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Conferma d’ordine contratti: validità secondo la Cassazione 2025

24 Settembre, 2025

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La Suprema Corte torna a pronunciarsi sui meccanismi di perfezionamento degli accordi commerciali attraverso documenti ricognitivi. Una sentenza della seconda sezione civile dello scorso giugno (n. 15095/2025) ha infatti chiarito – ancora una volta – quando e come i famosi moduli denominati “conferma d’ordine” o “conferma di compravendita” possano considerarsi strumenti validi per sigillare un contratto.

La vicenda partiva da una questione tutto sommato ricorrente: una società agricola si era vista contestare l’inadempimento degli obblighi derivanti da una fornitura di granoturco. L’acquirente aveva fatto valere un lodo arbitrale, ma la società fornitrice aveva opposto, come spesso accade, l’assenza di un contratto validamente concluso.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • La Cassazione 2025 ribadisce la piena validità della conferma d’ordine come documento contrattuale, purché rispetti gli usi del settore e gli obblighi di legge; fondamentale il ruolo del mediatore.
  • Il contratto è da considerarsi concluso spesso già con l’accordo verbale, mentre il documento scritto ha funzione ricognitiva e confermativa dell’intesa.
  • La successiva firma del modulo conferma solo le condizioni pattuite ed equivale a rinuncia a opporsi, a meno che non risulti chiara volontà contro gli usi.
  • Attenzione ai tempi di revoca: sono inefficaci se successivi all’accordo verbale già raggiunto tra le parti.
  • È consigliato documentare le trattative verbali, richiamare esplicitamente gli usi del settore e rispettare gli adempimenti mediatori previsti dall’articolo 1760 c.c.

Intese verbali e documenti di conferma

Il caso si inserisce nella prassi commerciale più consolidata, quella dove le parti – magari attraverso l’intervento di un mediatore – raggiungono prima un’intesa verbale, poi la cristallizzano in un documento scritto. Ma quando questo schema può considerarsi davvero efficace? E soprattutto, quando il silenzio o un tentativo di revoca tardiva non compromettono la validità dell’accordo?

I giudici di piazza Cavour hanno fornito risposte precise. Secondo la Cassazione, la conferma d’ordine contratti rappresenta uno strumento perfettamente idoneo alla conclusione di accordi commerciali, purché rispetti determinati parametri normativi e di prassi. In particolare, l’articolo 1760 numero 3 del codice civile assume un ruolo centrale quando il documento viene trasmesso da un mediatore professionale.

Schema negoziale e articolo 1760 del codice civile

La questione si complica quando entra in gioco la figura del mediatore. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, la società agricola aveva sostenuto che il contratto non poteva considerarsi concluso perché aveva revocato la proposta prima di ricevere l’accettazione formale dalla controparte. Un ragionamento che, a prima vista, potrebbe sembrare sensato – almeno sulla base dell’articolo 1328 del codice civile.

Ma i giudici hanno smontato questa impostazione pezzo per pezzo. La Corte ha precisato come non si trattasse di un contratto tra parti lontane, bensì di uno schema in cui l’accordo verbale precedente veniva semplicemente “trasfuso” nel documento scritto. Il mediatore, secondo quanto previsto dalla normativa, aveva predisposto e sottoscritto il modulo, inviandolo poi a entrambe le parti non per sancire la conclusione del contratto, ma quale “atto ricognitivo e confermativo” dell’intesa già raggiunta oralmente.

Usi commerciali e clausole d’uso

Il secondo aspetto della pronuncia riguarda il peso degli usi commerciali. I giudici hanno infatti sottolineato come il modello operativo utilizzato risultasse “conforme a quanto previsto dagli usi dell’associazione granaria emiliano-romagnola” e dal Regolamento della Borsa Merci di Bologna, espressamente richiamati nel documento firmato dalle parti.

L’articolo 1340 del codice civile gioca qui un ruolo fondamentale. Gli usi negoziali – quelli seguiti da una determinata categoria di operatori su base territoriale o settoriale – operano in funzione integrativa della volontà dei contraenti. E vincolano le parti anche quando queste li ignorano, a meno che non risulti con certezza la volontà di non farvi riferimento.

Prassi applicativa e forme contrattuali

La sentenza offre spunti interessanti anche per la prassi professionale quotidiana. Nella realtà operativa di molte imprese, infatti, la conclusione di contratti commerciali segue spesso questo schema: intese verbali (magari al telefono o durante incontri), seguite da scambi di email, e infine formalizzazione attraverso conferme d’ordine o documenti similari.

La giurisprudenza di legittimità ha confermato la piena validità di questo meccanismo, purché si rispettino alcuni presupposti. Prima di tutto, è necessario che la legge non prescriva una forma solenne per il contratto in questione. In secondo luogo, occorre che il documento abbia carattere ricognitivo di un accordo già raggiunto, non costitutivo di una nuova proposta. Infine, bisogna che l’operazione risulti conforme agli usi vigenti nel luogo o nel settore di riferimento.

Revoca e tempistiche nelle trattative

Un aspetto particolarmente delicato riguarda i tentativi di revoca. Nel caso di specie, la società agricola aveva comunicato la revoca dopo aver sottoscritto il modulo trasmesso dal mediatore, ma prima che l’acquirente facesse altrettanto. I giudici hanno chiarito che questa comunicazione era “inefficace”, perché successiva alla conclusione del contratto avvenuta con le intese verbali precedenti.

La distinzione è sottile ma cruciale. Quando si tratta di conferme d’ordine che hanno carattere meramente ricognitivo, il momento della conclusione del contratto si identifica con il raggiungimento dell’accordo verbale, non con la sottoscrizione del documento scritto. Quest’ultimo serve piuttosto ad attestare che “le condizioni ivi riportate corrispondevano a quelle effettivamente pattuite” e rappresenta una “rinuncia a esprimere un eventuale dissenso” rispetto al contenuto.

Mediazione professionale e obblighi documentali

L’intervento del mediatore professionale introduce ulteriori elementi di complessità ma anche di garanzia. L’articolo 1760 del codice civile impone infatti al mediatore di annotare su apposito libro gli estremi essenziali del contratto e di rilasciare alle parti copia sottoscritta di ogni annotazione.

In questo contesto, la conferma d’ordine assume una duplice valenza: da un lato documenta l’operazione commerciale secondo gli obblighi professionali del mediatore, dall’altro cristallizza le condizioni concordate in forma scritta. Però attenzione: la successiva firma delle parti non esprime una “volontà negoziale” autonoma, quanto piuttosto l’accettazione del contenuto del modulo che documenta un’intesa già esistente.

Elementi distintivi della fattispecie

Cosa distingue questo schema da una normale proposta e accettazione? I giudici hanno evidenziato alcuni elementi caratterizzanti. In primo luogo, la presenza di un accordo verbale pregresso. Le parti non si scambiano offerte scritte iniziali, ma partono da un’intesa già raggiunta oralmente (magari con l’assistenza del mediatore).

In secondo luogo, il carattere ricognitivo del documento. La conferma d’ordine non contiene nuove proposte contrattuali, ma si limita a “riportare le clausole e le condizioni della compravendita” già concordate. Infine, la conformità agli usi del settore, che nel caso specifico prevedevano proprio questo meccanismo per il perfezionamento delle operazioni commerciali.

Implicazioni operative per le imprese

La pronuncia della Cassazione ha ricadute pratiche immediate per chi opera nel settore commerciale. Prima di tutto, conferma la piena legittimità di prassi operative molto diffuse, purché inquadrate correttamente dal punto di vista giuridico.

Tuttavia, per sfruttare al meglio questo schema è opportuno prestare attenzione ad alcuni accorgimenti. È importante, per esempio, che gli usi commerciali del settore o del territorio siano chiaramente richiamati nei documenti utilizzati. Inoltre, conviene documentare adeguatamente la fase delle trattative verbali (magari attraverso email di riepilogo delle intese raggiunte) per dimostrare l’esistenza dell’accordo precedente alla conferma scritta.

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