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Crediti d’imposta inesistenti: il ravvedimento operoso non salva dalle sanzioni penali

18 Giugno, 2025

La recente evoluzione del sistema sanzionatorio tributario, successiva alle modifiche apportate dal Decreto Legge n. 124 del 2019, continua a presentare lacune significative nella disciplina dei crediti d’imposta inesistenti. L’analisi della normativa vigente evidenzia una disparità di trattamento sistematica che, nella prassi applicativa, genera conseguenze giuridiche di particolare gravità per i contribuenti coinvolti in fattispecie di compensazione indebita di crediti privi di fondamento sostanziale. Il quadro normativo attuale mantiene una distinzione cruciale tra diverse tipologie di condotte illecite, stabilendo regimi sanzionatori differenziati che pur apparentemente giustificati dalla diversa gravità delle violazioni presentano profili di incoerenza sistematica difficilmente compatibili con i principi di proporzionalità e ragionevolezza che dovrebbero informare l’intero ordinamento punitivo tributario.

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Articolazione normativa delle fattispecie penali: analisi sistematica

L’articolo 10-quater del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 delinea un sistema articolato di sanzioni penali per l’indebita utilizzazione di crediti d’imposta, strutturato su due distinte tipologie di condotte illecite caratterizzate da elementi costitutivi e conseguenze sanzionatorie differenziate.

Il comma 2 della disposizione citata punisce con reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute utilizzando crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro. La fattispecie si caratterizza per la particolare gravità della condotta, fondata sull’utilizzo di crediti privi ab origine dei presupposti costitutivi essenziali.

Il precedente comma 1 stabilisce invece una pena da sei mesi a due anni per l’utilizzo di crediti d’imposta non spettanti per un importo superiore al medesimo limite quantitativo. La distinzione tra le due fattispecie non è meramente graduatoria ma sostanziale, investendo la natura stessa dei crediti oggetto di indebita compensazione.

Definizione giuridica dei crediti inesistenti: elementi costitutivi

I crediti d’imposta inesistenti, secondo l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale consolidata, sono quelli caratterizzati dall’assenza totale o parziale dei presupposti costitutivi essenziali. Rientrano in questa categoria i crediti carenti dei requisiti oggettivi previsti dalla normativa istitutiva del beneficio fiscale, nonché quelli privi dei requisiti soggettivi necessari per l’attribuzione del diritto. La casistica comprende altresì i crediti basati su rappresentazioni fraudolente della realtà fattuale, supportati da documentazione materialmente o ideologicamente falsa ovvero creati attraverso simulazioni contrattuali o artifici di varia natura.

La giurisprudenza di legittimità ha precisato che l’inesistenza del credito deve essere valutata con riferimento agli elementi costitutivi stabiliti dalla specifica disciplina normativa, non potendo configurarsi una nozione generale e astratta di inesistenza applicabile indistintamente a tutte le tipologie di crediti d’imposta.

Crediti non spettanti: configurazione giuridica e casistica applicativa

I crediti d’imposta non spettanti presentano una configurazione giuridica diversa, caratterizzandosi per l’esistenza formale del diritto al credito ma per la sua indebita fruizione. Nell’esperienza applicativa, questa categoria comprende i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle disposizioni normative di riferimento, quelli utilizzati in misura eccedente rispetto ai limiti quantitativi stabiliti dalla legge e i crediti fruiti oltre i termini temporali previsti per la loro utilizzazione, con particolare riferimento alle annualità di fruizione per i crediti pluriennali.

Si considerino inoltre i crediti basati su fatti esistenti ma non rientranti nella disciplina attributiva del beneficio, nonché quelli utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi previsti a pena di decadenza.

Un esempio paradigmatico è rappresentato dal credito per investimenti in ricerca e sviluppo fruito oltre i limiti annuali di utilizzazione previsti dalla normativa, oppure dal credito per zone economiche speciali utilizzato senza il preventivo rilascio delle autorizzazioni amministrative richieste dalla disciplina di settore.

Ravvedimento operoso: efficacia differenziata e problematiche applicative

L’istituto del ravvedimento operoso, disciplinato dall’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 472 del 1997, consente per entrambe le fattispecie la regolarizzazione attraverso il riversamento del credito indebitamente utilizzato, maggiorato delle sanzioni ridotte e degli interessi di mora. Tuttavia, l’efficacia dell’istituto presenta significative differenziazioni sotto il profilo penale.

Dal punto di vista amministrativo, il perfezionamento del ravvedimento operoso unitamente alle altre procedure conciliative e di adesione previste dall’ordinamento tributario garantisce per entrambe le fattispecie la regolarizzazione della posizione fiscale del contribuente attraverso l’applicazione di sanzioni amministrative ridotte rispetto a quelle edittali ordinarie, la cessazione degli effetti delle procedure di recupero in corso e la definizione dei rapporti tributari pendenti relativi alla specifica violazione.

Questa uniformità di trattamento a livello amministrativo contrasta con la marcata differenziazione degli effetti penali, generando un sistema complessivo caratterizzato da significative asimmetrie.

Copertura penale: la disparità di trattamento normativo

L’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 stabilisce una causa di non punibilità applicabile esclusivamente al reato di compensazione di crediti d’imposta non spettanti. La disposizione prevede che il contribuente non sia punibile se provvede, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, a riversare integralmente i crediti indebitamente compensati, unitamente alle sanzioni amministrative e agli interessi dovuti.

Questa causa di non punibilità presenta caratteristiche di particolare favore per il contribuente, determinando l’estinzione completa della responsabilità penale attraverso la mera regolarizzazione economica della posizione tributaria.

Per la compensazione di crediti inesistenti oltre soglia, il legislatore ha invece previsto esclusivamente l’applicazione delle circostanze attenuanti disciplinate dall’articolo 13-bis del Decreto Legislativo n. 74 del 2000. In base a questa disposizione, l’estinzione del debito tributario prima della chiusura del dibattimento di primo grado comporta la permanenza del reato e della relativa responsabilità penale, la diminuzione delle pene fino alla metà e l’esclusione dell’applicazione delle pene accessorie.

La differenza di trattamento è evidente: mentre per i crediti non spettanti è possibile ottenere la completa estinzione della responsabilità penale, per i crediti inesistenti permane una responsabilità penale attenuata ma non eliminata.

Il confronto con la disciplina della falsa fatturazione

L’analisi comparativa con altre fattispecie di reato tributario evidenzia profili di incoerenza sistematica particolarmente significativi. L’articolo 13, comma 2, del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 prevede per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti una specifica causa di non punibilità.

Per la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, il contribuente non è punito se estingue integralmente i debiti tributari prima di avere formale conoscenza di accessi presso i locali aziendali, ispezioni documentali, verifiche fiscali, inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o procedimenti penali.

Le condizioni per l’applicazione della causa di non punibilità sono particolarmente rafforzate, richiedendo l’estinzione del debito in una fase temporale antecedente rispetto a quella prevista per i crediti non spettanti. Tuttavia, la fattispecie della falsa fatturazione non prevede alcuna soglia quantitativa di punibilità, è considerata ontologicamente più grave nel panorama dei reati tributari e coinvolge meccanismi di frode documentale particolarmente sofisticati.

La contraddizione sistematica emerge con evidenza: la fattispecie più grave del diritto penale tributario beneficia di una causa di non punibilità, mentre l’indebita compensazione di crediti inesistenti pur caratterizzata da modalità esecutive analoghe ne rimane priva.

Profili di illegittimità costituzionale e principi di ragionevolezza

La disparità di trattamento delineata potrebbe configurare profili di illegittimità costituzionale per violazione dell’articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo del principio di uguaglianza. La mancanza di una ragionevole giustificazione per la differenziazione di trattamento tra fattispecie di analoga gravità potrebbe essere oggetto di censura in sede di controllo di costituzionalità.

Inoltre, la disciplina attuale potrebbe porsi in contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza delle sanzioni penali, nella misura in cui stabilisce un regime più severo per condotte caratterizzate da un disvalore sociale non necessariamente superiore rispetto a quelle beneficiarie di cause di non punibilità.

Problematiche interpretative nella prassi applicativa

L’esperienza applicativa evidenzia significative difficoltà nella distinzione concreta tra crediti inesistenti e non spettanti, con conseguenti problemi di qualificazione giuridica delle condotte. La sottile linea di demarcazione tra le due fattispecie può dipendere da valutazioni interpretative complesse, con implicazioni decisive sul regime sanzionatorio applicabile.

Nella pratica professionale si riscontrano frequentemente situazioni caratterizzate da elementi di ambiguità qualificatoria, quali i crediti basati su interpretazioni normative controverse ma non manifestamente infondate, i crediti fruiti in presenza di prassi amministrative successive modificate o superate, i crediti utilizzati in presenza di documentazione formalmente corretta ma sostanzialmente inadeguata e i crediti compensati in violazione di adempimenti procedurali la cui rilevanza sostanziale è dibattuta.

In questi casi, l’errore nella qualificazione giuridica può comportare l’applicazione di un regime sanzionatorio significativamente più severo, con la possibilità di responsabilità penale non eliminabile attraverso il ravvedimento operoso.

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