Nell’attuale panorama economico, caratterizzato da crescenti tensioni finanziarie e da una volatilità dei mercati che non accenna a diminuire, la circolazione dell’azienda in crisi si conferma uno degli strumenti più strategici e delicati a disposizione di imprenditori e creditori. Non si tratta più, come accadeva con la vecchia legge fallimentare, di un mero espediente liquidatorio: il Codice della Crisi e dell’Insolvenza ha infatti rivoluzionato l’approccio, puntando decisamente sulla preservazione del valore aziendale e sulla continuità produttiva. La prassi degli ultimi due anni ha dimostrato come l’affitto e la cessione di azienda rappresentino oggi il fulcro di operazioni complesse che coinvolgono non solo aspetti puramente giuridici, ma anche valutazioni economico-finanziarie, negoziazioni sindacali e strategie di mercato. Si pensi alle recenti operazioni che hanno interessato il settore manifatturiero del Nord Italia, dove contratti di affitto con opzione d’acquisto hanno permesso la salvaguardia di oltre 15.000 posti di lavoro.
Stanco di leggere? Ascolta l’articolo nell’innovativo formato podcast.
|
1
Il nuovo paradigma della circolazione aziendale nel CCII
Dalla disgregazione alla valorizzazione: un cambio di prospettiva
Quello che emerge chiaramente dall’analisi della giurisprudenza di merito più recente è un approccio completamente diverso rispetto al passato. Se prima il trasferimento d’azienda era spesso l’ultimo atto di una procedura ormai votata alla liquidazione atomistica, oggi costituisce – nella maggior parte dei casi – il primo strumento di una strategia di rilancio.
Il legislatore del 2019 ha infatti compreso che preservare un’azienda funzionante significa non solo tutelare i livelli occupazionali, ma anche massimizzare i flussi di cassa per i creditori. Un’equazione che, fino a qualche anno fa, sembrava impossibile da risolvere.
La recente pronuncia del Tribunale di Milano del 15 marzo 2025 è emblematica in questo senso: autorizzando la cessione di un importante gruppo industriale tessile, il collegio ha sottolineato come “la prosecuzione dell’attività attraverso il trasferimento del complesso aziendale garantisce un recovery rate del 68% per i creditori chirografari, contro il 22% previsto dall’ipotesi liquidatoria”.
Presupposti applicativi e valutazione della funzionalità
Uno degli aspetti che genera maggiori incertezze nella prassi professionale riguarda la valutazione preliminare della funzionalità dell’operazione di trasferimento. Non basta infatti che sussista una generica situazione di crisi: occorre dimostrare che l’affitto o la cessione siano realmente strumentali alla soluzione della crisi stessa.
Nella casistica degli ultimi dodici mesi si è consolidato un orientamento secondo cui la funzionalità deve essere valutata non solo in relazione al piano di risanamento, ma anche – e soprattutto – rispetto alla sostenibilità economico-finanziaria dell’operazione nel medio termine. Il decreto del Tribunale di Perugia dell’11 marzo 2025, già citato dalla dottrina più recente, rappresenta un’apertura significativa: ha infatti ammesso la cessione di un ramo d’azienda anche in assenza di diretta funzionalità rispetto al piano di risanamento, ritenendo sufficiente la dimostrazione che l’operazione avrebbe comunque preservato valori aziendali altrimenti destinati alla disgregazione.
Disciplina dell’affitto d’azienda: profili procedurali e sostanziali
Nella composizione negoziata: controlli e verifiche
L’affitto d’azienda nell’ambito della composizione negoziata si colloca in una zona grigia che la dottrina continua a esplorare. L’art. 21 del CCII qualifica tale contratto come atto di straordinaria amministrazione, sottoponendolo al controllo dell’esperto. Ma cosa significa, concretamente, questo controllo?
L’esperienza degli studi professionali suggerisce che l’esperto deve verificare non solo la convenienza economica dell’operazione, ma anche la sua coerenza con gli obiettivi di risanamento. Un controllo che, nella prassi, si traduce spesso in una vera e propria due diligence sull’affittuario e sulle sue capacità gestionali.
È interessante notare come il comma 4 dell’art. 22 CCII si riferisca esclusivamente alla cessione, lasciando l’affitto sotto il regime dell’art. 21. Una distinzione che, secondo alcuni commentatori, potrebbe essere il frutto di una svista legislativa, ma che in realtà riflette la diversa natura giuridica dei due istituti.
Nel concordato preventivo: il bilanciamento tra continuità e tutele
L’art. 84, comma 2, del CCII ha introdotto una disciplina articolata per l’affitto nel concordato preventivo. La norma consente la gestione dell’azienda da parte di terzi anche attraverso contratti stipulati anteriormente, purché in funzione della presentazione del ricorso.
Qui si apre uno dei profili più delicati dell’intera disciplina: come dimostrare la funzionalità di un contratto stipulato prima dell’accesso alla procedura? La giurisprudenza di legittimità non si è ancora pronunciata in modo definitivo, ma i tribunali di merito stanno elaborando criteri interpretativi che tengono conto di diversi fattori:
- La cronologia tra l’insorgere della crisi e la stipula del contratto
- La coerenza tra le caratteristiche dell’affitto e le esigenze del piano
- La trasparenza delle condizioni economiche pattuite
- La solidità dell’affittuario e delle garanzie prestate
Un aspetto che merita particolare attenzione riguarda le offerte concorrenti di cui all’art. 91 CCII. La norma estende al concordato preventivo una disciplina che ha già dato prova di efficacia nella liquidazione giudiziale, ma pone interrogativi applicativi non trascurabili. Quando scatta l’obbligo di procedura competitiva? Come si coordina con i contratti di affitto già in corso?
Nella liquidazione giudiziale: clausole di salvaguardia e bilanciamento degli interessi
La disciplina più matura si rinviene nella liquidazione giudiziale, dove l’art. 212 CCII fornisce un quadro normativo dettagliato che rappresenta il punto di equilibrio tra esigenze di continuità aziendale e tutela della massa creditoria.
Diritto di ispezione e controllo gestionale
Il diritto del curatore di procedere all’ispezione dell’azienda non è una mera clausola di stile. Nella prassi, questo diritto si traduce spesso in un vero e proprio monitoraggio gestionale che può includere:
- Verifiche periodiche sulla manutenzione degli impianti
- Controlli sui contratti di fornitura e sui rapporti con i clienti
- Analisi dei flussi finanziari e delle performance operative
- Supervisione sulle politiche del personale
Un caso emblematico è quello emerso nella liquidazione di una società del settore automotive, dove il curatore ha esercitato il diritto di ispezione per verificare il rispetto degli standard di qualità richiesti dai clienti automobilistici. L’ispezione ha evidenziato criticità che hanno portato alla rinegoziazione di alcune clausole contrattuali.
Il sistema delle garanzie: tipiche e atipiche
L’art. 212, comma 3, CCII richiede la prestazione di “idonee garanzie” da parte dell’affittuario. La norma non si limita alle tradizionali garanzie bancarie o fidejussorie, ma contempla anche forme di tutela “atipiche” che la dottrina ha iniziato a sistematizzare.
Le garanzie tipiche includono:
- Fidejussioni bancarie o assicurative
- Depositi cauzionali
- Lettere di patronage strong
Le garanzie atipiche, invece, possono consistere in:
- Vincoli su partecipazioni societarie dell’affittuario
- Cessioni di crediti in garanzia
- Clausole di mantenimento di personale qualificato
- Impegni di investimento nell’azienda affittata
Un’innovazione interessante emersa nella prassi riguarda le cosiddette “garanzie operative”, dove l’affittuario si impegna a mantenere determinati standard produttivi o commerciali. Si tratta di clausole che, pur non avendo natura strettamente patrimoniale, offrono al curatore strumenti di controllo sulla gestione.
Diritto di recesso: modalità e indennizzo
Il diritto di recesso del curatore rappresenta una delle clausole più delicate dell’intero impianto normativo. La norma prevede che il recesso possa essere esercitato “sentito il comitato dei creditori” e con corresponsione di “giusto indennizzo”.
Ma cosa si intende per “giusto indennizzo”? La giurisprudenza sta elaborando criteri che tengono conto di diversi fattori:
- Investimenti effettuati dall’affittuario nell’azienda
- Perdite derivanti dall’interruzione anticipata del contratto
- Benefici che l’affittuario ha tratto dalla gestione
- Danno causato da eventuali inadempimenti
Un aspetto spesso trascurato riguarda la tempistica del recesso. Pur non essendo previsto un termine di preavviso, la giurisprudenza di merito ha chiarito che il recesso deve essere esercitato con modalità che non pregiudichino la continuità aziendale.
Cessione di azienda: incentivi e deroghe normative
Nella composizione negoziata: autorizzazione giudiziale e procedure competitive
La cessione nell’ambito della composizione negoziata ha assunto un rilievo crescente nella prassi degli ultimi anni. L’art. 22, comma 1, lett. d), CCII subordina l’operazione all’autorizzazione del Tribunale, ma quali sono i criteri di valutazione adottati dai giudici?
L’analisi della giurisprudenza più recente evidenzia alcuni parametri ricorrenti:
- Congruità del prezzo di cessione rispetto alle valutazioni peritali
- Affidabilità dell’acquirente sotto il profilo economico-finanziario
- Coerenza dell’operazione con il piano di risanamento
- Tutela dei livelli occupazionali
Il decreto del Tribunale di Napoli del 22 gennaio 2025 ha precisato che “l’autorizzazione giudiziale non può limitarsi a una mera verifica formale, ma deve estendersi alla valutazione sostanziale della funzionalità dell’operazione rispetto agli obiettivi di risanamento”.
Nelle procedure concorsuali: esenzione da responsabilità e incentivi agli acquirenti
L’art. 214, comma 3, CCII introduce una deroga fondamentale al principio generale della responsabilità dell’acquirente per i debiti aziendali. La norma stabilisce che, “salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento”.
Questa previsione ha rivoluzionato il mercato delle acquisizioni di aziende in crisi. Prima dell’entrata in vigore del CCII, la prospettiva di subentrare nei debiti ex art. 2560 c.c. rappresentava un deterrente formidabile per potenziali acquirenti. Oggi, l’esclusione di responsabilità ha reso economicamente sostenibili operazioni che altrimenti sarebbero state impraticabili.
I dati elaborati dall’Osservatorio sulla Crisi d’Impresa delle Camere di Commercio evidenziano un incremento del 45% delle cessioni di azienda nelle procedure concorsuali nel biennio 2023-2024, rispetto al periodo precedente l’entrata in vigore del CCII.
Trasferimento parziale dei lavoratori: l’esame congiunto come strumento di negoziazione
Una delle innovazioni più significative del CCII riguarda la disciplina del trasferimento dei lavoratori. La possibilità di derogare all’art. 2112 c.c. attraverso accordi sindacali ha aperto scenari operativi del tutto inediti.
L’esame congiunto, disciplinato dalle norme giuslavoristiche, assume nel contesto delle procedure concorsuali una valenza particolare. Non si tratta infatti di una mera consultazione, ma di un vero e proprio strumento di negoziazione che consente di bilanciare le esigenze di continuità aziendale con la tutela dei diritti dei lavoratori.
La prassi ha evidenziato diverse tipologie di accordi:
- Accordi di trasferimento parziale con mantenimento di parte del personale
- Accordi di riqualificazione professionale per i lavoratori trasferiti
- Accordi di integrazione salariale per periodi di transizione
- Accordi di outplacement per i lavoratori non trasferiti
Conferimento in newco: il nuovo paradigma della liquidazione efficiente
L’art. 216, comma 7, CCII ha introdotto uno strumento che sta rivoluzionando la prassi liquidatoria: il conferimento dell’azienda in società di nuova costituzione. Si tratta di un meccanismo che consente di superare molti dei limiti tradizionali dell’affitto d’azienda, offrendo al contempo maggiore flessibilità gestionale.
Vantaggi operativi e strategici
Il conferimento in newco presenta diversi vantaggi rispetto alle modalità tradizionali di circolazione aziendale:
Neutralizzazione dei passivi: La newco nasce “pulita”, senza i gravami del soggetto originario. Questo aspetto è particolarmente importante quando l’azienda da liquidare presenta profili di rischio legale o fiscale.
Flessibilità nella governance: La struttura societaria consente una gestione più agile rispetto ai vincoli tipici dell’affitto d’azienda. Gli organi sociali possono essere composti da soggetti designati dalla procedura concorsuale, mantenendo il controllo strategico.
Coinvolgimento dei creditori: La possibilità di attribuire quote o azioni ai creditori rappresenta un’innovazione che sta trovando applicazione crescente. Si pensi al caso della liquidazione di una società del settore energetico, dove i principali creditori hanno accettato di convertire parte del loro credito in partecipazioni nella newco.
Profili fiscali e contabili
Dal punto di vista fiscale, il conferimento in newco presenta aspetti che meritano attenta valutazione. L’esclusione dell’applicabilità dell’art. 2560 c.c. si estende anche ai debiti tributari, ma rimangono aperti alcuni profili interpretativi.
L’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 23/E del 2024, ha chiarito che il conferimento non costituisce realizzo ai fini fiscali, ma ha lasciato aperti alcuni interrogativi sulla determinazione del valore fiscalmente riconosciuto dei beni conferiti.
Casi pratici e orientamenti giurisprudenziali
La prassi degli ultimi mesi ha evidenziato alcuni orientamenti giurisprudenziali che stanno consolidandosi:
Il caso del Tribunale di Milano: continuità vs. massimizzazione del recovery
Nel decreto del 20 febbraio 2025, il Tribunale di Milano ha dovuto bilanciare l’esigenza di continuità aziendale con la massimizzazione del recovery per i creditori. Il caso riguardava un’azienda del settore farmaceutico con 450 dipendenti, per la quale si confrontavano due opzioni:
- Affitto con opzione d’acquisto che garantiva la continuità occupazionale ma offriva un prezzo inferiore
- Cessione immediata a un competitor che prevedeva l’integrazione con perdita del 30% dei posti di lavoro ma a un prezzo superiore del 25%
Il Tribunale ha optato per la prima soluzione, sottolineando che “il valore sociale della continuità aziendale deve essere considerato anche in termini economici, tenendo conto dell’impatto sul territorio e sui lavoratori”.
L’orientamento del Tribunale di Roma: trasparenza procedurale
Il decreto del 10 aprile 2025 del Tribunale di Roma ha invece posto l’accento sulla trasparenza delle procedure competitive. Il caso riguardava la cessione di un’azienda del settore logistico, dove erano emerse perplessità sulla genuinità della gara.
Il Tribunale ha stabilito criteri stringenti per la valutazione delle offerte, richiedendo:
- Pubblicità adeguata sui principali portali specializzati
- Tempi congrui per la presentazione delle offerte
- Criteri oggettivi e predeterminati di valutazione
- Motivazione dettagliata della scelta
Prospettive evolutive e criticità applicative
L’analisi della prassi evidenzia alcuni nodi interpretativi che dovranno essere risolti dalla giurisprudenza futura:
Coordinamento tra procedure
Un problema ricorrente riguarda il coordinamento tra diverse procedure che coinvolgono aziende del gruppo. Come gestire la cessione di un ramo d’azienda quando la controllante è in composizione negoziata e la controllata in liquidazione giudiziale?
Durata delle procedure
La durata delle procedure di vendita sta emergendo come uno dei fattori critici. Procedure troppo lunghe rischiano di compromettere il valore dell’azienda, ma procedure troppo brevi possono pregiudicare la trasparenza.
Valutazione del fair value
La determinazione del fair value delle aziende in crisi rimane uno degli aspetti più controversi. I criteri tradizionali di valutazione spesso non sono adeguati per aziende che presentano profili di rischio elevati.
Il panorama che emerge dall’analisi del primo quadrimestre 2025 è quello di un sistema normativo in evoluzione, che sta trovando il suo equilibrio attraverso l’elaborazione giurisprudenziale e l’esperienza professionale. La circolazione dell’azienda nel Codice della Crisi si conferma uno strumento fondamentale non solo per la gestione delle situazioni di difficoltà, ma anche per la creazione di valore in contesti di ristrutturazione industriale.