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Decreto correttivo fiscale 2025: nuove regole per la correzione degli errori contabili

17 Settembre, 2025

Il sistema tributario italiano si prepara a cambiamenti significativi nel trattamento degli errori contabili. Con l’approvazione preliminare del terzo decreto correttivo della riforma fiscale da parte del Consiglio dei Ministri del 14 luglio 2025, l’intero impianto normativo sulla correzione degli errori contabili subisce una revisione che avrà ripercussioni immediate sulla gestione fiscale delle imprese. Le nuove disposizioni entreranno in vigore già per le correzioni rilevate nei bilanci degli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2025, segnando un punto di svolta nell’approccio alla derivazione rafforzata.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Dal 2025 cambiano le regole per la correzione degli errori contabili: distinzione netta tra errori rilevanti (integrativa obbligatoria) e non rilevanti (rettifica diretta in bilancio).
  • Finestra temporale di correzione più stringente: correzione entro la chiusura dell’esercizio successivo oppure, in caso di accertamenti, entro la data di avvio degli stessi.
  • Per l’IRAP, la correzione ha effetto solo con valore della produzione netta positivo sia nell’anno della correzione che in quello dell’errore.
  • Accesso semplificato anche per le microimprese soggette a revisione legale, a prescindere dal tipo di bilancio.
  • Nessuna sanzione se la procedura di correzione è seguita correttamente, ma restano aree interpretative aperte su alcuni profili fiscali e tempistiche.

Dal caos interpretativo alla chiarezza normativa

La strada che ha portato alle attuali modifiche è stata tutt’altro che lineare. Nel giugno 2022, il decreto-legge n. 73 aveva introdotto l’art. 8, commi 1 lettera b) e 1-bis, estendendo il principio di derivazione rafforzata anche alla correzione degli errori contabili. Una riforma che – almeno sulla carta – prometteva di semplificare drasticamente le procedure per le imprese, eliminando la necessità di presentare múltiple dichiarazioni integrative per ogni errore scoperto successivamente alla presentazione della dichiarazione originaria.

Tuttavia, la realtà applicativa si è rivelata più complessa delle aspettative del legislatore. L’Agenzia delle Entrate si è trovata costretta a intervenire con chiarimenti interpretativi tramite risposte a interpello specifiche, evidenziando le lacune della normativa originaria. La risposta n. 73 del 2024 ha affrontato il delicato caso dei canoni di leasing finanziario erroneamente imputati, mentre la più recente risposta n. 63 del marzo 2025 si è concentrata su errori di classificazione nell’acquisto di cespiti.

Questi interventi dell’Amministrazione finanziaria, pur utili, hanno messo in luce un approccio “ibrido” che ha generato ulteriore incertezza negli operatori. Per alcune tipologie di componenti reddituali (come la quota capitale dei canoni di leasing) l’Agenzia ha privilegiato l’applicazione delle regole vigenti nel periodo originario dell’errore, mentre per altri (gli interessi passivi) ha optato per le norme vigenti nell’esercizio di correzione.

La distinzione cruciale: errori rilevanti vs non rilevanti

Il cuore pulsante della riforma risiede nella netta distinzione tra errori “rilevanti” e “non rilevanti”, concetto già consolidato nei principi contabili ma ora elevato a discrimine fiscale fondamentale. Secondo l’OIC 29 per i bilanci redatti secondo il Codice civile e lo IAS 8 per quelli internazionali, un errore è considerato rilevante quando può influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori del bilancio.

Questa valutazione non è meramente quantitativa. Come spesso accade nella pratica professionale, la rilevanza di un errore deve essere analizzata caso per caso, considerando non solo l’ammontare assoluto ma anche l’impatto relativo sulla rappresentazione della situazione patrimoniale ed economica dell’impresa. Un errore di modesta entità può risultare rilevante per una micro-impresa, mentre lo stesso importo potrebbe essere trascurabile per una grande società.

La normativa riformata consente la correzione diretta in bilancio con immediata rilevanza fiscale esclusivamente per gli errori non rilevanti. Per quelli rilevanti, permane l’obbligo di ricorrere alla tradizionale procedura delle dichiarazioni integrative, con tutte le complessità e i costi connessi.

Si consideri che questa distinzione comporta inevitabilmente un certo grado di soggettività nella valutazione. Nell’esperienza applicativa si osservano spesso situazioni al limite della soglia di materialità, dove la classificazione dell’errore richiede un’analisi approfondita e la validazione del revisore legale dei conti.

Rivoluzione temporale: finestre drasticamente ridotte

Il decreto correttivo introduce vincoli temporali significativamente più stringenti rispetto al passato. La correzione deve necessariamente avvenire entro la data di chiusura dell’esercizio successivo a quello in cui gli elementi patrimoniali o reddituali sono stati erroneamente rilevati o avrebbero dovuto esserlo. Una finestra temporale che si restringe ulteriormente – e qui la norma mostra particolare attenzione agli aspetti procedurali – qualora l’impresa abbia ricevuto comunicazione formale dell’inizio di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento.

La relazione illustrativa fornisce un’importante precisazione: sono espressamente escluse dal novero delle attività che precludono la correzione le comunicazioni di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972. Si tratta di una specificazione tecnica cruciale che evita interpretazioni eccessivamente restrittive della normativa.

Nella casistica comune questa limitazione temporale rappresenta una sfida operativa significativa. Le imprese dovranno necessariamente implementare sistemi di controllo interno più tempestivi e accurati, specialmente quelle con cicli operativi complessi o attività stagionali che rendono più difficoltosa l’identificazione tempestiva degli errori.

IRAP: una disciplina ad hoc con finalità antielusive

Per l’imposta regionale sulle attività produttive, il legislatore ha previsto una disciplina specifica caratterizzata da maggiore selettività. La correzione degli errori contabili assume rilevanza fiscale solo quando il valore della produzione netta risulti positivo sia nell’esercizio in cui viene effettuata la correzione sia in quello in cui l’errore è stato originariamente commesso. Tale requisito deve essere verificato al netto degli effetti derivanti dalla stessa correzione.

La ratio di questa previsione appare chiaramente orientata a prevenire fenomeni manipolativi. Il legislatore ha voluto scongiurare strategie elusive basate sull’intenzionale posticipazione di componenti negativi da esercizi con base imponibile IRAP negativa verso esercizi successivi caratterizzati da imponibile positivo, aggirando così il divieto di riporto delle perdite proprio di questa imposta.

Tuttavia, questa soluzione – pur comprensibile sotto il profilo sistematico – rischia di generare trattamenti divergenti per il medesimo errore contabile a seconda che rilevi ai fini IRAP o IRES. Una criticità che nella pratica professionale si osserva frequentemente e che potrebbe richiedere ulteriori interventi chiarificatori.

Ampliamento soggettivo: le microimprese entrano in gioco

Parallelamente alla restrizione dell’ambito oggettivo, il decreto opera un’importante estensione soggettiva. Viene eliminato il requisito dell’applicazione della derivazione rafforzata come condizione per accedere alla disciplina semplificata. Sarà sufficiente l’assoggettamento a revisione legale del bilancio, indipendentemente dalla forma di redazione dello stesso.

Questa modifica consente alle microimprese che non redigono il bilancio in forma ordinaria di beneficiare delle procedure semplificate, purché i loro bilanci siano sottoposti a revisione legale. Un cambiamento che amplia considerevolmente la platea dei potenziali beneficiari, includendo numerose società di piccole dimensioni precedentemente escluse.

È opportuno notare che il requisito della revisione legale deve sussistere con riferimento al bilancio dell’esercizio in cui viene effettuata la correzione, non necessariamente a quello in cui l’errore è stato commesso. Una precisazione che semplifica notevolmente l’applicazione della norma per le imprese che hanno modificato nel tempo il loro assetto organizzativo.

Questioni interpretative irrisolte: il regime fiscale delle correzioni

Nonostante gli sforzi di chiarificazione, il decreto correttivo lascia irrisolto un aspetto fondamentale che presenta rilevante impatto pratico. Rimane infatti aperta la questione relativa al regime fiscale applicabile alle poste di correzione: se esse debbano concorrere alla formazione del reddito secondo le regole vigenti nell’esercizio della correzione oppure mantenere la qualificazione che avrebbero assunto nell’esercizio originario.

Le risposte dell’Agenzia delle Entrate hanno mostrato orientamenti “ibridi” che non forniscono una soluzione sistemica al problema. Nel caso dei canoni di leasing, ad esempio, viene mantenuta la natura originaria per la quota capitale (con applicazione delle limitazioni dell’art. 102, comma 7 del TUIR), mentre per gli interessi passivi si applicano le regole vigenti nell’esercizio di correzione (incluse le limitazioni dell’art. 96 del TUIR sul ROL disponibile).

Assonime, nella circolare n. 16 del 2025, aveva sollecitato un chiarimento definitivo su questo aspetto cruciale, ma l’appello non sembra essere stato accolto nella stesura del decreto. Una lacuna che lascia spazio a incertezze interpretative con potenziali ripercussioni significative sulla determinazione del carico fiscale effettivo.

Profili sanzionatori e tutele procedurali

Un aspetto particolarmente rilevante della nuova disciplina riguarda le implicazioni sanzionatorie. L’utilizzo corretto della procedura di correzione diretta non determina l’applicazione di sanzioni amministrative o penali per infedele dichiarazione. Tale precisazione, già emersa dalle risposte a interpello dell’Agenzia delle Entrate, trova ora conferma normativa espressa.

Tuttavia, questa tutela opera esclusivamente quando la correzione avviene nel rispetto di tutti i requisiti previsti dalla norma. La mancata osservanza dei termini o delle condizioni soggettive comporta automaticamente il ritorno al regime ordinario delle dichiarazioni integrative, con tutte le conseguenze sanzionatorie che ne derivano.

Si ritiene opportuno, in assenza di ulteriori chiarimenti, privilegiare interpretazioni prudenziali che minimizzino i rischi di contestazione, specialmente nelle situazioni al confine tra errori rilevanti e non rilevanti.

Impatti operativi e raccomandazioni strategiche

La nuova disciplina richiede una revisione sostanziale delle procedure di controllo interno delle imprese. L’identificazione tempestiva degli errori contabili diventa elemento strategico, non più solo di correttezza amministrativa ma di ottimizzazione fiscale.

Le imprese dovranno implementare sistemi di monitoraggio più sofisticati, capaci di individuare rapidamente le discrepanze e di valutarne la rilevanza secondo i parametri stabiliti dai principi contabili. La documentazione di queste valutazioni assume carattere fondamentale per dimostrare la correttezza dell’approccio adottato in caso di verifiche fiscali.

Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla gestione delle situazioni al limite della soglia di rilevanza, dove sarà necessario un coordinamento stretto tra management, revisori legali e consulenti fiscali per definire la strategia più appropriata.

Scenari futuri e sviluppi attesi

Il decreto correttivo, pur rappresentando un significativo passo avanti nella chiarificazione normativa, lascia aperti alcuni interrogativi che probabilmente richiederanno ulteriori interventi interpretativi. La giurisprudenza dovrà inevitabilmente pronunciarsi su aspetti controversi, in particolare sulla portata della valutazione di rilevanza degli errori e sui criteri di applicazione delle limitazioni temporali.

L’esperienza applicativa dei prossimi mesi fornirà elementi utili per valutare l’efficacia delle modifiche introdotte e l’eventuale necessità di ulteriori correttivi. Le criticità ricorrenti che emergeranno dalla pratica professionale potranno suggerire affinamenti della disciplina o chiarimenti amministrativi aggiuntivi.

La strada verso una piena armonizzazione tra contabilità e fiscalità è ancora lunga, ma le modifiche introdotte rappresentano un tassello importante in questo percorso di evoluzione del sistema tributario italiano.

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