Per i professionisti italiani, la gestione fiscale degli immobili legati all’attività è un percorso a ostacoli, un dedalo di norme stratificate nel tempo. La distinzione tra acquisto in proprietà e acquisizione in leasing continua a generare complessità e dubbi operativi, nonostante le promesse di semplificazione. Ad oggi, infatti, gli ammortamenti degli immobili di proprietà restano in gran parte indeducibili , mentre i canoni di leasing godono, a certe condizioni, di un trattamento di favore. Una disparità che, in vista delle imminenti scadenze fiscali per saldi e acconti, merita un’analisi estremamente dettagliata.
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La grande promessa mancata della riforma
Molti professionisti avevano riposto le loro speranze nella legge delega di riforma fiscale, la L. 111/2023, che all’articolo 5, comma 1, lettera f), numero 2.2) prevedeva di eliminare la storica e penalizzante disparità di trattamento tra l’acquisto in proprietà e l’acquisizione in leasing degli immobili strumentali. Eppure, questa intenzione è rimasta, per il momento, solo sulla carta. La stessa Relazione illustrativa al decreto legislativo di riforma di IRPEF e IRES (il D.Lgs. 192/2024) ha messo nero su bianco che la previsione sarà attuata solo con un futuro e separato provvedimento. Di conseguenza, ci si trova a operare ancora con le vecchie regole.
Ammortamento: la regola generale è l’indeducibilità
La dura realtà per chi esercita un’arte o una professione è che le quote di ammortamento relative agli immobili strumentali acquistati in proprietà sono, in linea di principio, indeducibili. Si tratta di una regola ferrea, che però conosce delle eccezioni, quasi dei reperti di archeologia tributaria. È infatti ancora possibile dedurre le quote di ammortamento per:
- Immobili acquistati fino al 14 giugno 1990, in virtù di vecchie normative come il DL 853/84 (convertito in L. 17/85) e il DL 90/90 (convertito in L. 165/90).
- Immobili acquistati nella finestra temporale del triennio 2007, 2008 e 2009, grazie a una specifica disposizione contenuta nell’art. 1, comma 335 della L. 296/2006. Per tutti gli altri acquisti in proprietà, l’ammortamento del costo resta una mera scrittura contabile, senza alcun beneficio fiscale in sede di dichiarazione dei redditi.
Il leasing immobiliare: un viaggio tra le regole
Se l’acquisto diretto è penalizzato, il leasing si presenta spesso come l’alternativa fiscalmente più interessante, sebbene la sua disciplina sia un vero e proprio ginepraio normativo che dipende dalla data di stipula del contratto. La regola oggi più rilevante, per i contratti stipulati dal 1° gennaio 2014, prevede la deducibilità dei canoni a condizione che la deduzione avvenga in un periodo non inferiore a 12 anni, a prescindere dalla durata effettiva del contratto. Un’interpretazione confermata anche a livello di prassi amministrativa (cfr. interpello DRE Lombardia n. 904-326/2014).
Facendo un passo indietro, per i contratti stipulati nel triennio 2007-2009, i canoni erano deducibili a condizione che il contratto avesse una durata non inferiore alla metà del periodo di ammortamento ministeriale, con un minimo di 8 e un massimo di 15 anni. Ancor prima, per i contratti siglati dal 2 marzo 1989 al 14 giugno 1990, la deducibilità seguiva il principio di competenza, ma solo per contratti di durata non inferiore a 8 anni. Infine, per i contratti più vetusti, stipulati fino al 1° marzo 1989, era prevista una deducibilità integrale secondo il principio di cassa.
Non solo ammortamento: le altre spese strumentali
Anche se l’ammortamento è bloccato, non tutto è perduto per chi possiede un immobile strumentale. Sono infatti pienamente deducibili altre tipologie di costi. Tra queste rientrano le spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione (sia ordinaria che straordinaria), le quali, già a partire dal periodo d’imposta 2024 (e quindi con effetto sul modello REDDITI 2025), seguono le novità del citato D.Lgs. 192/2024. Piena deducibilità anche per le altre spese relative all’immobile, come le utenze e le spese condominiali , e per l’IMU (o l’IMI per la Provincia di Bolzano, l’IMIS per Trento e l’ILIA per il Friuli Venezia Giulia).
L’immobile a uso promiscuo: il rigido forfait del 50%
Un capitolo a parte, di enorme interesse pratico, è quello dell’immobile utilizzato sia per l’attività professionale sia come abitazione personale. Qui la legge impone una deduzione forfettaria del 50% di determinate spese. Questo limite è inderogabile: è irrilevante la porzione effettiva dell’unità immobiliare usata per l’attività, che sia una sola stanza o gran parte della casa. Anche se il contribuente potesse dimostrare un utilizzo professionale superiore, il limite del 50% non può essere superato, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (circ. 35/2012).
Rientrano in questa deduzione al 50%:
- La rendita catastale per i beni in proprietà.
- Il canone di locazione o di leasing. Per il leasing, si applica la stessa regola vista per gli immobili strumentali: deduzione del 50% del canone in un periodo minimo di 12 anni e solo per contratti stipulati dal 1° gennaio 2014.
- Le spese per servizi, come condominio, luce e acqua.
- Le spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione.
Una nota dolente: in caso di uso promiscuo, l’IMU (o le sue varianti locali) è sempre e comunque totalmente indeducibile.
La condizione essenziale per la deduzione promiscua
C’è un paletto fondamentale, spesso trascurato, per poter beneficiare della deduzione al 50%. La norma la ammette solo a condizione che “il contribuente non disponga nel medesimo Comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione”. In parole semplici, l’indeducibilità totale non scatta se l’immobile strumentale si trova in un Comune diverso da quello dell’abitazione a uso promiscuo, come confermato anche dalla prassi del CNDCEC (circ. n. 1/IR/2008).
Un cenno alla compilazione del modello Redditi
Nella pratica dichiarativa, queste spese trovano collocazione in righi specifici. Di regola, i costi immobiliari vanno riportati nel rigo RE10. Fanno però eccezione:
- Le spese per servizi telefonici (accessori inclusi) e i consumi di energia elettrica, che devono essere esposti nel rigo RE14.
- L’IMU relativa ai soli immobili strumentali, che va indicata nel rigo residuale RE19, avendo cura di riportare l’importo nella colonna 4, dandone separata evidenza nella colonna 3. Un dettaglio tecnico cruciale per una compilazione corretta.