Il Consiglio nazionale dei commercialisti ha chiarito definitivamente una questione procedurale che coinvolge migliaia di professionisti iscritti all’Albo. Con il Pronto ordini 86/2025, pubblicato a metà settembre, viene ribadito che la responsabilità civile professionale obbligatoria riguarda esclusivamente chi esercita effettivamente l’attività. Gli inattivi possono ottenere l’esenzione attraverso una specifica autocertificazione all’Ordine territoriale. La distinzione, apparentemente semplice, nasconde nella prassi applicativa diversi aspetti che meritano approfondimento. Non è sufficiente limitarsi alla mera iscrizione all’Albo per considerarsi esonerati dall’obbligo assicurativo.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- L’obbligo di assicurazione professionale riguarda solo i commercialisti che esercitano effettivamente l’attività (anche se in modo occasionale).
- I commercialisti inattivi possono ottenere l’esonero presentando una autocertificazione all’Ordine secondo l’art. 47 DPR 445/2000.
- La dichiarazione di inattività deve affermare: nessuna attività, nessuna prestazione neanche occasionale, nessuna partita IVA attiva, nessuna iscrizione alla Cassa previdenza, consapevolezza delle responsabilità penali in caso di falsità.
- Chiunque svolga anche una sola prestazione professionale per terzi è tenuto ad avere la polizza RC obbligatoria.
- L’esclusione dall’obbligo vale anche per i soli dipendenti ma non per chi effettua collaborazioni o consulenze esterne, anche saltuarie.
- L’Ordine effettua controlli: false dichiarazioni comportano sanzioni penali, disciplinari e risarcitorie.
Presupposti per l’obbligo della polizza professionale
Il principio cardine stabilito dal documento di prassi è chiaro: l’assicurazione scatta solo quando sussiste un effettivo svolgimento dell’attività professionale. Anche prestazioni saltuarie o occasionali, tuttavia, fanno sorgere l’obbligo. Si consideri che il confine tra attività occasionale e inattività totale può risultare sottile nella casistica quotidiana.
L’Ordine di Livorno aveva sollevato il quesito, probabilmente per chiarire situazioni ambigue riscontrate nella vigilanza sui propri iscritti. La risposta del Consiglio nazionale elimina ogni dubbio interpretativo: chi si limita all’iscrizione senza esercitare alcuna funzione riconducibile alla professione resta escluso dall’obbligo.
È opportuno notare che la normativa di riferimento, contenuta nel D.P.R. n. 137/2012, lega l’obbligo al rapporto diretto tra professionista e cliente. Questo aspetto risulta determinante per inquadrare correttamente le singole fattispecie.
Procedura di autocertificazione: requisiti e responsabilità
Per ottenere l’esonero, il commercialista deve presentare una dichiarazione sostitutiva secondo l’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000. Non si tratta di una semplice comunicazione, ma di un atto che comporta specifiche responsabilità penali in caso di false attestazioni.
La dichiarazione deve contenere cinque elementi essenziali:
I) L’assenza di esercizio dell’attività in qualunque forma (individuale, associata o societaria) prevista dal D.Lgs. n. 139/2005 II) L’esclusione di prestazioni occasionali o saltuarie contemplate dall’ordinamento professionale
III) La mancanza di partita IVA relativa ad attività tipiche della professione IV) L’assenza di iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza V) La consapevolezza che qualsiasi prestazione a terzi, anche sporadica, determina l’obbligo di copertura assicurativa
Quest’ultimo punto merita particolare attenzione. Nella pratica professionale si osserva spesso che anche singole consulenze possono far scattare l’obbligo, creando situazioni di inadempimento involontario.
Casistiche particolari: dipendenti e collaborazioni
La relazione ministeriale di accompagnamento al D.P.R. n. 137/2012 aveva già precisato che l’obbligo nasce dal rapporto diretto professionista-cliente. I commercialisti che operano esclusivamente come lavoratori dipendenti risultano pertanto esclusi dalla copertura obbligatoria.
Questa esclusione, tuttavia, non si estende a chi effettua anche saltuariamente attività per terzi. La giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo restrittivo il concetto di “esclusività” del rapporto di lavoro dipendente. Aspetti spesso trascurati riguardano le collaborazioni occasionali o i pareri pro bono, che potrebbero configurare comunque un rapporto professionale.
Partita IVA e adempimenti previdenziali
Il Consiglio nazionale ribadisce il collegamento tra partita IVA, iscrizione alla Cassa e obbligo assicurativo. Chi esercita abitualmente la professione deve necessariamente aprire partita IVA, e senza questa non può ottenere l’iscrizione all’ente previdenziale.
L’autocertificazione di inattività va quindi valutata con estrema attenzione. Anche singole prestazioni comportano conseguenze su tutti questi fronti. Come spesso accade nella prassi, il commercialista deve considerare l’insieme degli adempimenti connessi all’esercizio professionale.
Controlli dell’Ordine e verifiche sulla veridicità
Gli Ordini territoriali mantengono pieni poteri di vigilanza per accertare il mancato esercizio della professione. I controlli possono essere effettuati d’ufficio o su segnalazione, con particolare riferimento alle dichiarazioni presentate ai fini dell’esonero assicurativo.
Le conseguenze di una falsa attestazione non si limitano alle sanzioni penali previste dal D.P.R. n. 445/2000. Possono sorgere profili disciplinari e, nell’esperienza applicativa, anche questioni risarcitorie nei confronti di eventuali danneggiati dall’assenza di copertura.
La criticità ricorrente riguarda la definizione temporale dell’inattività: occorre che sia riferita al momento della dichiarazione o deve coprire un periodo determinato? Il Pronto ordini non fornisce chiarimenti specifici su questo aspetto procedurale.