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Dazi sui pacchi cinesi

Dazi sui pacchi cinesi sotto 150 euro: cosa cambia dal 2026

18 Novembre, 2025

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Dal 2026 l’Unione europea comincerà ad applicare dazi anche sui pacchi di valore inferiore a 150 euro provenienti da Paesi extra-Ue, colpendo in pieno il modello di business delle piattaforme di e-commerce come Shein, Temu e operatori simili. La misura nasce per arginare la sottovalutazione sistematica delle merci, chiudere una falla storica dell’unione doganale e rimettere sullo stesso piano le imprese europee rispetto ai colossi asiatici che alimentano il flusso di spedizioni “low cost”.

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🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Dal 2026 anche i pacchi sotto 150 € provenienti da Paesi extra-Ue potranno essere assoggettati a dazi doganali.
  • Nel 2028 la riforma diventerà a regime con l’avvio dell’EU Customs Data Hub, banca dati unica dei flussi doganali Ue.
  • Obiettivo principale: contrastare sottovalutazioni e frammentazioni artificiose degli invii, ristabilendo concorrenza con le imprese europee.
  • I numeri italiani mostrano un forte aumento delle dichiarazioni H7 e dazi sostanzialmente stabili: più pacchi esenti, stesso gettito.
  • La soglia dei 150 € resta centrale anche ai fini Iva, legata al regime IOSS e al ruolo di “fornitore presunto” delle piattaforme online.
  • Dal 1° luglio 2028 i venditori extra-Ue dovranno registrarsi in ogni Stato membro in cui vendono o nominare un rappresentante fiscale.
  • Per i consumatori europei è probabile un lieve aumento dei costi su alcuni acquisti “low cost”, soprattutto da grandi marketplace asiatici.

Fine dell’esenzione per i pacchi low cost extra-Ue

Fino ad oggi il sistema doganale europeo ha previsto una soglia di esenzione: per le spedizioni con valore dichiarato sotto i 150 euro non si applicano dazi. Questo regime era stato concepito molti anni fa, con un obiettivo tutto sommato ragionevole: semplificare gli adempimenti per i piccoli invii, considerati di modico valore.

La realtà si è però spostata. L’e-commerce ha trasformato quella che doveva essere una corsia veloce per pochi pacchi sporadici in un’autostrada per miliardi di spedizioni, spesso riconducibili a pochi grandi marketplace. Secondo le stime europee, circa il 65% dei pacchi che rientrano in questa soglia risulta sottovalutato o “spacchettato” artificialmente in più invii per restare sotto il limite.

La decisione politica assunta dall’Ecofin va in direzione opposta al passato: niente più corsia privilegiata, i dazi sui pacchi cinesi e in generale su quelli extra-Ue si applicheranno anche agli importi più bassi, con regole da rendere però gestibili sul piano operativo.

Perché l’Ue elimina la soglia dei 150 euro

Dietro la riforma non c’è solo un tema di gettito, che pure esiste. La Commissione europea ha messo nero su bianco che il problema principale è la concorrenza: un’impresa europea che importa regolarmente merce, paga dazi e Iva secondo il codice doganale dell’Unione, compete con operatori che riescono a far arrivare lo stesso prodotto direttamente al consumatore dentro un flusso quasi esente.

Nel 2024 le spedizioni e-commerce sotto i 150 euro destinate a clienti Ue hanno raggiunto 4,6 miliardi di unità. Si tratta soprattutto di piccoli pacchi, spesso spediti direttamente dal produttore cinese al cliente finale: il 91% di questi invii, secondo le cifre richiamate a Bruxelles, ha origine in Cina.

In questo contesto, l’abolizione della soglia appare come un tentativo di riportare un minimo di simmetria nel campo di gioco, senza bloccare il commercio digitale ma riducendo quella “zona grigia” che negli ultimi anni è diventata troppo ampia per essere ignorata.

Come funzionerà il regime transitorio dal 2026

Il nuovo sistema non partirà in un solo colpo. I ministri delle Finanze hanno concordato un percorso a tappe:

  • dal 2026 è previsto un regime transitorio, con procedure semplificate per la riscossione dei dazi sulle spedizioni oggi esenti;
  • dal 2028, con l’entrata in funzione dell’EU Customs Data Hub, la riforma diventerà pienamente operativa.

Il Customs Data Hub sarà una piattaforma digitale centralizzata che raccoglierà ed elaborerà i dati doganali di tutti gli Stati membri. In pratica, consentirà di incrociare in tempo quasi reale i flussi di pacchi, i valori dichiarati, i soggetti coinvolti. Uno strumento cruciale, perché l’abolizione della soglia ha senso solo se l’amministrazione riesce a controllare e gestire i dati, non solo a scrivere nuove norme.

Nell’attesa, dal 2026 gli Stati membri potranno usare un meccanismo semplificato di calcolo e riscossione dei dazi. I dettagli tecnici non sono ancora pubblici, ma è verosimile che si punti su aliquote standard per fasce di valore e su procedure digitalizzate per gli operatori postali e i corrieri.

Per dare un’idea concreta: un consumatore che ordina abbigliamento per 40 euro da una piattaforma extra-Ue potrebbe vedersi addebitare automaticamente un modesto importo di dazio in aggiunta all’Iva, calcolato direttamente nel check-out o dal corriere al momento dello sdoganamento.

Il confronto con Stati Uniti e Regno Unito

La scelta europea non si muove nel vuoto. Altre grandi economie stanno percorrendo una strada simile, anche se con tempistiche e modalità diverse.

Negli Stati Uniti l’amministrazione Trump ha già cancellato la regola del “de minimis”, che consentiva l’ingresso di beni e regali fino a 800 dollari senza dazi né imposte. Una soglia molto più alta di quella europea, ma che nel tempo aveva generato problemi simili: un’enorme quantità di pacchi in franchigia, difficilmente controllabili, sfruttati dagli stessi grandi player globali.

Nel Regno Unito si attende un intervento analogo, che dovrebbe essere inserito nella legge di bilancio del 26 novembre, nelle intenzioni della cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves. Anche Londra si trova a gestire un flusso di spedizioni a basso valore dichiarato, spesso collegate a piattaforme con base in Asia, che mette pressione sul sistema doganale e sugli operatori domestici.

Questo allineamento tra Ue, Usa e Regno Unito indica un cambio di paradigma: l’epoca in cui i piccoli pacchi extra-Ue potevano muoversi quasi “invisibili” alle dogane sembra avviarsi alla chiusura.

I numeri italiani dell’invasione dei pacchi cinesi

L’Italia è uno dei Paesi dove il fenomeno è esploso con maggiore evidenza. Il Rapporto di verifica 2024 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, richiamato dalla stampa specializzata, offre qualche cifra utile per capire.

Nel 2024:

  • le dichiarazioni doganali complessive liquidate sono passate da 59,8 a 93,6 milioni, con un aumento del 56,6%;
  • le dichiarazioni di tipo H7, cioè quelle relative ai pacchi sotto la soglia dei 150 euro, sono salite da 54,2 a 87,5 milioni, con un balzo del 61,5%.

Quindi crescono soprattutto gli invii di piccolo importo, quelli tipici dell’e-commerce diretto al consumatore finale. Eppure gli incassi da dazi restano sostanzialmente stabili: 2,941 miliardi nel 2023 contro 2,959 miliardi nel 2024, un incremento dello 0,6%.

Si può riassumere così: più pacchi, molti più pacchi, ma quasi gli stessi dazi. Un segnale abbastanza chiaro che l’incremento dei volumi riguarda in larghissima parte merci oggi esenti, cioè proprio quelle colpite dalla futura riforma sui dazi sui pacchi cinesi e più in generale extra-Ue.

IVA, soglia dei 150 euro e ruolo del regime IOSS

Il tema dei 150 euro non riguarda solo i dazi. È una soglia che si colloca in un’area di intersezione tra normativa doganale e normativa Iva. Qui il confronto politico è stato più complesso.

A maggio i ministri delle Finanze Ue non sono riusciti a trovare un’intesa sull’abolizione del limite ai fini Iva. La stessa soglia infatti:

  • definisce le procedure semplificate applicabili alle importazioni di modico valore;
  • fa da riferimento per l’applicazione del regime speciale Import One Stop Shop (IOSS);
  • rileva per qualificare le piattaforme online come “fornitori presunti”, rendendole responsabili del versamento dell’Iva nei rapporti con il consumatore finale.

Toccare la soglia avrebbe implicato una riscrittura coordinata di più blocchi normativi, tra codice doganale dell’Unione e direttiva Iva. Un intervento molto ampio, con effetti su tutta la filiera degli operatori, dai marketplace ai corrieri.

Su un punto però l’Ecofin ha trovato un accordo: il rafforzamento dell’IOSS. In pratica, i venditori extra-Ue che non aderiscono al regime saranno tenuti a registrarsi in ciascuno Stato membro in cui effettuano vendite o, in alternativa, a nominare un rappresentante fiscale.

Gli Stati membri avranno tempo fino al 30 giugno 2028 per recepire le nuove regole. Le disposizioni entreranno in vigore dal 1° luglio 2028. Il messaggio è chiaro: chi vende stabilmente nel mercato unico dovrà esporsi fiscalmente, non potrà più contare su una presenza “leggera” difficilmente aggredibile.

Effetti pratici per piattaforme, venditori e consumatori

In prospettiva, la combinazione tra dazi sui pacchi di basso valore e rafforzamento dell’IOSS ridisegna i rapporti tra tre soggetti:

I) Le grandi piattaforme extra-Ue
Dovranno adeguare i propri sistemi per calcolare e addebitare correttamente dazi e Iva, distinguendo tra Paesi e soglie. Il loro ruolo di “fornitore presunto”, già previsto dalle norme Iva, viene consolidato di fatto anche sul piano doganale. Nella prassi questo può tradursi in maggiori costi di compliance, ma anche in un controllo più stretto su chi vende attraverso il marketplace.

II) I venditori terzi che usano i marketplace
Per molti piccoli operatori extra-Ue si chiude una finestra di opportunità. Il modello basato su spedizioni frammentate, valori dichiarati sempre al limite dei 150 euro e scarsa visibilità fiscale diventerà molto più rischioso. Molti saranno spinti ad appoggiarsi a magazzini intra-Ue o a intermediari che si fanno carico degli adempimenti doganali, con un aumento dei costi ma anche con una maggiore strutturazione del business.

III) I consumatori europei
Per chi compra, la traduzione immediata è semplice: gli articoli ultra-economici spediti da fuori Ue potrebbero diventare un po’ meno convenienti. Non c’è un obiettivo dichiarato di penalizzare i consumatori, ma la compressione estrema dei prezzi che abbiamo visto negli ultimi anni si reggeva anche sull’assenza di dazi. Il conto, almeno in parte, verrà presentato.

Si consideri un esempio. Un consumatore italiano ordina un accessorio elettronico da 25 euro su una piattaforma cinese. Con il nuovo regime:

  • la merce sarà comunque soggetta a Iva italiana, come oggi;
  • potrà scattare una forma semplificata di dazio, magari di pochi euro, a seconda della categoria merceologica;
  • il marketplace o il corriere dovranno gestire e documentare il pagamento, con dati che confluiranno nel Customs Data Hub.

Per il cliente finale la differenza potrà sembrare minima sul singolo ordine, ma su migliaia di acquisti i costi complessivi per il sistema cambieranno.

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