Il panorama delle agevolazioni fiscali per gli interventi in casa sta per subire modifiche sostanziali. Secondo quanto emerso dalle audizioni parlamentari del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il bonus ristrutturazioni al 50% dovrebbe essere prorogato anche per il 2026, ma solo per l’abitazione principale e con una selettività ancora da definire. Una notizia che, da un lato, rassicura i proprietari di prima casa, dall’altro lascia aperti diversi interrogativi su chi potrà effettivamente accedere al beneficio.
La conferma arriva in un momento delicato. Senza interventi correttivi nella prossima legge di Bilancio, dal 1° gennaio 2026 scatterebbe infatti la riduzione automatica delle detrazioni già prevista dalla normativa vigente: dal 50% al 36% per la prima casa, dal 36% al 30% per le seconde abitazioni. Un taglio che, secondo le stime degli operatori del settore, rischierebbe di frenare in modo significativo il mercato delle ristrutturazioni edilizie.
L’attuale configurazione delle detrazioni
Nella prassi, il quadro normativo vigente per il 2025 prevede un sistema articolato. Gli interventi sulla prima casa beneficiano della detrazione al 50% delle spese sostenute, con un tetto massimo di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare. Le seconde case, invece, possono accedere alla detrazione del 36%, sempre con lo stesso limite di spesa. Il recupero avviene in 10 quote annuali di pari importo, spalmate sulla dichiarazione dei redditi.
Ai sensi dell’art. 16-bis del DPR 917/1986, rientrano tra gli interventi agevolabili la manutenzione straordinaria, il restauro e risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia. Si tratta di un’agevolazione storica, in vigore dal 1999, che ha consentito a milioni di italiani di rinnovare il proprio patrimonio immobiliare. Possono beneficiarne non solo i proprietari, ma anche gli inquilini o i familiari conviventi che sostengono le spese e risultano intestatari dei bonifici.
Il pagamento deve avvenire necessariamente tramite bonifico parlante, con causale specifica e codice fiscale del beneficiario. In alternativa, per alcune spese accessorie, è ammesso il pagamento con carta di credito o debito, purché tracciabile. La documentazione va conservata per dieci anni.
Proroga al 50% con rateizzazione ridotta
L’ipotesi più concreta che emerge dalle interlocuzioni tra il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dell’Economia prevede non solo il mantenimento dell’aliquota al 50% per la prima casa, ma anche una modifica sostanziale nei tempi di recupero. Invece delle attuali 10 rate annuali, si passerebbe a 5 anni. La viceministra dell’Ambiente Vannia Gava ha dichiarato che si sta lavorando per rendere il beneficio “più immediato e conveniente”.
Questa accelerazione nel recupero del credito d’imposta avrebbe effetti diversi sui contribuenti. Chi ha sufficiente capienza Irpef potrebbe beneficiare di un ritorno fiscale più rapido, recuperando in cinque anni anziché dieci l’intero importo speso. Al contrario, i contribuenti con un’imposta lorda ridotta rischierebbero di non riuscire a sfruttare completamente le detrazioni annuali, perdendo parte del beneficio. Si tratta di un elemento che richiederà attenzione nella fase attuativa.
Sul fronte della finanza pubblica, l’accorciamento della rateizzazione comporterebbe un impatto immediato sui conti dello Stato. Non è casuale che negli anni passati il legislatore avesse scelto di allungare a 10 anni il recupero, proprio per diluire l’onere. Secondo le prime stime, confermare i bonus casa per il 2026 (ristrutturazioni al 50%, ecobonus base, eventuale proroga del bonus mobili) costerebbe circa 2 miliardi di euro. Risorse che andranno individuate nella manovra di Bilancio.
Cosa significa “in modo selettivo”
Il ministro Giorgetti ha usato un’espressione che lascia margini di interpretazione: “detrazione al 50% in modo selettivo, in particolare sulla prima casa”. Non è ancora chiaro se verranno introdotti limiti di reddito, tetti di spesa ridotti per alcune categorie di immobili, o altri requisiti di accesso. Nella casistica comune, quando si parla di misure selettive in ambito fiscale, ci si riferisce spesso a criteri legati all’Isee, alla composizione del nucleo familiare, o alla tipologia di intervento.
Occorre attendere il testo definitivo della legge di Bilancio per comprendere l’effettiva portata di questa selettività. Alcuni osservatori ipotizzano che possano essere esclusi gli immobili di lusso o quelli classificati in categorie catastali superiori. Altri ritengono più probabile l’introduzione di un criterio reddituale. L’incertezza, al momento, resta elevata.
Il destino incerto del bonus mobili
Parallelamente al bonus ristrutturazioni, c’è un altro incentivo che sembra destinato a sparire dal 2026: il bonus mobili ed elettrodomestici. Questa detrazione, attualmente al 50% su un massimo di 5.000 euro di spesa, è legata agli interventi di ristrutturazione e consente di acquistare arredi nuovi e grandi elettrodomestici ad alta efficienza energetica.
Il governo non si è ancora pronunciato ufficialmente sulla proroga di questa misura. Le anticipazioni della manovra non lasciano presagire nulla di positivo: il bonus mobili, nella sua configurazione attuale, scade il 31 dicembre 2025 e non figura tra le priorità dell’esecutivo per il prossimo anno. Il costo dell’eventuale estensione è stimato in circa 700 milioni di euro. Una cifra non irrilevante, considerati i vincoli di bilancio.
Nella pratica professionale, il bonus mobili rappresenta un incentivo molto utilizzato dalle famiglie che ristrutturano casa. Permette di rinnovare cucine, camere da letto, zone living, acquistando mobili nuovi e apparecchi come frigoriferi (classe F minima), lavatrici e lavastoviglie (classe E), forni (classe A). Il pagamento deve avvenire con mezzi tracciabili (bonifico, carta di credito o debito) e per alcuni elettrodomestici occorre inviare la comunicazione all’Enea, anche se la mancata o tardiva trasmissione non comporta la perdita del diritto.
È opportuno notare che per il bonus mobili non è mai stata prevista la possibilità di sconto in fattura o cessione del credito. La detrazione si recupera solo attraverso la dichiarazione dei redditi, in 10 quote annuali. Chi intende acquistare mobili ed elettrodomestici per la casa ristrutturata ha quindi tempo fino al 31 dicembre 2025 per effettuare gli acquisti e beneficiare dell’agevolazione.
Fine definitiva di sconto in fattura e cessione credito
Un’altra certezza nel panorama dei bonus edilizi riguarda lo sconto in fattura e la cessione del credito. Queste opzioni alternative alla detrazione diretta sono state definitivamente bloccate dal decreto legge 39/2024, entrato in vigore il 30 marzo 2024. Dal quel momento, per la quasi totalità degli interventi, l’unico modo per fruire delle detrazioni è attraverso la dichiarazione dei redditi.
L’unica eccezione riguarda il Superbonus nelle aree colpite dagli eventi sismici del 2009 (Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria) e del 2016 (Centro Italia). Per questi territori, la legge Omnibus (L.118/2025) ha prorogato fino al 2026 la possibilità di utilizzare sconto in fattura e cessione del credito, con aliquota al 110% sull’importo eccedente il contributo di ricostruzione. Si tratta di una deroga circoscritta, che non interessa il resto del territorio nazionale.
La decisione di eliminare sconto in fattura e cessione del credito è stata motivata dal governo con l’esigenza di contenere gli effetti sui conti pubblici e di contrastare le frodi. Nella giurisprudenza amministrativa e tributaria recente, sono emersi numerosi casi di utilizzo improprio di queste opzioni. Il risultato, secondo quanto previsto dalla normativa, è che dal 2024 i contribuenti devono avere la capienza fiscale necessaria per sfruttare le detrazioni anno per anno.
Ecobonus e caldaie a gas
Anche l’ecobonus subirà modifiche significative. Dal 2025, secondo quanto previsto dall’art. 1 della legge di Bilancio, sono escluse da qualunque incentivo le caldaie alimentate unicamente a combustibili fossili, comprese le caldaie a condensazione che fino al 2024 erano agevolate al 50% o 65%. La misura si inserisce nell’ambito della transizione energetica e dell’allineamento alla Direttiva europea “Case Green”.
Restano invece agevolabili i sistemi ibridi, che combinano caldaia a condensazione e pompa di calore, e ovviamente tutti gli interventi che prevedono l’installazione di impianti completamente rinnovabili (pompe di calore, sistemi geotermici, solare termico). Per il 2025, l’ecobonus mantiene l’aliquota del 50% per la prima casa e del 36% per le altre abitazioni. Dal 2026, salvo proroghe, dovrebbe scendere al 36% e al 30%.
Come spesso accade, la normativa pone vincoli tecnici precisi. Gli elettrodomestici e gli impianti devono rispettare classi energetiche minime stabilite per legge. Chi installa una nuova pompa di calore o un impianto fotovoltaico deve presentare la comunicazione all’Enea entro 90 giorni dalla fine dei lavori, allegando l’asseverazione di un tecnico abilitato.
Le scadenze da rispettare
Per chi intende effettuare interventi di ristrutturazione nel 2025 e beneficiare delle attuali aliquote, è fondamentale prestare attenzione al principio di cassa. La detrazione spetta nell’anno in cui viene effettuato il bonifico parlante, non quando vengono eseguiti i lavori. Una fattura pagata a gennaio 2026 sarà detraibile, salvo proroghe, al 36% anziché al 50%, anche se i lavori sono stati completati nel 2025.
Occorre quindi pianificare con attenzione i pagamenti. Gli acconti e i saldi devono essere versati entro il 31 dicembre 2025 per mantenere le aliquote attuali. Chi ha già avviato interventi di ristrutturazione dovrebbe concordare con le imprese esecutrici un calendario di pagamenti che consenta di beneficiare delle detrazioni più vantaggiose.
Prospettive future e aspetti critici
Il quadro normativo dei bonus edilizi per il 2026 appare ancora incerto. Da un lato, il governo ha manifestato la volontà di mantenere il sostegno alla prima casa, riconoscendo l’importanza sociale ed economica di questi incentivi. Le ristrutturazioni edilizie, infatti, non riguardano soltanto la vivibilità delle abitazioni, ma muovono intere filiere produttive: imprese edili, fornitori di materiali, artigiani, professionisti tecnici.
Dall’altro lato, i vincoli di bilancio impongono scelte difficili. La riduzione delle aliquote, già prevista dalla normativa vigente, era stata concepita proprio per contenere progressivamente la spesa pubblica legata ai bonus edilizi. Il passaggio da 10 a 5 anni per il recupero delle detrazioni, se confermato, rappresenta un parziale ritorno indietro rispetto a questa logica di contenimento.
Resta da chiarire se verranno prorogate anche le altre agevolazioni minori: il sismabonus (detrazione per interventi antisismici), il bonus barriere architettoniche (75% per l’abbattimento delle barriere), il bonus verde (detrazione al 36% per sistemazione di aree verdi private). Al momento, per queste misure non sono emerse indicazioni ufficiali.
La presidente dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili), Federica Brancaccio, ha espresso apprezzamento per l’impegno del governo nell’individuare soluzioni per garantire il rinnovo del bonus ristrutturazioni al 50% anche nel 2026. Il settore delle costruzioni, dopo il periodo d’oro del Superbonus, sta infatti attraversando una fase di normalizzazione che richiede stabilità negli incentivi ordinari.