È in arrivo un cambio di rotta significativo nel sistema della compensazione fiscale. A partire dal prossimo 1° luglio 2026, la legge di bilancio per il 2026 introdurrà una stretta generalizzata sugli utilizzi dei crediti d’imposta mediante il modello F24 quando questi sono destinati a coprire i debiti verso l’INPS e l’INAIL. Non si tratterà più di una misura circoscritta, come accade oggi, ma di una vera e propria regola che investirà tutti i contribuenti senza eccezioni significative.
Quello che conta sottolineare subito: il divieto riguarderà non solo determinate categorie di soggetti, ma la generalità dei contribuenti. E non solo specifiche tipologie di crediti, ma praticamente tutti quelli che non derivano direttamente dalla liquidazione delle imposte di cui all’articolo 4-bis del decreto-legge 39/2024, come modificato dalla bozza della manovra finanziaria.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Dal 1° luglio 2026 saranno vietate le compensazioni in F24 tra credti d’imposta e debiti INPS/INAIL per tutti i contribuenti (non più solo per banche e soggetti finanziari).
- Il divieto riguarda praticamente tutti i crediti d’imposta ad esclusione di quelli derivanti dalla liquidazione fiscale diretta (art. 4-bis DL 39/2024 aggiornato).
- Sono colpiti anche crediti da ricerca e sviluppo, transizione 4.0, export, previdenziali e crediti acquisiti da terzi.
- Si abbassa la soglia di debito erariale che blocca le compensazioni da 100.000€ a 50.000€ per cartelle esattoriali.
- Imprese e professionisti rischiano di ritrovarsi con crediti inutilizzabili per mancanza di capienza fiscale, oppure costretti alla cessione con possibili svantaggi economici.
- La decorrenza e la tutela per i crediti già acquisiti prima della norma restano da definire: verranno adottate clausole transitorie?
- Lo stop è parte dell’attuazione della riforma fiscale del PNRR, ma la scelta rimane discrezionale per il legislatore.
Il quadro attuale e cosa cambia effettivamente
Fino a oggi, la situazione era diversa. A decorrere dal 1° gennaio 2025, il comma 1 dell’articolo 4-bis del DL 39/2024 prevede il divieto di compensazione in F24 solo per un perimetro limitato di soggetti: banche, intermediari finanziari iscritti all’Albo secondo quanto detto dall’articolo 106 del Testo Unico Bancario, società appartenenti a gruppi bancari e imprese di assicurazione. Per queste entità, il blocco vale esclusivamente per i crediti d’imposta derivanti dalle opzioni di sconto sul corrispettivo in fattura o cessione a terzi relativi al superbonus e ai bonus edilizi genericamente considerati, secondo l’articolo 121 del decreto-legge 34/2020.
Con la manovra 2026, il meccanismo si ribalta. Ciò che era concepito come un’eccezione diviene norma generale. L’ampliamento opera su due fronti simultaneamente.
L’estensione dal punto di vista soggettivo
Da un lato, si passa dai soli “soggetti finanziari” (categoria ristretta) alla totalità dei contribuenti. Non fa differenza se si tratta di piccolo imprenditore, libero professionista, società di capitali o persona fisica: il divieto si applica uniformemente a tutti. Questa è la novità di maggior rilievo per la stragrande maggioranza degli operatori economici.
Nel 2024, secondo i dati della Corte dei Conti, le compensazioni fiscali hanno raggiunto i 117 miliardi di euro, in crescita del 10% rispetto all’anno precedente. Di questi, 64 miliardi provengono da crediti d’imposta, con un aumento del 47% anno su anno. Si comprende quindi come le compensazioni rappresentino uno strumento utilizzatissimo dalla platea imprenditoriale e professionale italiana.
L’allargamento dell’oggetto: quali crediti sono interessati
L’altra dimensione dell’ampliamento riguarda l’aspetto oggettivo. Il blocco non rimane limitato ai crediti “edilizi”, ma si estende a tutti i crediti d’imposta diversi da quelli emergenti dalla base della liquidazione delle imposte. Significa che rientrano nel divieto praticamente tutti gli altri: i crediti da ricerca e sviluppo, quelli da transizione 4.0 per i beni strumentali, i crediti da export, quelli da contributi previdenziali e da ogni altra agevolazione fiscale. Inclusi, aspetto non secondario, i crediti d’imposta trasferiti a soggetti diversi dal beneficiario originario, come nelle operazioni di cessione tra imprese.
Un esempio concreto: un’azienda della provincia di Como produce beni strumentali e gode di un credito d’imposta da transizione 4.0 per 80.000 euro. Oggi potrebbe compensarlo in F24 contro i debiti INPS accumulati durante l’anno. Dal 1° luglio 2026, questo non sarà più possibile. Dovrà trovare altre strade: pagamento in denaro, oppure sfruttare ancora la capienza fiscale ordinaria (cioè compensare il credito contro le imposte dovute).
L’impatto sulle banche e i soggetti finanziari rimane circoscritto
Per le banche e gli altri attori del sistema finanziario, l’effetto della nuova stretta è relativamente contenuto. Questi soggetti avevano già metabolizzato le restrizioni introdotte dal 1° gennaio 2025 riguardanti i soli crediti “edilizi”. Nel loro portafoglio di crediti utilizzabili in compensazione, la componente dei bonus edifici rappresentava comunque la platea quantitativamente più significativa. Quindi l’adattamento organizzativo è stato già in parte assorbito. Non è una sorpresa totale.
Il vero colpo ricade altrove.
Chi rischia davvero: imprese e professionisti in prima linea
Per tutti gli altri contribuenti – dalle piccole aziende ai liberi professionisti, dalle ditte individuali alle società di medio-medio-piccola dimensione – il provvedimento rappresenta una novità di carattere fortemente impattante, specialmente per chi aveva mantenuto nel cassetto fiscale, oppure già acquisito sul mercato, crediti d’imposta da utilizzare a partire dal 2027 confidando, legittimamente, nella possibilità di compensarli anche contro i debiti previdenziali. Molti hanno costruito strategie di cash flow e di gestione della liquidità proprio contando su questo strumento.
Il problema concreto è legato alla cosiddetta capienza fiscale. Supponiamo un artigiano che detiene 150.000 euro di crediti d’imposta diversi da quelli “puri” (cioè non derivanti dalla liquidazione dell’IRPEF). Se nei tre anni successivi la sua IRPEF dovuta ammonta a soli 90.000 euro, rimarrà con 60.000 euro di crediti inutilizzati. Oggi potrebbe compensarli contro i versamenti INPS; domani no. Dovrà attendere anni, oppure cederli a terzi (ma con quale valutazione di mercato? Quanto sconto dovrà concedere?).
Il riferimento al PNRR: una finestra sul background della norma
La bozza della norma recita che la sua finalità è “dare attuazione alla Riforma 1.12 del PNRR (Riforma dell’Amministrazione fiscale)”. Questo richiamo ai vincoli europei e alla programmazione pluriennale nazionale suggerisce che la scelta legislativa s’inscrive in un quadro di condizionamenti estratteri.
Tuttavia, è opportuno fare chiarezza: il richiamo al PNRR non annulla il carattere discretionale della scelta legislativa. Si tratta comunque di una decisione legittima, quanto però libera, e non di una imposizione esogena “necessitata” da precedenti impegni internazionali. Il legislatore nazionale conserva sempre margini di discrezionalità nella modalità attuativa delle riforme programmate.
Il nodo critico della decorrenza temporale
Qui sorge una questione di non banale importanza: quando decorre effettivamente il divieto? La bozza prevede il 1° luglio 2026 come data di avvio delle “compensazioni effettuate” successivamente. Un’interpretazione formale suggerirebbe che il blocco investa le operazioni di versamento mediante F24 dalla data indicata in avanti.
Ma una prospettiva diverse – e probabilmente più equa – sarebbe legare il divieto all’effettivo sorgimento o acquisizione dei crediti. Vale a dire: il blocco dovrebbe toccare unicamente i crediti generati o acquistati dopo l’entrata in vigore della norma, non quelli già maturati o già nelle disponibilità del contribuente ante-norma. In questo modo, verrebbe offerta una minima tutela all’affidamento dei contribuenti (compresi i “piccolissimi”, come le ditte individuali) che si troverebbero improvvisamente colpiti da una stretta retroattiva.
Questo profilo merita attenzione: la norma dovrebbe prevedere disposizioni transitorie che proteggano chi ha già investito, già deliberato, già pianificato affidandosi alle regole precedenti. Diversamente, il principio di ragionevolezza e il generale favor contribuentis potrebbero subire compressioni eccessive.
Le soglie di debito si abbassano ulteriormente
Congiuntamente alla stretta sulle compensazioni, la manovra introduce un’altra limitazione. Secondo quanto emerge dalle anticipazioni, la soglia di debito erariale al di là della quale è vietato compensare orizzontalmente scenderà da 100.000 euro a 50.000 euro. Questo riguarda i contribuenti con cartelle esattoriali iscritte a ruolo oppure affidate all’Agenzia delle Entrate-Riscossione per importi superiori alla nuova soglia.
L’effetto complessivo è una progressiva contrazione dello spazio di manovra per i contribuenti nel ricorso alle compensazioni. Non solo per INPS e INAIL (ove il divieto diviene quasi totale), ma anche per le ordinarie compensazioni orizzontali di crediti e debiti tributari.


