Il disegno di legge di bilancio relativo al 2026 mantiene ferma la disciplina che consente di liberare le riserve dalla sospensione d’imposta mediante il versamento di un’imposta sostitutiva prefissata. Una scelta che prolunga l’opportunità introdotta dal decreto legislativo 192 del 2024, ripetendo letteralmente i medesimi contenuti normativi ma con riferimento al nuovo esercizio. L’occasione rimane quindi aperta per chi possieda riserve vincolate da meccanismi di neutralità fiscale e desideri affrancarsi da questa limitazione, versando al fisco una somma forfettaria e predeterminata.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- L’affrancamento straordinario delle riserve è uno strumento che consente di liberare riserve vincolate dalla sospensione d’imposta versando un’imposta sostitutiva ridotta al 10% in 4 rate uguali.
- La norma rimane valida per il 2026, mantenendo i medesimi contenuti del 2025.
- Riserve elegibili: quelle da rivalutazioni, riallineamenti di valori, condoni e altre specifiche categorie.
- Riserve escluse: ammortamenti anticipati, conferimenti in doppia sospensione, ammortamenti sospesi, riserve cooperative.
- Criteri temporali: la riserva deve esistere al 31 dicembre 2024 e persistere al 31 dicembre 2025 (conta il minor valore).
- Comunicazione: prospetto allegato alla dichiarazione redditi.
- Versamenti: prima rata entro dicembre 2025, le altre tre nei tre anni successivi.
- Non è obbligatorio afrancare tutti i saldi né interamente: scelta libera e selettiva.
La riconferma della disciplina per il 2026
La norma che regola questo strumento straordinario tornerà quindi a disposizione dei contribuenti durante il prossimo periodo d’imposta. I contenuti rimangono pressappoco identici a quelli già utilizzati nel 2025: stesse aliquote, medesime scadenze, identiche modalità di comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Questo elemento di continuità offre un vantaggio non indifferente. Coloro che hanno già applicato tale meccanismo in precedenza potranno infatti far leva sugli insegnamenti già ricavati, sui chiarimenti già disponibili in dottrina, e sul decreto ministeriale 27 giugno 2025 che fungeva da guida interpretativa della norma precedente. Non vi è pertanto l’esigenza di attendere ulteriori specificazioni quando il quadro normativo rappresenta una semplice traslazione temporale di una disciplina collaudata. L’unica variazione riguarda la ricognizione temporale: ciò che era riferito al 31 dicembre 2024 diventerà riferibile al 31 dicembre 2025, scivolando in avanti di dodici mesi rispetto all’originaria scansione normativa.
Il meccanismo di sostituzione impositiva al 10%
L’imposta che sostituisce il regime ordinario dei redditi viene fissata a un’aliquota particolarmente vantaggiosa: il 10%. Tale prelievo assorbe in via definitiva sia l’Irpef (o l’Ires per i soggetti passivi di questa imposta) sia l’Irap. Il versamento non avviene in soluzione unica bensì rateizzato, articolato in quattro frazioni uguali. La prima rata trova scadenza nel medesimo termine entro il quale occorre saldare le imposte ordinarie relative al periodo d’imposta ancora in corso al 31 dicembre 2025. Le tre rate successive si versano invece nei tre anni successivi, sempre entro le rispettive scadenze previste per il saldo dell’imposizione sui redditi dei periodi d’imposta che seguono. Questa articolazione temporale risponde alla logica di distribuzione dell’onere impositivo nel tempo, attenuandone l’impatto concentrato in un unico esercizio.
Quali riserve possono essere affrancate
L’elemento cruciale consiste nell’individuare il perimetro delle riserve eleggibili. Non tutte le giaciture patrimoniali in sospensione d’imposta rientrano infatti nella previsione normativa. Risultano affrancabili, in primo luogo, le riserve costituite per effetto dell’applicazione dei diversi provvedimenti di rivalutazione dei beni aziendali: si tratta della casistica più diffusa e frequente nella pratica gestionale. Rientrano altresì nell’elenco le riserve vincolate conseguenti all’esercizio dell’opzione per il riallineamento dei valori immobilizzati in bilancio senza copertura fiscale, effettuato attraverso i meccanismi previsti ad esempio dall’articolo 110 comma 8 del decreto legge 104/2020. Paiono ricomprese inoltre le riserve originate da procedure di condono tributario e le riserve iscritte secondo le modalità già predisposte dall’articolo 55 comma 3 lettera b) del testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). L’elencazione fornita nella relazione illustrativa al decreto ministeriale 27 giugno 2025 fornisce una dettagliazione ulteriore di tale panorama. Esistono però significative esclusioni dal regime agevolato. Non risultano affrancabili le riserve iscritte a fronte di deduzioni estracontabili impiegate nella dichiarazione dei redditi nel quadro EC fino al periodo d’imposta chiuso il 31 dicembre 2007. Parimenti escluse le riserve riguardanti ammortamenti anticipati. Sfuggono inoltre al beneficio le riserve originate da conferimenti in duplice sospensione d’imposta ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 358/1997, le riserve risultanti dalla sospensione degli ammortamenti disciplinata dall’articolo 60 commi 7-bis e seguenti del decreto legge 104/2020, nonché le riserve indivisibili proprie delle società cooperative.
Quali sono i criteri temporali di riferimento
Un aspetto frequentemente generatore di confusione riguarda il momento al quale ancorare l’identificazione e la quantificazione della riserva eleggibile. La norma crea un doppio riferimento temporale. La riserva deve innanzitutto esistere nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 (per i soggetti il cui periodo fiscale coincide con l’anno solare). Successivamente, medesima riserva deve continuare a permanere nel bilancio dell’esercizio seguente, e quindi fino al termine del 31 dicembre 2025. Ciò comporta una conseguenza operativa significativa: si prende a riferimento il minor valore tra l’importo iscritto a fine 2024 e l’importo iscritto a fine 2025. Supponiamo che una società disponga di una riserva da rivalutazione pari a 100.000 euro al 31 dicembre 2024. Se nel corso del 2025 tale riserva viene interamente o parzialmente distribuita ai soci tramite dividendo, oppure se sia stata semplicemente deliberata la relativa erogazione, essa non perdura in bilancio e pertanto non risulta più affrancabile. L’importo distribuito non può formare oggetto di riscatto dal regime di sospensione d’imposta. Diversamente, qualora quella medesima riserva sia stata utilizzata per compensare una perdita gestionale nel 2025 e successivamente reintegrata mediante l’applicazione dell’articolo 13 comma 2 della legge 342/2000 (la reintegrazione del capitale sociale), l’aumento registrato dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 non risulta affrancabile. Solamente l’importo originario di 100.000 euro rimane idoneo al versamento sostitutivo. La logica sottesa è evidente: è eleggibile unicamente ciò che effettivamente era sospeso fiscalmente nel precedente bilancio e persiste nella nuova chiusura d’esercizio.
Come si perfeziona l’affrancamento
L’atto mediante il quale il contribuente comunica la volontà di ricorrere a tale facoltà consiste nella compilazione di un apposito prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi. Nel caso delle dichiarazioni 2025 (relative al periodo d’imposta 2024), era contenuto nella sezione VII-B del quadro RQ dei modelli Redditi SC e Redditi SP. Analoghi prospetti continueranno a permanere nei rispettivi moduli per le successive annualità. Non costituisce viceversa un elemento obbligatorio per il perfezionamento dell’agevolazione il versamento puntuale dell’imposta sostitutiva secondo il calendario previsto. Omissioni o ritardi nei pagamenti non incidono sulla validità dell’affrancamento già deliberato in dichiarazione. Avverso eventuali minorazioni riscosse dall’amministrazione fiscale a titolo di sanzione o interesse, il contribuente mantiene la facoltà di ricorrere agli strumenti ordinari di ravvedimento operoso, disciplinati dall’articolo 13 del decreto legislativo 472/1997.
Riferimento normativo: La disciplina che regola i versamenti in ritardo prevede la possibilità di autocorreggersi tramite il ravvedimento operoso, con versamento delle somme dovute, eventualmente degli interessi legali e, a seconda dei casi, di sanzioni ridotte. Ciò consente di regolarizzare posizioni non corrette al primo momento, mantenendo una certa elasticità operativa.
La questione ancora irrisolta dei versamenti anticipati
Un profilo che continua a generare incertezza interpretativa riguarda la possibilità di anticipare i versamenti delle singole rate rispetto ai termini stabiliti dalla norma. Il testo legislativo non fornisce indicazioni esplicite al riguardo. Da un lato, argomenti di natura sistematica propendono verso l’ammissibilità dell’anticipo. La dilazione dei pagamenti rappresenta, per sua intrinseca natura, una concessione a favore del contribuente e non dell’erario pubblico. Colui che beneficia di una rateizzazione potrebbe quindi rinunciarvi unilateralmente e versare l’intera somma in un’unica soluzione. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate aveva assunto una posizione favorevole all’anticipazione dei versamenti in altra ipotesi normativa praticamente identica quanto al tenore letterale: si veda la circolare n. 6 del 13 febbraio 2006, paragrafo 3.3, in riferimento all’articolo 1 comma 472 della legge 266/2005. Dall’altro lato, le specifiche tecniche allegate al quadro RQ dei modelli di dichiarazione 2025 evidenziano come sia richiesto l’inserimento obbligatorio della prima rata nel rigo 29 colonna 3. Qualora tale casella rimanga vuota oppure riporti un valore diforme, il sistema informatico genera un errore bloccante che impedisce l’accettazione della dichiarazione. Tale rigidità formale suggerisce una certa restrittività nell’interpretazione della norma circa la possibilità di diversificare i tempi di versamento. La questione rimane in pendenza e ci si augura possa trovare chiarimento nel momento in cui la misura sarà nuovamente riproposta in sede di bilancio, magari con una circolare esplicativa o un aggiornamento delle specifiche tecniche dei modelli.
Le aspettative di gettito e i volumi di affrancamento
Secondo quanto riportato nella relazione tecnica allargata al disegno di legge di bilancio, l’amministrazione finanziaria stima un incasso complessivo attraverso l’imposta sostitutiva pari a 820 milioni di euro distribuiti nel corso di 4 anni. Da tale proiezione si ricava un ordine di grandezza: il gettito medio annuale si colloca intorno a 205 milioni di euro, il che implica un volume di riserve affrancabili superiore a 8 miliardi di euro considerando l’aliquota sostitutiva del 10%. Tale stima offre interessanti spunti di riflessione circa l’effettivo patrimonio in sospensione d’imposta detenuto dal sistema imprenditoriale italiano. Un importo così consistente segnala come il ricorso a meccanismi di neutralità fiscale per le rivalutazioni e gli altri strumenti di sospensione abbia prodotto un accumulo patrimoniale significativo. L’apertura di una finestra straordinaria per l’affrancamento rappresenta, da parte del legislatore, un tentativo di monetizzare parte di questo stock accumulato nel corso degli anni, trasformando passività fiscali differite in entrate correnti.
Come operare nella pratica
Nel concreto, la società interessata a ricorrere a tale opportunità dovrà avviare un processo di ricognizione interna. Occorre identificare quali riserve figurano in bilancio, verificare la loro qualificazione secondo i criteri descritti dalla normativa e dal decreto ministeriale chiarificatore, controllare che persistano nei due esercizi rilevanti (il 2024 e il 2025). Successivamente, si procede alla compilazione del prospetto incluso nella dichiarazione dei redditi, inserendo gli importi affrancabili distinti per categoria di riserva. Non è necessario affrancare tutte le riserve o l’intero ammontare di ciascuna: la norma consente una scelta selettiva e parziale. Il contribuente mantiene piena autonomia nel decidere quale porzione di patrimonio vincolato liberare mediante il versamento sostitutivo. Una volta sottoscritta la dichiarazione, il versamento della prima rata deve seguire entro i termini ordinari previsti per il saldo dell’imposizione. Successivamente, nei tre anni seguenti, si prosegue con le ulteriori tre rate, sempre entro le rispettive scadenze di versamento a saldo. Eventuali errori nella determinazione degli importi o ritardi nei pagamenti rimangono correggibili attraverso il ravvedimento operoso, evitando quindi conseguenze tributarie particolarmente gravose.



