Il recente intervento del Ministero dell’Economia e delle Finanze affronta una criticità che rischiava di generare un significativo aumento del carico fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati. La normativa relativa agli acconti Irpef 2025 presentava infatti un’incongruenza strutturale che avrebbe comportato l’applicazione delle aliquote 2023 anziché quelle modificate dal D.Lgs. 216/2023, determinando versamenti eccessivi poi da recuperare l’anno successivo.
L’anomalia normativa e la sua origine
La discrasia deriva dalla peculiare stratificazione normativa che ha caratterizzato la riforma fiscale. Il D.Lgs. 216/2023 ha ridisegnato le aliquote Irpef, portando a un sistema a tre scaglioni (23%, 35%, 43%) anziché quattro, con effetti benefici per molti contribuenti. Tuttavia, l’articolo 1, comma 4 dello stesso decreto ha previsto che per gli acconti 2025 e 2026 si dovessero applicare le vecchie aliquote vigenti al 31 dicembre 2023 (23%, 25%, 35%, 43%).
Tale disposizione, secondo quanto precisato dal MEF nel comunicato stampa del 25 marzo 2025, era originariamente intesa a sterilizzare gli effetti delle modifiche Irpef esclusivamente per contribuenti con dichiarazioni che evidenziavano una differenza a debito, tipicamente soggetti con redditi ulteriori rispetto a quelli già sottoposti a ritenuta.
L’interpretazione tecnica fornita dal Ministero chiarisce che: “La disposizione di cui all’art. 1, comma 4, del D.Lgs. n. 216/2023 va interpretata nel senso che l’acconto per l’anno 2025 è dovuto, con applicazione delle aliquote 2023, solo nei casi in cui risulti di ammontare superiore a euro 51,65 la differenza tra l’imposta relativa all’anno 2024 e le detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto“.
La soluzione normativa annunciata
Il Governo ha annunciato un intervento correttivo per sanare la situazione, specificando che agirà “in via normativa per consentire l’applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell’acconto”.
L’intervento risponde alle segnalazioni di numerosi CAF che avevano evidenziato come l’anomalia colpisse particolarmente lavoratori dipendenti e pensionati, obbligandoli a versare acconti calcolati con aliquote superate, per poi recuperare tali somme solo nella dichiarazione successiva.
Fondamento tecnico dell’intervento correttivo
La ratio dell’intervento si basa sull’interpretazione sistematica della norma. Il MEF ha precisato che la disposizione sui vecchi scaglioni:
- Risultava incongruente perché le aliquote Irpef sono state prima modificate temporaneamente (2024) e poi stabilizzate definitivamente dal 2025;
- Era concettualmente destinata a sterilizzare gli effetti solo per contribuenti con dichiarazioni a debito;
- Non intendeva colpire la maggioranza dei lavoratori dipendenti e pensionati che, in assenza di altri redditi, non presentano dichiarazione.
Tempi e modalità di applicazione
Il Governo ha assicurato che l’intervento sarà realizzato “in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento”, suggerendo una rapida implementazione per non compromettere la campagna dichiarativa imminente.
Il meccanismo tecnico-operativo del correttivo dovrà garantire che gli acconti vengano calcolati utilizzando le aliquote effettivamente applicabili nell’anno di competenza, evitando la discrasia temporale che avrebbe comportato versamenti eccessivi.
In sintesi
IN SINTESI Qual era il problema sollevato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze? Una discrepanza normativa avrebbe portato a calcolare gli acconti Irpef 2025 con le vecchie aliquote del 2023, anziché con quelle ridotte introdotte dal D.Lgs. 216/2023, generando versamenti eccessivi per lavoratori dipendenti e pensionati. Da cosa derivava questa anomalia? Dalla previsione dell’articolo 1, comma 4 del D.Lgs. 216/2023, che indicava l’uso delle aliquote 2023 per gli acconti 2025 e 2026, anche se il sistema Irpef era stato modificato nel frattempo. Come ha chiarito il MEF il senso della norma? Ha precisato che l’uso delle vecchie aliquote per gli acconti è previsto solo nei casi in cui vi sia una differenza d’imposta superiore a 51,65 euro tra saldo 2024 e detrazioni, crediti o ritenute, escludendo quindi la maggior parte dei contribuenti ordinari. Cosa ha deciso di fare il Governo per risolvere il problema? Ha annunciato un intervento normativo urgente per garantire che gli acconti 2025 siano calcolati con le nuove aliquote ridotte, come previsto dalla riforma Irpef. Qual è il fondamento tecnico dell’intervento correttivo? Si basa sull’interpretazione sistematica della norma, ritenendo che la sterilizzazione degli effetti della riforma valesse solo per casi specifici e non per la generalità dei lavoratori e pensionati. Quando e come sarà applicato il correttivo? In tempi rapidi e prima della stagione dichiarativa, assicurando che gli acconti vengano calcolati in base alle aliquote effettive del 2025, evitando disallineamenti temporali. |