Il settore sportivo italiano vive una fase di profonda trasformazione normativa. L’ultima tappa di questo percorso evolutivo porta la firma del D.L. 96/2025, convertito con legge 8 agosto 2025, n. 119, che ha introdotto modifiche sostanziali alla durata massima dei contratti di lavoro subordinato sportivo. Un cambiamento che – diciamolo subito – segna una svolta epocale per le strategie gestionali delle società sportive. La novità più significativa? I contratti di lavoro subordinato sportivo possono ora estendersi fino a otto anni, superando il precedente limite di cinque anni stabilito dalla riforma del 2021. Una misura che il ministro per lo Sport Andrea Abodi ha definito “fondamentale per garantire maggiore stabilità ai rapporti contrattuali nel settore”.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- La durata massima dei contratti di lavoro subordinato sportivo passa da 5 a 8 anni grazie al D.L. 96/2025 (L. 119/2025).
- L’obbligo di adeguamento riguarda federazioni, enti di promozione, professionisti e dilettanti dal 10 agosto 2025.
- Nel professionismo lo scenario cambia: più tempo per ammortizzare investimenti, ma valgono sempre le regole UEFA/FIFA (ammortamento solo 5 anni).
- Nel dilettantismo la novità interessa specialmente le società di alto livello e comporta aggiornamenti regolamentari diffusi.
- Il lavoratore sportivo viene definito in modo ampio (atleta, allenatore, tecnico ecc. verso corrispettivo) ma sono escluse le mansioni amministrative.
- Procedura: obbligo di comunicazione telematica al Registro delle attività sportive dilettantistiche, sanzioni se omessa.
- Rimangono invariati il limite esenzione 15.000 € annui per compensi dilettantistici e l’aliquota Inps ordinaria (33%) per subordinati.
- Confronto UE: solo in Italia si arriva a 8 anni; in Francia massimo 5, in Germania nessun limite generale.
Genesi normativa e contesto della riforma
L’intervento legislativo si inserisce nel quadro più ampio del cosiddetto “decreto Sport”, un provvedimento che nasce principalmente per disciplinare i grandi eventi sportivi internazionali che l’Italia ospiterà nei prossimi anni. Milano-Cortina 2026, i Giochi del Mediterraneo di Taranto, le Finali ATP: eventi che richiedevano un adeguamento normativo mirato.
Ma il decreto va oltre. L’articolo 11 del provvedimento introduce il nuovo art. 26-bis del D.Lgs. 36/2021, dedicato alle “Clausole per la durata dei contratti sportivi subordinati”. Una denominazione tecnica che nasconde un impatto pratico notevole.
Il comma 1 dell’articolo 26-bis stabilisce infatti che “a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione” – vale a dire dal 10 agosto 2025 – federazioni sportive nazionali ed enti di promozione sportiva devono procedere all’adeguamento degli accordi collettivi. Un obbligo che riguarda tanto il settore professionistico quanto quello dilettantistico, come chiarisce esplicitamente il secondo comma della norma.
Ricadute operative nel mondo del professionismo
Nel settore professionistico, l’estensione a otto anni apre scenari inediti. Prendiamo il calcio: oggi una società che investe su un giovane talento può pianificare un rapporto contrattuale di lunga durata, ammortizzando gli investimenti formativi su un orizzonte temporale più ampio.
La giurisprudenza sportiva ha talvolta interpretato in modo restrittivo i vincoli temporali sui contratti. Ora, con la nuova disciplina, si apre uno spazio di manovra significativo. Tuttavia – è opportuno sottolinearlo – restano ferme le regole internazionali sulla sostenibilità finanziaria. FIFA e UEFA mantengono i propri parametri sull’ammortamento dei costi di acquisizione, tipicamente limitati a cinque esercizi contabili.
Come conciliare questa apparente contraddizione? Le società dovranno sviluppare strategie contrattuali più sofisticate, bilanciando la durata effettiva del rapporto con le esigenze di bilancio imposte dagli organismi internazionali.
L’adeguamento nel settore dilettantistico
Nel comparto dilettantistico la situazione presenta caratteristiche diverse. Qui il lavoro subordinato rappresenta ancora un’eccezione piuttosto che la regola. La prassi consolidata vede prevalere le collaborazioni coordinate e continuative, specialmente per figure come istruttori e allenatori.
Tuttavia, l’estensione a otto anni può rivelarsi strategica per quelle società dilettantistiche che operano ai livelli più elevati. Si pensi alle formazioni di Serie D o ai settori giovanili di eccellenza: contesti dove investimenti pluriennali su tecnici qualificati possono fare la differenza.
La norma prevede che anche gli enti di promozione sportiva – non solo le federazioni – debbano adeguare i propri regolamenti. Un aspetto spesso trascurato che coinvolge migliaia di realtà territoriali.
Quadro definitorio del lavoratore sportivo
Per comprendere appieno l’impatto della riforma occorre richiamare la definizione di lavoratore sportivo contenuta nell’art. 25 del D.Lgs. 36/2021. Il legislatore ha optato per un approccio inclusivo, che abbraccia “atleta, allenatore, istruttore, direttore tecnico, direttore sportivo, preparatore atletico e direttore di gara”.
Il requisito fondamentale? L’esercizio dell’attività sportiva “verso un corrispettivo” a favore di soggetti dell’ordinamento sportivo regolarmente iscritti. La definizione esclude esplicitamente le “mansioni di carattere amministrativo-gestionale”, una precisazione che nella pratica applicativa ha generato non pochi contenziosi.
Si consideri che ogni tesserato che svolge mansioni necessarie per l’attività sportiva può configurarsi come lavoratore sportivo. Un perimetro ampio che richiede valutazioni caso per caso.
Tipologie contrattuali e criteri di distinzione
Area del lavoro subordinato
Nel settore professionistico il lavoro subordinato rappresenta la forma contrattuale prevalente. L’art. 26 del D.Lgs. 36/2021 definisce questo tipo di rapporto come “attività principale, ovvero prevalente, e continuativa” prestata all’interno della società.
La durata massima passa ora da cinque a otto anni. Ma attenzione: la norma mantiene la possibilità di reiterazione fino a 24 mesi, secondo quanto già previsto dalla disciplina generale sui contratti a termine.
Configurazione autonoma dei rapporti
Il lavoro autonomo si configura quando ricorrono specifiche condizioni. L’art. 26 individua quattro ipotesi tipiche:
- attività limitata a una singola manifestazione sportiva
- prestazioni riferite a più manifestazioni collegate temporalmente
- atleta non contrattualizzato formalmente
- prestazione sportiva inferiore alle otto ore settimanali
Una casistica che nella pratica professionale si rivela più complessa di quanto possa apparire. La giurisprudenza ha consolidato orientamenti restrittivi sulla qualificazione dei rapporti, privilegiando la sostanza sulla forma.
Collaborazioni nel settore dilettantistico
Nell’area dilettantistica opera una presunzione normativa particolare. Il lavoro sportivo si presume “oggetto di contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa” quando sussistono due requisiti cumulativi.
Il primo riguarda la durata: le prestazioni, pur continuative, non devono superare 24 ore settimanali (escluso il tempo dedicato alle manifestazioni sportive). Il secondo attiene al coordinamento: le prestazioni devono risultare coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti federali.
Si tratta di una presunzione iuris tantum, superabile quando emergano elementi di subordinazione effettiva. La prassi amministrativa ha chiarito che la valutazione deve essere condotta caso per caso, senza automatismi.
Profili procedurali e adempimentali
Le società e associazioni sportive devono comunicare al Registro delle attività sportive dilettantistiche i dati necessari all’individuazione del rapporto di lavoro sportivo. Questa comunicazione sostituisce gli obblighi verso i centri per l’impiego previsti dalla normativa generale.
Un aspetto procedurale di rilievo: l’omessa comunicazione comporta l’applicazione delle sanzioni previste per le violazioni degli obblighi di comunicazione dei rapporti di lavoro. Sanzioni che possono raggiungere importi significativi, specialmente per le società con numerosi tesserati.
Il Registro telematico rappresenta uno strumento di semplificazione, ma richiede attenzione nella compilazione. I dati trasmessi vengono messi a disposizione del Ministero del Lavoro e degli enti cooperanti, creando un flusso informativo integrato.
Impatti fiscali e contributivi
Dal punto di vista fiscale e contributivo i principi generali rimangono invariati. Nel settore dilettantistico persiste il limite di esenzione di 15.000 euro annui per i compensi sportivi. Oltre questa soglia, l’eccedenza concorre alla formazione del reddito imponibile.
Per i rapporti subordinati si applica la disciplina ordinaria, con iscrizione al Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi presso l’INPS. L’aliquota contributiva è pari al 33%, ripartita tra datore di lavoro e lavoratore secondo i criteri generali.
Le collaborazioni coordinate rientrano nella Gestione Separata INPS, con aliquote ridotte fino al 31 dicembre 2027. Una misura transitoria che agevola l’adeguamento delle società alle nuove regole.
Sostenibilità finanziaria e regole internazionali
L’estensione a otto anni deve fare i conti con le regole sulla sostenibilità finanziaria imposte dalle federazioni internazionali. Nel calcio, il Financial Fair Play UEFA limita l’ammortamento dei costi di acquisizione a cinque anni.
Come spesso accade nel diritto sportivo, emerge una tensione tra normativa nazionale e regolamentazione internazionale. Le società dovranno sviluppare modelli contrattuali che rispettino entrambi i set di regole.
Una possibile soluzione? Contratti di otto anni con clausole di adeguamento che tengano conto dei vincoli internazionali. La creatività contrattuale diventa elemento strategico.