Il legislatore ha messo la parola fine a una delle questioni più controverse degli ultimi anni in ambito tributario. Con il nuovo decreto correttivo – di imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – viene definitivamente neutralizzata la proroga dei termini di accertamento che derivava dalla sospensione pandemica del 2020. Si tratta di una svolta significativa che blocca gli effetti dell’articolo 67 del Decreto Cura Italia (D.L. 18/2020), quella norma che aveva creato non poche perplessità tra operatori e contribuenti. La questione, bisogna dirlo, si era trascinata per anni con interpretazioni contrastanti tra amministrazione finanziaria e giurisprudenza di merito.
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La genesi della controversia normativa
Durante l’emergenza sanitaria, il governo aveva previsto la sospensione dell’attività di accertamento per 85 giorni – dal 8 marzo al 31 maggio 2020. Una misura comprensibile, considerando il momento storico, ma che poi ha generato un effetto domino sui termini di notifica degli atti impositivi.
L’Agenzia delle Entrate, nella sua interpretazione ufficiale, aveva sostenuto che questa sospensione comportava automaticamente uno slittamento di 85 giorni per tutti i periodi d’imposta che risultavano “aperti” alla data del 17 marzo 2020. Parliamo quindi delle annualità 2016, 2017 e 2018. La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 960 del 15 gennaio 2025, ha definitivamente chiarito l’applicazione dell’art. 67 del D.L. 18/2020, ponendo termine a un lungo periodo di incertezza che aveva caratterizzato tanto la prassi amministrativa quanto l’orientamento giurisprudenziale di merito. Contestualmente, l’approvazione del decreto correttivo di giugno 2025 ha sancito l’abolizione delle disposizioni emergenziali con decorrenza dal 31 dicembre 2025, segnando il definitivo superamento del regime tributario pandemico.
Tale evoluzione normativa e giurisprudenziale si inserisce in un quadro più ampio di progressiva normalizzazione dell’attività di accertamento fiscale, che ha visto l’Amministrazione finanziaria confrontarsi con i complessi effetti della sospensione di 85 giorni sui termini decadenziali. La questione aveva assunto particolare rilevanza nella prassi professionale, determinando significative incertezze nella programmazione delle strategie di compliance e nella gestione del contenzioso tributario.
Il consolidamento giurisprudenziale attraverso le pronunce di legittimità
L’intervento nomofilattico della Suprema Corte si è reso necessario per dirimere un contrasto interpretativo che aveva visto contrapporsi orientamenti giurisprudenziali divergenti presso le Commissioni tributarie regionali. L’Ordinanza n. 960/2025 della Prima Sezione ha definitivamente accolto la tesi dell’applicazione “a cascata” della sospensione, confermando che gli effetti dell’art. 67, comma 1, del D.L. 18/2020 si estendono a tutti i termini di accertamento in corso durante il periodo di sospensione, indipendentemente dalla loro scadenza naturale.
La ratio decidendi si fonda sul principio secondo cui la disposizione emergenziale aveva carattere generale e non selettivo, determinando uno slittamento temporale uniforme di tutti i termini processuali e sostanziali pendenti durante il periodo 8 marzo – 31 maggio 2020. Il successivo Decreto n. 1630/2025 del 23 gennaio 2025 ha consolidato tale orientamento, dichiarando inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Commissioni tributarie di Gorizia e Lecce e confermando l’interpretazione sistematica dell’istituto.
Nella prassi applicativa, questo orientamento comporta l’estensione dei termini di accertamento per i periodi d’imposta dal 2016 al 2018 compresi, con la precisazione che per l’annualità 2019 la proroga trova applicazione esclusivamente nei casi di omessa dichiarazione o di raddoppio dei termini per violazioni penali tributarie.
L’abrogazione legislativa e la transizione al regime ordinario
Il decreto correttivo approvato nel giugno 2025 ha introdotto una clausola abrogativa espressa delle disposizioni di sospensione, stabilendo che a decorrere dal 31 dicembre 2025 l’art. 67, comma 1, del “Decreto Cura Italia” non trova più applicazione agli atti impositivi dell’Agenzia delle Entrate autonomamente impugnabili. Tale previsione rappresenta la formale conclusione del regime emergenziale e il ritorno alla disciplina ordinaria dei termini di accertamento.
L’intervento legislativo si colloca nell’ambito di una più ampia riforma del sistema degli adempimenti tributari, volta a razionalizzare i procedimenti amministrativi e a garantire maggiore certezza giuridica ai contribuenti. La scelta del legislatore di fissare una data certa per la cessazione degli effetti della sospensione risponde all’esigenza di superare definitivamente l’incertezza temporale che aveva caratterizzato l’applicazione della normativa emergenziale.
Sul piano procedurale, la disposizione abrogatrice trova coordinamento con le norme transitorie che disciplinano i rapporti giuridici sorti sotto il vigore del regime sospensivo, garantendo la salvaguardia delle posizioni acquisite e la continuità dell’azione amministrativa.
I termini di accertamento per le annualità 2016-2018: calcolo e scadenze
L’applicazione pratica del principio stabilito dalla Cassazione comporta specifiche implicazioni per i termini di accertamento delle annualità fiscali interessate dalla sospensione. Per il periodo d’imposta 2016, la scadenza ordinaria del 31 dicembre 2021 risulta prorogata al 26 marzo 2022, determinando un’estensione effettiva di 85 giorni solari.
L’annualità 2017 ha visto lo slittamento del termine dal 31 dicembre 2022 al 26 marzo 2023, mentre per il 2018 la proroga ha comportato l’estensione dal 31 dicembre 2023 al 26 marzo 2024. Il periodo d’imposta 2019 rappresenta l’ultima annualità interessata dalla sospensione, con il termine prorogato al 26 marzo 2025 per le sole ipotesi di omessa dichiarazione e raddoppio dei termini.
La metodologia di calcolo adottata dall’Amministrazione finanziaria si basa su una mera operazione aritmetica di addizione dei giorni di sospensione al termine ordinario, senza considerazione degli eventuali giorni festivi intermedi. Tale approccio, confermato dalla giurisprudenza di legittimità, garantisce uniformità applicativa e semplificazione procedurale.
La prassi amministrativa e l’implementazione operativa
L’Agenzia delle Entrate ha fornito un articolato quadro interpretativo attraverso una serie di circolari emanate nel corso del 2020, con particolare riferimento alla Circolare n. 11/E del 6 maggio 2020 che ha chiarito gli aspetti applicativi più rilevanti della sospensione. Tale documento ha precisato che la sospensione interessa esclusivamente i termini processuali e decadenziali, non impedendo lo svolgimento delle attività istruttorie e di controllo da parte degli uffici.
La Circolare n. 25/E del 20 agosto 2020 ha ulteriormente specificato che la sospensione opera automaticamente per tutti i termini in corso al momento dell’entrata in vigore del decreto, senza necessità di specifiche istanze da parte dei contribuenti o di provvedimenti ad hoc dell’Amministrazione.
Nel corso del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha emanato ulteriori chiarimenti operativi, confermando l’orientamento interpretativo che ha successivamente trovato avallo nella giurisprudenza di legittimità. La Circolare della Guardia di Finanza n. 0043494 del 14 febbraio 2022 ha coordinato le disposizioni sulla sospensione con le competenze investigative del Corpo, assicurando coerenza applicativa tra i diversi enti impositori.
L’evoluzione giurisprudenziale delle Commissioni tributarie regionali
Il percorso che ha condotto alla risoluzione definitiva della questione ha visto un significativo contrasto tra le Commissioni tributarie regionali, che si erano divise tra orientamenti favorevoli e contrari all’applicazione estensiva della sospensione. Le sezioni che avevano negato l’effetto a cascata, tra cui la CTR Campania con la sentenza n. 5925/7/24 e la CTR Udine con la pronuncia n. 77/3/24, si erano fondate su un’interpretazione restrittiva della norma emergenziale.
Per contro, le Commissioni che avevano accolto la tesi estensiva avevano evidenziato la natura eccezionale della disposizione e la necessità di una sua applicazione sistematica, in linea con la finalità di supporto all’Amministrazione finanziaria durante l’emergenza sanitaria. Tale orientamento aveva trovato significativo riscontro presso la CTR Lombardia e la CTR Lazio, che avevano anticipato la soluzione poi fatta propria dalla Cassazione.
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