La Suprema Corte, attraverso l’ordinanza n. 23580 del 20 agosto 2025, ha fornito un quadro interpretativo rigoroso sui criteri per l’accertamento dell’esistenza di una società di fatto in ambito fiscale, chiarendo gli elementi costitutivi necessari e distinguendo tra mera apparenza del vincolo sociale e sua effettiva sussistenza. La decisione si inserisce in un orientamento consolidato che privilegia la sostanza economica delle operazioni rispetto alle mere formalità esteriori.
- La Cassazione (ord. n. 23580 del 20/08/2025) chiarisce che per l’accertamento di una “società di fatto” occorre la prova rigorosa di tutti gli elementi costitutivi (esercizio intenzionale dell’attività, conferimenti e affectio societatis).
- La mera apparenza del vincolo societario verso i terzi non è sufficiente a far sorgere la responsabilità fiscale, serve il concreto esercizio in comune dell’attività.
- L’onere della prova grava sull’Amministrazione, anche mediante presunzioni, ma su basi oggettive e verificabili.
- Il “fine di lucro” è elemento comune ad ogni operazione economica, ma non basta a integrare una società di fatto.
- La giurisprudenza più recente richiede che tutti gli elementi del vincolo societario risultino provati e non solo alcuni elementi indiziari.
Elementi costitutivi del vincolo societario di fatto
Secondo i giudici di legittimità, l’identificazione di una società di fatto presuppone la dimostrazione rigorosa di tutti gli elementi costitutivi del vincolo societario. L’Amministrazione finanziaria deve provare l’esistenza concreta di questi presupposti, anche attraverso elementi presuntivi, ma sempre con riferimento a circostanze oggettive e verificabili.
Il primo elemento riguarda l’intenzionale esercizio in comune di un’attività commerciale, anche di carattere occasionale, finalizzata al conseguimento di lucro. Questo aspetto richiede una valutazione che vada oltre la mera coesistenza di soggetti in un’operazione economica. La giurisprudenza ha talvolta interpretato con particolare attenzione il concetto di “intenzionalità”, richiedendo la prova di un accordo, anche tacito, tra i presunti soci.
Il secondo presupposto concerne il conferimento dei necessari beni e servizi, elemento che l’Amministrazione è tenuta a dimostrare specificamente. La prassi applicativa ha evidenziato come non sia sufficiente la mera compartecipazione a un’operazione per configurare un conferimento societario nel senso tecnico del termine.
L’affectio societatis come elemento qualificante
Nella casistica comune emerge con particolare rilevanza l’affectio societatis, ovvero il vincolo di collaborazione orientato verso l’esercizio dell’attività imprenditoriale. Questo elemento viene qualificato dalla dottrina commercialistica come quello principale e risulta sufficiente a far sorgere la responsabilità solidale dei soci secondo l’art. 2297 c.c.
L’esteriorizzazione del vincolo sociale costituisce la principale manifestazione dell’affectio societatis. Si consideri che l’idoneità della condotta complessiva di uno dei soci a ingenerare all’esterno il ragionevole affidamento circa l’esistenza della società rappresenta il principale indizio corroborativo dell’esistenza di una società di fatto.
Tuttavia, è opportuno notare che la sola apparenza del vincolo sociale nei confronti dei terzi non costituisce un autonomo titolo della responsabilità fiscale dei soci. L’obbligazione tributaria nasce ex lege solamente al concreto verificarsi del presupposto dell’imposizione, mentre l’apparenza rappresenta uno dei possibili indici rivelatori della reale esistenza della società.
Il caso specifico: limiti dell’accertamento amministrativo
Nel caso esaminato dalla Cassazione, l’Agenzia delle Entrate aveva ipotizzato l’esistenza di una società di fatto tra due cognati per la realizzazione e vendita di appartamenti ad Agrigento. Gli elementi addotti comprendevano la concessione edilizia comunale, il contratto di appalto per la costruzione e il contratto preliminare di vendita mista a permuta per 2 milioni di euro.
La Suprema Corte ha ritenuto insufficienti questi elementi per dimostrare l’esistenza di una società di fatto. Nella pratica professionale si osserva come l’Amministrazione sia onerata della prova non solo dell’apparenza del vincolo societario, ma anche dell’intenzionale esercizio in comune dell’attività commerciale e del conferimento dei necessari beni e servizi ai sensi dell’art. 2247 c.c.
Criticità ricorrenti nella valutazione del fine di lucro
La decisione è condivisibile per un aspetto spesso trascurato: il fine di lucro, pur presente in qualsiasi realizzazione immobiliare destinata alla vendita, non costituisce l’elemento decisivo per dimostrare l’esistenza di una società di fatto. Il fine lucrativo è comune a qualunque operazione economica.
Come spesso accade nella valutazione di queste fattispecie, se si argomentasse diversamente, qualunque costruzione di un immobile su terreno in comproprietà, successivamente messo a rendita, dovrebbe necessariamente configurare una fattispecie societaria. Questa interpretazione estensiva risulterebbe eccessiva e non coerente con i principi civilistici.
Aspetti probatori e valutazione giudiziale
Gli accertamenti relativi all’esistenza di una società di fatto si risolvono nell’apprezzamento di elementi di fatto. Secondo quanto previsto dalla giurisprudenza consolidata, tali valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità se sorrette da motivazioni adeguate e immuni da vizi logici o giuridici.
La mancanza della prova scritta del contratto di costituzione (non richiesta dalla legge per la validità) non impedisce al giudice di merito l’accertamento mediante ogni mezzo di prova previsto dall’ordinamento. Sono ammesse le presunzioni semplici, purché all’esito di una rigorosa valutazione del complesso delle circostanze idonee a rivelare l’esercizio in comune di un’attività imprenditoriale.
Nell’esperienza applicativa risultano rilevanti il fondo comune costituito dai conferimenti, l’alea comune dei guadagni e delle perdite, e il vincolo di collaborazione reso evidente nei confronti dei terzi.
Orientamenti giurisprudenziali recenti
L’orientamento espresso nell’ordinanza n. 23580/2025 si colloca in continuità con la sentenza della Cassazione n. 2123/2025, che aveva già chiarito i presupposti per l’accertamento fiscale delle società di fatto. La giurisprudenza ha talvolta interpretato con particolare rigore i requisiti probatori, richiedendo che l’Amministrazione fornisca elementi concreti e non meramente indiziari.
Si deve considerare che i legami di parentela tra le parti costituiscono un elemento da valutare attentamente nella verifica della sussistenza del vincolo societario. La presenza di rapporti familiari non esclude la configurabilità di una società di fatto, ma richiede una valutazione più approfondita degli elementi sostanziali.
La recente giurisprudenza di legittimità ha inoltre precisato che l’accertamento dell’esistenza di una società di fatto richiede la dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi del vincolo societario, non potendosi limitare alla verifica di singoli aspetti isolati.