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Canone affitto azienda: la valorizzazione non segue i flussi monetari

10 Dicembre, 2025

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Quando si parla di locazione commerciale, il nodo centrale resta sempre quello della determinazione del corrispettivo. L’affitto d’azienda rappresenta qualcosa di più articolato rispetto alla semplice cessione temporanea di un immobile o di un bene strumentale. Qui entra in gioco un complesso patrimoniale fatto di elementi materiali e immateriali, di rapporti giuridici consolidati, di avviamento. E il canone, di conseguenza, diventa lo strumento attraverso cui si bilanciano interessi contrapposti: chi concede il godimento vuole una remunerazione adeguata, chi gestisce l’attività cerca margini sufficienti per rendere sostenibile l’operazione. La questione – e qui sta il punto davvero sensibile – non è solo tecnica. Perché determinare il corrispettivo in modo corretto significa anche tutelare chi vanta crediti sull’azienda stessa. Si pensi ai fornitori, alle banche, ai dipendenti. Per loro, la massa creditoria, l’affitto non è neutro. Se il canone risulta troppo elevato rispetto a quanto l’attività può effettivamente generare, il rischio è che l’affittuario dreni risorse senza creare valore, magari lasciando l’azienda più debole di prima. Ecco perché la logica non può essere quella dei flussi finanziari tout court, ma deve guardare alle grandezze stock, cioè al valore patrimoniale complessivo che viene temporaneamente trasferito.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Il canone di affitto d’azienda non può essere ancorato ai soli flussi monetari, ma deve riflettere il capitale economico complessivo trasferito (beni materiali, intangibili e avviamento).
  • Nel canone convivono tre componenti: remunerazione del capitale, quota “protettiva” a presidio del valore aziendale e copertura del deperimento economico del compendio produttivo.
  • Debiti trasferiti, rischi specifici del settore e sostenibilità prospettica per l’affittuario impongono correttivi, per evitare che il canone svuoti i margini operativi e impoverisca l’azienda.
  • Nelle procedure concorsuali il canone deve tutelare la massa dei creditori: è richiesta una determinazione congrua, documentata (spesso tramite perizia), capace di reggere al vaglio del giudice.
  • La difendibilità del canone passa da un percorso valutativo trasparente: scelta motivata del tasso di rendimento, analisi del contesto settoriale e attenzione prioritaria alla salvaguardia del valore aziendale.

Il capitale economico come riferimento iniziale

La base di partenza per costruire un canone difendibile – sia sotto il profilo tecnico che in eventuali contenziosi – rimane il capitale economico trasferito. Non si tratta del valore contabile iscritto a bilancio, spesso distante dalla realtà economica. Serve una stima patrimoniale che tenga conto del valore effettivo dei beni materiali e immateriali inclusi nell’affitto, compresi quegli asset intangibili come marchi, brevetti, know-how, rapporti commerciali consolidati.

Un’organizzazione aziendale funzionante ha un valore che supera la somma algebrica dei singoli elementi. L’avviamento conta, eccome. E allora il locatore ha diritto a ricevere un “premio” per aver messo a disposizione un’entità già operativa, capace di generare reddito sin da subito. Questo compenso iniziale non può prescindere da una valutazione seria, documentata, magari supportata da perizie indipendenti quando i valori in gioco sono rilevanti.

La componente di remunerazione e quella protettiva

Accanto al riconoscimento del valore patrimoniale trasferito, il canone deve incorporare almeno altre due funzioni. La prima è la remunerazione vera e propria del capitale, cioè quel tasso di rendimento che il proprietario si aspetta dall’investimento. Come per qualsiasi attività finanziaria, anche qui esiste un costo opportunità: chi affitta l’azienda rinuncia temporaneamente a sfruttarla direttamente o a cederla definitivamente, e questo sacrificio va compensato.

La seconda funzione – forse meno intuitiva ma altrettanto rilevante – riguarda la protezione dal deterioramento del valore aziendale durante il periodo di locazione. L’affittuario utilizza beni strumentali, consuma scorte, usura impianti. Se il canone non tenesse conto di questo consumo fisiologico, alla scadenza il locatore si ritroverebbe un’azienda impoverita senza aver ottenuto alcun ristoro. Si tratta, in sostanza, di prevedere una sorta di “ammortamento economico” che rifletta il deperimento strutturale dell’attività.

Punto di equilibrio: quando il settore è volatile o il contesto competitivo particolarmente duro, il canone può legittimamente includere una quota per coprire eventuali perdite di valore non imputabili all’affittuario ma al mercato stesso.

Correttivi, rischi specifici e profili di sostenibilità

Oltre alle componenti fondamentali appena descritte, nella costruzione del corrispettivo entrano anche elementi correttivi. Si pensi agli eventuali debiti che gravano sull’azienda e che vengono trasferiti insieme al compendio produttivo: mutui ipotecari, finanziamenti bancari, passività commerciali. In questi casi il canone può essere ridotto, perché l’affittuario si accolla oneri che altrimenti ricadrebbero sul concedente.

Simmetricamente, occorre considerare i rischi specifici legati all’attività. Un’azienda operante in settori ad alta intensità tecnologica, dove l’obsolescenza è rapida, comporta rischi maggiori rispetto a un’attività tradizionale e consolidata. Il canone dovrebbe riflettere questa alea attraverso un premio per il rischio, analogamente a quanto avviene negli investimenti finanziari.

E poi c’è la sostenibilità economica dell’operazione. Un affitto che assorba tutti i margini operativi dell’attività diventa insostenibile nel medio termine. L’affittuario deve poter coprire i costi, remunerare il proprio lavoro, avere spazio per investimenti migliorativi. Altrimenti l’operazione fallisce, e con essa si perde valore per tutti: locatore, affittuario, creditori.

Tecniche valutative tra prassi e rigore metodologico

Nella pratica operativa, la determinazione del canone passa attraverso metodologie diverse a seconda del tipo di attività e della disponibilità di dati. Il metodo più rigoroso parte da una valutazione complessiva del patrimonio netto rettificato, includendo beni immateriali anche se non iscritti in bilancio. Da questo valore si applica un tasso di remunerazione congruo, cui si aggiunge la quota di ammortamento economico.

Un approccio alternativo – e per certi versi più pragmatico – consiste nel confrontare i ricavi attesi dell’attività con i margini operativi del settore. Se i margini sono buoni, l’affittuario può sostenere un canone più elevato; se invece il mercato è in difficoltà, il corrispettivo va calibrato al ribasso per evitare che l’operazione diventi antieconomica.

Esempio pratico: si consideri un’impresa commerciale con un patrimonio netto economico stimato in 400.000 euro, che genera ricavi annui per 800.000 euro e un EBITDA medio del 12% (quindi circa 96.000 euro). Applicando un tasso di remunerazione del 6% sul capitale e considerando un ammortamento economico del 3%, il canone annuo si attesterebbe intorno ai 36.000 euro (9% di 400.000), lasciando all’affittuario un margine di circa 60.000 euro per coprire i costi operativi e ottenere una redditività accettabile.

L’affitto nelle situazioni concorsuali e la tutela della massa

Quando l’affitto viene concesso nell’ambito di procedure concorsuali – liquidazione giudiziale, concordato preventivo, amministrazione straordinaria – il discorso si complica. Il canone non è solo una questione tra le parti ma riguarda direttamente l’interesse dei creditori. L’autorità giudiziaria e gli organi della procedura vigilano affinché il corrispettivo non sia sottostimato, perché una locazione a condizioni troppo favorevoli per l’affittuario equivale a una dispersione del patrimonio che dovrebbe invece garantire i creditori.

Capita spesso, nelle procedure, che l’affitto venga utilizzato come strumento per mantenere attiva l’azienda evitando una liquidazione frettolosa che distruggerebbe valore. Ma proprio per questo occorre che il canone rifletta le condizioni di mercato, evitando soluzioni di favore che potrebbero essere contestate dalla massa creditoria o dal giudice.

Nelle liquidazioni giudiziali, poi, il curatore ha l’obbligo di massimizzare il realizzo: se il canone proposto non appare congruo, può rifiutare l’offerta e procedere alla cessione definitiva dell’azienda oppure cercare altri potenziali affittuari disposti a offrire condizioni migliori.

Costruzione del canone e margine di difendibilità

In ultima analisi, il canone va costruito attraverso un processo rigoroso, trasparente, supportato da documentazione adeguata. Una perizia tecnica indipendente, soprattutto quando i valori sono significativi, rappresenta uno strumento essenziale. Non solo per dare solidità alla determinazione del corrispettivo, ma anche per prevenire eventuali contestazioni successive.

Occorre – e questo vale soprattutto per chi assiste le parti in veste professionale – valutare attentamente l’equilibrio tra le esigenze del locatore (ottenere una remunerazione adeguata senza svuotare l’attività) e quelle dell’affittuario (gestire l’azienda in modo sostenibile senza rischiare il fallimento per canoni eccessivi). Il risultato finale deve poter resistere a un’analisi critica: da parte di tribunali, di creditori sociali, di terzi interessati.

La scelta del tasso di remunerazione non è arbitraria. Si può guardare ai rendimenti di mercato per investimenti a rischio comparabile, ai costi del capitale per settori analoghi, ai tassi applicati in operazioni simili. L’importante è motivare le scelte, documentarle, renderle coerenti con il contesto economico di riferimento.

La prospettiva dei creditori sociali come vincolo operativo

Chi ha crediti verso l’azienda – fornitori, istituti di credito, dipendenti, erario – ha tutto l’interesse a che l’affitto non impoverisca il patrimonio aziendale. Se l’affittuario paga un canone simbolico o comunque insufficiente, sta di fatto estraendo valore senza corrispondere un adeguato controvalore. Nel tempo questo comportamento può erodere le garanzie patrimoniali a disposizione dei creditori.

Per questa ragione la giurisprudenza ha più volte ribadito che il canone deve avere natura “protettiva” del valore aziendale, non può limitarsi a essere un flusso di cassa fine a se stesso. Anche quando l’azienda attraversa difficoltà, la determinazione del corrispettivo non può ignorare la massa creditoria. Anzi, proprio nei momenti di crisi diventa fondamentale garantire che l’affitto non sia solo un modo per guadagnare tempo, ma rappresenti davvero un’opportunità di rilancio che preservi il patrimonio per tutti gli stakeholder.

I tribunali, quando chiamati a valutare l’opportunità di autorizzare affitti aziendali in contesti concorsuali, verificano con attenzione la congruità del canone. Non basta che ci sia un’offerta: deve essere un’offerta seria, documentata, supportata da analisi economiche credibili. Altrimenti il rischio è che il giudice neghi l’autorizzazione ritenendo l’operazione pregiudizievole per i creditori.

Variabili settoriali e specificità operative

Non tutte le attività sono uguali. Un’azienda manifatturiera con impianti pesanti e cicli produttivi complessi richiede valutazioni diverse rispetto a un’attività commerciale basata essenzialmente su avviamento e rapporti con la clientela. Nel primo caso il peso dei beni materiali è maggiore, e il canone dovrà tenere conto dell’usura fisica degli impianti, della necessità di manutenzione straordinaria, dei costi di sostituzione.

Nel secondo caso, invece, contano di più gli asset intangibili: il marchio, la location, il database clienti, le competenze professionali. Qui la valutazione si sposta su elementi meno tangibili ma altrettanto rilevanti. E il canone deve riflettere il valore di questi beni immateriali, spesso difficili da quantificare ma essenziali per il successo dell’attività.

Anche il contesto competitivo fa la differenza. Un settore in forte espansione consente margini più ampi, e quindi canoni potenzialmente più elevati. Un settore in declino, al contrario, impone prudenza: un canone troppo alto rischia di soffocare l’attività prima ancora che questa abbia modo di consolidarsi.

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