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Aliquota IVA per oggetti d'arte

Aliquota IVA per oggetti d’arte al 5%: le novità 1 luglio 2025

15 Luglio, 2025

Dal primo luglio 2025 l’ordinamento tributario italiano ha introdotto modifiche significative per il settore degli oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione. La nuova disciplina IVA, recependo la direttiva europea Omnibus, stabilisce l’applicazione dell’Aliquota IVA per oggetti d’arte al 5% per importazioni e cessioni, ma esclude categoricamente l’utilizzo del regime del margine per queste operazioni.

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Aliquota IVA per oggetti d’arte al 5%: Italia punta al primato europeo

Con il 5%, l’Italia si posiziona ora come il paese europeo con l’aliquota IVA più vantaggiosa per l’arte, superando Francia (5,5%), Germania (7%), Olanda (9%) e persino la Svizzera (8,1%). Non è un caso che questa mossa arrivi proprio mentre la Francia, approfittando della Brexit e della crisi del mercato britannico, ha saputo attrarre energie internazionali verso le proprie piazze artistiche.

La strategia è evidente: rendere l’Italia competitiva rispetto ai mercati internazionali. Come spesso accade nelle riforme fiscali di portata europea, però, il diavolo si nasconde nei dettagli operativi.

Come funziona la nuova disciplina: l’esclusione categorica del margine

Il cuore della riforma sta nell’articolo 36, comma 2, del decreto legge n. 41/1995, ora modificato per stabilire che il regime del margine non può essere applicato ai beni acquistati o importati con aliquota ridotta. È una scelta netta, che elimina qualsiasi possibilità di cumulo tra i due benefici fiscali.

Nella pratica professionale, questo significa che ogni galleria, ogni antiquario, ogni dealer dovrà scegliere sin dall’acquisto quale strada percorrere. Come sottolineato da Cerrato, “quando ci si riferisce al regime del margine si intende al 22% con un’assoluta alternanza tra il margine o l’IVA al 5%: ogni galleria potrà farsi i conti sul regime fiscale più conveniente”.

Facciamo un esempio concreto per chiarire la portata del cambiamento. Un antiquario che acquista un dipinto seicentesco per 10.000 euro può scegliere tra due strade:

  • Opzione A – IVA al 5%: Paga 500 euro di IVA sull’acquisto, rivende a 15.000 euro applicando il 5% (750 euro). IVA a debito: 750 – 500 = 250 euro.
  • Opzione B – Regime del margine: Acquista senza IVA agevolata, rivende applicando il 22% solo sul margine di 5.000 euro. IVA dovuta: circa 902 euro.
  • È evidente che la convenienza dipende dal margine di rivendita e dalla strategia commerciale dell’operatore.

Definizioni merceologiche: cosa rientra nel campo di applicazione

La normativa europea, come spesso accade, è precisa nelle definizioni ma lascia spazi interpretativi nella pratica. L’art. 9 del D.L. 95/2025 fa riferimento agli “oggetti d’arte, di antiquariato, da collezione […] a condizione che non si applichi il regime speciale per i rivenditori“, rinviando alla tabella A del DPR 633/1972.

Oggetti d’arte – Qui la casistica diventa interessante. Non si tratta solo di quadri e sculture tradizionali. La nuova normativa comprende anche “opere d’arte digitali, parlando il decreto di oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione”. È un’apertura significativa verso le forme artistiche contemporanee, inclusi NFT e installazioni multimediali.

Rientrano nella definizione i collages, i quadri eseguiti interamente a mano dall’artista (escludendo riproduzioni industriali), le stampe originali in tiratura limitata, gli esemplari unici di ceramica realizzati dall’artista. La giurisprudenza ha talvolta interpretato estensivamente questa categoria, cosa che nella prassi quotidiana può generare incertezze.

Oggetti d’antiquariato – La soglia dei cento anni rimane il discrimine fondamentale. Ma attenzione: deve trattarsi di beni che non rientrano nelle altre categorie specifiche della tabella allegata al DL 41/1995. Un mobile Luigi XVI è antiquariato, un quadro dello stesso periodo è opera d’arte.

Oggetti da collezione – La classificazione NC 9705 00 00 include francobolli, monete, collezioni zoologiche, botaniche, mineralogiche. È un settore che negli ultimi anni ha visto crescere significativamente il mercato online, e l’aliquota ridotta potrebbe favorire ulteriormente questa tendenza.

Gli effetti sui rivenditori: strategie da rivedere completamente

Per chi opera professionalmente nel settore, la riforma impone una revisione radicale delle strategie commerciali. Come evidenziato dagli esperti, “questa estensione rappresenta un cambio di paradigma rispetto alla precedente disciplina” che riservava l’aliquota agevolata a categorie specifiche.

Consideriamo il caso di una galleria specializzata in arte contemporanea. Fino al 30 giugno, poteva acquistare opere direttamente dagli artisti (beneficiando del regime speciale autori al 10%) e rivenderle applicando il regime del margine. Dal primo luglio, questa strategia non è più praticabile se si vuole beneficiare dell’IVA al 5%.

L’Agenzia delle Entrate ha già annunciato controlli mirati per verificare la corretta applicazione. Si consideri che le sanzioni per violazioni in materia di aliquote IVA possono essere particolarmente salate, calcolate sulla maggiore imposta dovuta.

Nella prassi applicativa, emergono questioni specifiche legate alla gestione delle scorte. Come chiarito dai consulenti fiscali, “l’Iva di 330 euro sul restauro non è detraibile ma aumenta il costo d’acquisto” quando si applica il regime del margine. Queste sottigliezze operative richiedono un’attenzione particolare nella tenuta della contabilità.

Il regime speciale autori: come si coordina con la nuova disciplina

Parallelamente alle modifiche sull’IVA ordinaria, rimane operativo il regime forfetario previsto dall’articolo 316 del DPR 633/1972. Gli artisti possono ancora applicare l’IVA del 10% sul corrispettivo lordo delle proprie cessioni, ma ora devono fare i conti con la concorrenza dell’aliquota generale al 5%.

È opportuno notare come questa coesistenza generi scenari interessanti. Un artista emergente che vende direttamente al collezionista può scegliere tra il forfait al 10% (che semplifica gli adempimenti) oppure l’IVA ordinaria al 5% (più vantaggiosa economicamente ma con maggiori oneri contabili).

La giurisprudenza ha chiarito che “il regime speciale IVA del margine si applica anche se l’autore cede tramite società, purché abbia controllo decisionale e benefici economici sulla vendita”. Questo aspetto diventa cruciale per gli artisti che operano attraverso strutture societarie o gallerie in esclusiva.

Aspetti operativi: cosa cambia nella fatturazione quotidiana

Dal punto di vista pratico, la fatturazione deve ora evidenziare chiaramente l’applicazione dell’aliquota ridotta. Come precisato dalla normativa, “in mancanza di una decorrenza espressa, l’aliquota del 5% troverà applicazione per tutte le cessioni effettuate dal 1° luglio 2025”, considerando il momento della consegna o spedizione del bene.

Per le operazioni di importazione, il meccanismo rimane sostanzialmente invariato, cambia solo l’aliquota che passa dal 10% al 5%. Per le cessioni interne, invece, viene meno la distinzione tra autori/eredi e altri soggetti.

Un aspetto spesso trascurato riguarda la documentazione necessaria. Nell’esperienza applicativa, l’Agenzia delle Entrate richiede sempre più spesso prove concrete della natura artistica del bene ceduto. Certificati di autenticità, perizie, provenienza documentata diventano elementi essenziali non solo per il valore commerciale ma anche per la corretta applicazione dell’IVA.

Implicazioni per collezionisti e investitori

La riduzione dell’aliquota produce effetti differenziati sui vari segmenti del mercato. I collezionisti privati – che non possono detrarre l’IVA – beneficiano direttamente del minor costo d’acquisto. Per un dipinto da 100.000 euro, il risparmio è di 17.000 euro rispetto alla precedente aliquota ordinaria del 22%.

È importante considerare, però, che molti collezionisti sofisticati avevano sviluppato strategie basate sul regime del margine. L’acquisto attraverso società, la cessione a gallerie specializzate, l’import/export tramite free port: molte di queste pratiche devono essere ripensate.

Come spesso accade nelle fasi di transizione normativa, si registrano criticità interpretative. La qualificazione di opere contemporanee, installazioni site-specific, performance documentate digitalmente: questi “beni artistici di confine” richiedono valutazioni caso per caso.

Prospettive europee e sviluppi futuri

La Commissione Europea ha già anticipato ulteriori interventi normativi, seguendo quanto disposto dalla legge delega italiana n. 111/2023 che richiedeva di “ridurre l’aliquota IVA all’importazione di opere d’arte ed estendere l’aliquota ridotta a tutte le cessioni interne”.

L’armonizzazione europea è ancora un work in progress. Mentre l’Italia punta sul 5%, altri paesi stanno rivedendo le proprie politiche fiscali per l’arte. La competizione tra piazze europee – Londra, Parigi, Milano, Berlino – si gioca sempre più su questi dettagli normativi che incidono concretamente sui costi di transazione.

Nell’immediato, gli operatori devono adeguare procedure e sistemi informativi. La tolleranza prevista per le operazioni perfezionate prima del primo luglio non si estende alle nuove transazioni, per le quali non sono ammesse interpretazioni estensive.

Analisi costi-benefici: vincitori e perdenti della riforma

Chi ci guadagna davvero da questa riforma? Sicuramente i collezionisti finali e gli artisti che vendono direttamente. L’abbattimento del costo fiscale dovrebbe, in teoria, stimolare la domanda e aumentare la liquidità del mercato.

I rivenditori professionali si trovano invece in una situazione più complessa. Chi aveva basato il proprio business model sul regime del margine – pensiamo agli antiquari specializzati in mobili d’epoca o ai dealer di arte moderna – deve rivedere completamente le proprie strategie di pricing.

Un elemento da non sottovalutare riguarda la competitività internazionale. “L’IVA ridotta al 5% è una leva necessaria ed efficace per rilanciare la vitalità degli scambi nella filiera artistica, e una azione strategica per riposizionare l’Italia” nel panorama globale dell’arte.

Ma attenzione: la riduzione dell’IVA è solo uno degli strumenti per rendere competitivo un mercato dell’arte. Servono anche investimenti nella formazione, semplificazione delle procedure di esportazione, politiche di valorizzazione del patrimonio culturale. Come giustamente sottolineato, “questo è un passo nella direzione giusta, ma non l’unico, né tantomeno quello definitivo”.

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