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Applicabilità della cedolare secca ai contratti con conduttori imprenditori: il definitivo orientamento della Cassazione

13 Maggio, 2025

La Corte di Cassazione, con la sentenza n.12079 depositata il 7 maggio 2025, ha definitivamente chiarito che il locatore può applicare la cedolare secca anche quando il conduttore stipula il contratto di locazione nell’esercizio della propria attività d’impresa. Una decisione che ribalta l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate e apre nuovi scenari per proprietari e imprese.

Genesi della controversia e posizioni contrapposte

L’art. 3, sesto comma, del decreto legislativo 23/2011 esclude dall’ambito applicativo della cedolare secca le “locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o di arti e professioni”. Formula che – nella sua apparente semplicità – ha generato un contrasto interpretativo protrattosi per oltre un decennio.

L’Amministrazione finanziaria, sin dalla circolare 26/2011, aveva propugnato un’esegesi estensiva. Secondo questa lettura, occorrerebbe valutare non solo la posizione del locatore ma anche – e qui sta il punctum dolens – l’attività esercitata dal conduttore e l’utilizzo dell’immobile locato. In sostanza, per l’Agenzia delle Entrate, la preclusione opererebbe su un duplice livello: soggettivo (locatore) e oggettivo (destinazione dell’immobile in relazione all’attività del conduttore).

Tale orientamento – ribadito nella successiva circolare n. 12/2016 – trovava fondamento in una ratio di carattere antielusivo, volta a impedire l’accesso al regime agevolato in tutti i casi di utilizzo “professionale” dell’immobile.

L’intervento chiarificatore della giurisprudenza di legittimità

La Cassazione ha progressivamente delineato un orientamento alternativo. Già con la sentenza n. 12395/2024 – che alcuni commentatori avevano forse troppo frettolosamente liquidato come pronuncia isolata – la Suprema Corte aveva affermato che l’esclusione normativa riguarda esclusivamente il locatore che agisca nell’esercizio d’impresa.

Le tre pronunce rappresentano, de facto, il consolidamento definitivo di tale indirizzo interpretativo.

Particolarmente significativa risulta la sentenza n. 12079/2025, ove la Corte si confronta con una fattispecie paradigmatica: contratto di locazione stipulato da una s.r.l. per destinare l’immobile ad abitazione dell’amministratore delegato. La Suprema Corte, con argomentazione che potremmo definire cristallina, statuisce il seguente principio di diritto: “il locatore può optare per il regime della c.d. cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale”.

Ratio decidendi e coerenza sistematica

L’iter argomentativo della Cassazione si fonda su una lettura testuale e sistematica della norma. Gli Ermellini sottolineano – ed è questo l’aspetto forse più rilevante sul piano ermeneutico – come il riferimento alle “locazioni effettuate nell’esercizio di attività d’impresa” debba necessariamente collegarsi al soggetto che pone in essere l’atto locativo, ossia il locatore.

Si consideri, peraltro, che tale interpretazione risulta coerente con la ratio della disposizione, individuabile nella volontà di escludere dal beneficio fiscale solo quelle situazioni in cui la locazione costituisca manifestazione di un’attività economica organizzata del locatore.

È opportuno notare come la giurisprudenza di merito avesse manifestato – negli anni precedenti – orientamenti oscillanti (cfr. CTR Lazio n. 1723/10/22; CTG II Veneto n. 53/5/23), generando un clima di diffusa incertezza applicativa che rendeva quanto mai necessario l’intervento nomofilattico.

Implicazioni pratiche e scenari applicativi

L’orientamento ormai consolidato della Cassazione dischiude scenari applicativi di non trascurabile rilevanza. Nella prassi professionale si osserva frequentemente la stipula di contratti di locazione da parte di:

  • società che necessitano di alloggi per dipendenti o amministratori;
  • professionisti che utilizzano immobili per foresteria clienti;
  • fondazioni ed enti che richiedono spazi abitativi per le proprie attività istituzionali.

In tutti questi casi – e la casistica potrebbe estendersi ulteriormente – diviene ora possibile l’applicazione del regime sostitutivo, con evidenti vantaggi sia per i locatori che per i conduttori.

Criticità residue e prospettive evolutive

Permangono, tuttavia, alcuni profili di criticità che meritano segnalazione. In primo luogo, resta da definire con maggiore precisione quando la locazione possa dirsi “effettuata nell’esercizio di attività d’impresa” da parte del locatore. La giurisprudenza dovrà elaborare criteri più puntuali, considerando elementi quali: organizzazione dell’attività, pluralità di immobili locati, modalità di gestione.

In secondo luogo – aspetto spesso trascurato ma non per questo meno rilevante – si pone il problema del coordinamento con altre disposizioni del TUIR in materia di redditi fondiari e redditi d’impresa.

Ma la questione forse più delicata riguarda l’atteggiamento dell’Amministrazione finanziaria. L’interrogazione parlamentare n. 5-03773 del 26 marzo 2025 evidenziava come l’Agenzia considerasse ancora la sentenza n. 12395/2024 come “pronuncia isolata”. Il contemporaneo deposito di tre sentenze conformi potrebbe – il condizionale è d’obbligo – indurre un ripensamento della posizione erariale.

Riflessioni conclusive sull’evoluzione del sistema

L’orientamento della Cassazione si inserisce in un più ampio movimento di razionalizzazione del sistema tributario, caratterizzato da una tendenza alla semplificazione e alla certezza del diritto. La scelta ermeneutica operata dalla Corte – privilegiando un’interpretazione letterale e respingendo letture estensive delle clausole di esclusione – appare in linea con i principi generali in materia di agevolazioni fiscali.

Non può tuttavia sottacersi come la questione evidenzi, ancora una volta, la problematicità del rapporto tra prassi amministrativa e orientamenti giurisprudenziali. La persistente difformità di vedute tra Agenzia delle Entrate e Cassazione genera inevitabilmente incertezza negli operatori, con riflessi negativi sulla compliance fiscale.

In attesa di un auspicabile allineamento delle posizioni, i professionisti dovranno valutare con particolare attenzione i rischi connessi all’applicazione del regime sostitutivo nelle fattispecie “controverse”, considerando sia i vantaggi fiscali che i potenziali profili di contenzioso.

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