra errori rilevanti e non rilevanti. Per gli errori rilevanti, la correzione deve essere operata rettificando la voce di patrimonio netto di apertura, mentre per quelli non rilevanti è possibile procedere mediante imputazione a conto economico.
La qualificazione dell’errore come rilevante o non rilevante dipende dalla sua significatività rispetto alla corretta rappresentazione della situazione patrimoniale e del risultato economico. In tal senso, è necessario considerare tanto aspetti quantitativi quanto aspetti qualitativi, valutando l’impatto dell’errore sulla rappresentazione veritiera e corretta fornita dal bilancio.
Sul piano fiscale, la correzione dell’errore produce effetti nell’esercizio in cui viene operata, consentendo di dedurre la perdita su crediti precedentemente non considerata. Tale approccio, confermato dalla prassi amministrativa, rappresenta una significativa semplificazione per i contribuenti, evitando la necessità di complesse procedure di rettifica delle dichiarazioni fiscali pregresse.
Implicazioni pratiche per le dichiarazioni 2025
Le novità normative e la prassi recente determinano importanti conseguenze sul piano operativo per la compilazione delle dichiarazioni fiscali 2025. In primo luogo, risulta fondamentale individuare il corretto esercizio di competenza per operare la deduzione delle perdite su crediti, considerando sia il momento di rilevazione degli “elementi certi e precisi”, sia quello dell’effettiva cancellazione dal bilancio. Tale valutazione deve essere operata alla luce dei chiarimenti forniti dalla prassi amministrativa e dalla giurisprudenza, tenendo conto delle specificità della situazione concreta.
Particolare rilevanza assume, inoltre, la predisposizione di adeguata documentazione a supporto della deduzione, particolarmente significativa nel caso di crediti non di modesta entità, per i quali permane l’onere di dimostrare l’esistenza degli elementi certi e precisi. Tale documentazione può includere, a titolo esemplificativo, corrispondenza con il debitore, tentativi di recupero infruttuosi, valutazioni di professionisti esterni circa l’irrecuperabilità del credito, analisi sulla situazione economico-finanziaria del debitore.
Sotto il profilo operativo, è necessario prestare attenzione alle diverse modalità di cancellazione previste dai principi contabili, distinguendo tra cancellazione per estinzione del diritto, cancellazione per trasferimento dei diritti contrattuali e cancellazione per estinzione dell’obbligazione. Ciascuna di queste fattispecie presenta peculiarità sotto il profilo contabile e fiscale, richiedendo un’analisi approfondita delle circostanze concrete.
Per quanto concerne specificamente la compilazione del modello Redditi SC 2025, occorre prestare particolare attenzione alla corretta indicazione delle variazioni in diminuzione correlate alle perdite su crediti deducibili. Tali variazioni devono essere operare nel quadro RF, tenendo conto delle eventuali deduzioni extracontabili precedentemente effettuate e degli eventuali disallineamenti tra valori civilistici e fiscali.
In relazione ai crediti verso soggetti non residenti, è opportuno considerare anche le disposizioni in materia di transfer pricing e di deducibilità delle perdite su crediti verso soggetti residenti in paesi a fiscalità privilegiata. In particolare, l’articolo 110, commi 7 e seguenti, del TUIR impone specifici adempimenti e limitazioni, che devono essere attentamente valutati al fine di garantire la correttezza della deduzione operata.
Un caso emblematico: la rettifica di errori sui crediti pregressi
Un esempio pratico può chiarire l’applicazione delle nuove disposizioni. Si consideri una società che nel bilancio al 31 dicembre 2023 ha mantenuto iscritto un credito verso un cliente pari a 100.000 euro, nonostante tale cliente fosse stato dichiarato fallito nel corso del 2021. Si tratta di un errore contabile, in quanto, secondo i principi contabili, la società avrebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito e alla rilevazione della perdita già nell’esercizio 2021, avendo la dichiarazione di fallimento costituito elemento certo e preciso circa l’inesigibilità del credito.
Nel 2024, la società si accorge dell’errore e procede alla cancellazione del credito, iscrivendo la relativa perdita. In base alla normativa vigente, la società potrà correggere l’errore contabile in base all’OIC 29, rettificando la voce di patrimonio netto all’inizio dell’esercizio. Sul piano fiscale, potrà dedurre la perdita nel modello Redditi SC 2025, relativo al periodo d’imposta 2024, evitando la presentazione di dichiarazioni integrative per gli anni precedenti.
Questo approccio consente di sanare la situazione senza incorrere in sanzioni, a condizione che la correzione avvenga secondo i corretti principi contabili e sia adeguatamente documentata. È opportuno, tuttavia, ricordare che la possibilità di dedurre la perdita nell’esercizio in cui viene operata la correzione dell’errore presuppone la corretta applicazione dei principi contabili, inclusa la corretta classificazione dell’errore come rilevante o non rilevante e la coerente rappresentazione in bilancio.
Nel caso in cui l’errore sia qualificato come rilevante, la correzione comporterà la rettifica del saldo di apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui l’errore è stato scoperto, senza impattare sul conto economico. Sul piano fiscale, tuttavia, la perdita potrà essere dedotta nell’esercizio in cui viene operata la correzione, mediante una variazione in diminuzione nel quadro RF.
È interessante osservare come la prassi amministrativa e la giurisprudenza abbiano adottato approcci parzialmente divergenti in merito alla deduzione delle perdite su crediti in caso di procedure concorsuali. Mentre la Cassazione tende a collocare il momento della deducibilità nell’esercizio in cui si verifica la procedura concorsuale, salvo il limite dell’esercizio in cui il credito deve essere cancellato dal bilancio, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 342/2021, ha riconosciuto una maggiore flessibilità, attribuendo al contribuente la facoltà di scegliere il periodo d’imposta in cui operare la deduzione, entro il limite temporale rappresentato dalla cancellazione dal bilancio.
Indicazioni per la corretta gestione dei fondi rischi su crediti
La tematica della deduzione delle perdite su crediti si intreccia inevitabilmente con quella del fondo svalutazione crediti. In questo ambito, occorre ricordare che le perdite su crediti devono prioritariamente essere imputate al fondo svalutazione crediti esistente, con la conseguenza che solo l’eventuale eccedenza rispetto al fondo può essere dedotta come perdita nell’esercizio di realizzazione.
Sul piano fiscale, è opportuno evidenziare che la deduzione del fondo svalutazione crediti è limitata, ai sensi dell’articolo 106 del TUIR, allo 0,5% del valore nominale dei crediti commerciali, fino a quando il fondo non raggiunge il limite di consistenza del 5% del valore nominale degli stessi crediti. Tale limitazione comporta, frequentemente, la necessità di operare variazioni in aumento in sede di dichiarazione dei redditi, qualora l’accantonamento civilistico risulti superiore al limite fiscalmente ammesso.
In sede di realizzo della perdita, pertanto, è necessario prestare particolare attenzione al trattamento delle svalutazioni operate in esercizi precedenti. La normativa prevede che tali svalutazioni, se dedotte fiscalmente, debbano essere considerate nel calcolo della perdita deducibile nell’esercizio di cancellazione del credito. In altri termini, la perdita fiscalmente rilevante sarà pari alla differenza tra il valore nominale del credito e l’importo delle svalutazioni precedentemente dedotte.
Tale meccanismo riflette la necessità di evitare duplicazioni di deduzione, garantendo che il componente negativo di reddito correlato al credito inesigibile sia dedotto una sola volta, alternativamente come accantonamento al fondo svalutazione o come perdita. A tal fine, è opportuno mantenere un’adeguata evidenza extracontabile delle svalutazioni fiscalmente dedotte, al fine di determinare correttamente l’ammontare della perdita deducibile al momento della cancellazione del credito.
Per quanto concerne, invece, le svalutazioni non dedotte fiscalmente, esse non rilevano ai fini della determinazione della perdita fiscalmente deducibile, con la conseguenza che la perdita potrà essere dedotta per l’intero ammontare, indipendentemente dalle svalutazioni precedentemente operate sul piano civilistico ma non riconosciute sul piano fiscale.
Prospettive future e impatti della Legge di Bilancio 2025
Le disposizioni contenute nella Legge di Bilancio 2025 introducono alcune novità rilevanti per il regime di deduzione delle perdite su crediti. In particolare, si prevede il rinvio delle deduzioni delle quote di svalutazioni e perdite dei crediti correlate alle DTA (imposte differite attive), con un impatto stimato di maggiori entrate per 3,4 miliardi di euro nel biennio 2025-2026.
Questa misura, concepita come contributo del settore finanziario e assicurativo al finanziamento degli interventi della manovra, si accompagna a limitazioni nell’utilizzabilità delle perdite e delle eccedenze ACE per il 2025, configurando un quadro normativo più restrittivo rispetto al passato. Il differimento delle deduzioni, in particolare, comporta un incremento temporaneo del carico fiscale per i soggetti interessati, con potenziali impatti sulla loro liquidità e sulla loro capacità di erogare credito all’economia reale.
È opportuno evidenziare che tali misure si inseriscono in un contesto più ampio di revisione della disciplina fiscale delle perdite su crediti, avviato con il d.lgs. n. 147/2015 (c.d. decreto internazionalizzazione) e proseguito con ulteriori interventi normativi, volti a semplificare e razionalizzare la materia. L’obiettivo di lungo periodo resta quello di garantire una maggiore certezza del diritto e una riduzione degli adempimenti a carico dei contribuenti, pur nel rispetto delle esigenze di gettito erariale.
In prospettiva, è ragionevole attendersi ulteriori interventi normativi, tanto sul piano delle disposizioni primarie quanto su quello della prassi amministrativa, volti a chiarire le questioni interpretative ancora aperte e a garantire una maggiore coerenza del sistema. Particolare attenzione merita, in tal senso, il tema della competenza temporale, rispetto al quale permangono divergenze tra l’approccio adottato dalla giurisprudenza di legittimità e quello sostenuto dall’Amministrazione finanziaria.
Considerazioni conclusive e indicazioni operative
La disciplina della deduzione delle perdite su crediti presenta ancora alcuni profili di incertezza, nonostante i chiarimenti forniti dalla prassi amministrativa. In questo contesto, appare fondamentale adottare un approccio sistematico e documentato, volto a garantire la correttezza delle deduzioni operate e a prevenire eventuali contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.
In particolare, è opportuno monitorare costantemente lo stato dei crediti, con particolare attenzione a quelli di dubbia esigibilità, al fine di individuare tempestivamente le situazioni che possono dar luogo a perdite fiscalmente deducibili. Tale monitoraggio deve essere accompagnato da un’adeguata documentazione, volta a dimostrare l’esistenza degli “elementi certi e precisi” richiesti dalla normativa, ovvero la sussistenza delle condizioni di automatica deducibilità previste per specifiche categorie di crediti.
Altrettanto rilevante è la pianificazione del momento della cancellazione contabile, considerando le implicazioni fiscali di tale operazione. Come chiarito dalla prassi amministrativa, infatti, la scelta dell’esercizio in cui dedurre la perdita spetta al contribuente, con l’unico limite rappresentato dal periodo d’imposta in cui il credito viene cancellato dal bilancio. Tale flessibilità consente di ottimizzare il profilo fiscale dell’operazione, tenendo conto della situazione reddituale complessiva del contribuente.
Infine, in caso di errori relativi alla mancata cancellazione di crediti inesigibili, è opportuno valutare l’applicabilità della procedura semplificata per la correzione degli errori contabili, che consente di evitare la presentazione di dichiarazioni integrative per gli anni precedenti. Tale procedura, tuttavia, presuppone la corretta applicazione dei principi contabili e un’adeguata documentazione a supporto della correzione operata.
La corretta applicazione della normativa consente di ottimizzare il trattamento fiscale delle perdite su crediti, evitando contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria e garantendo la deducibilità di componenti negativi di reddito effettivamente sostenuti dall’impresa, in coerenza con il principio di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione.