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Successione dello studio professionale: opzioni e adempimenti per gli eredi

16 Maggio, 2025

La morte di un professionista non rappresenta solo un doloroso evento familiare, ma apre anche un complesso scenario amministrativo-fiscale per gli eredi. Chi subentra si trova infatti a dover gestire una serie di adempimenti tecnici legati alla chiusura dell’attività professionale, con particolare riferimento alla gestione dei crediti pendenti e agli obblighi fiscali. L’aspetto più delicato riguarda l’incasso dei corrispettivi per prestazioni già rese ma non ancora fatturate dal defunto, poiché ai fini IVA l’operazione si perfeziona solo al momento del pagamento. Vediamo quindi quali strategie possono adottare gli eredi che non intendono proseguire l’attività del de cuius.

I soggetti coinvolti nella successione professionale

Gli eredi legittimi del professionista deceduto sono i protagonisti di questa vicenda. Loro, volenti o nolenti, si ritrovano chiamati a gestire una situazione che presenta risvolti tecnici non sempre di immediata comprensione.

Spesso si tratta di familiari che non hanno alcuna esperienza professionale nel settore in cui operava il defunto, e questo complica ulteriormente la gestione degli adempimenti necessari. Il legislatore ha cercato di definire un quadro normativo che tenga conto di queste difficoltà, ma – come spesso accade in ambito fiscale – le disposizioni sono frammentarie e richiedono una lettura coordinata di norme e prassi.

Cessazione dell’attività: quando avviene realmente?

Quando un professionista viene a mancare, la sua attività, essendo personale e intuitu personae, cessa automaticamente. Ma attenzione: questo non significa che la posizione fiscale si chiuda immediatamente.

Gli eredi dovrebbero, in linea di principio, presentare la dichiarazione di cessazione attività (modello AA9) entro 30 giorni dall’evento luttuoso, con conseguente chiusura della partita IVA. Dovrebbero inoltre provvedere alla cancellazione dalla cassa previdenziale di appartenenza.

Tuttavia – e qui sta un punto fondamentale spesso trascurato – l’Agenzia delle Entrate ha chiarito, con circolare 16 febbraio 2007, n. 11/E (par. 7.1), che “l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti”. Questo vale, in particolare, per i crediti connessi all’attività svolta.

La stessa Amministrazione, con la risoluzione 20 agosto 2009, n. 232/E, ha precisato che la cessazione non coincide con l’astensione dalle prestazioni, ma col momento in cui si chiudono i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni e dismettendo i beni strumentali. Finché non si riscuotono i crediti ragionevolmente esigibili, l’attività professionale non può considerarsi terminata.

Le diverse casistiche che possono presentarsi

Nella pratica, gli eredi possono trovarsi di fronte a tre diverse situazioni:

  • a) Corrispettivo già incassato dal professionista, ma fattura ancora da emettere
  • b) Fattura già emessa dal professionista, ma corrispettivo ancora da incassare
  • c) Prestazione eseguita, ma sia il corrispettivo da incassare che la fattura da emettere

Ciascuna di queste situazioni presenta specificità e richiede approcci differenti, considerando che ai fini IVA le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento (art. 6, comma 3, D.P.R. n. 633/1972).

Va poi ricordato che, secondo l’art. 35-bis, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, gli obblighi derivanti dalle operazioni effettuate dal contribuente deceduto possono essere adempiuti dagli eredi entro sei mesi dalla data della morte, anche se i relativi termini fossero scaduti non oltre quattro mesi prima del decesso.

Gestione dei corrispettivi già incassati ma non fatturati

Nel caso in cui il professionista abbia incassato il corrispettivo prima di morire, senza però emettere la relativa fattura, gli eredi si trovano a dover completare questo adempimento.

La fattura andrebbe ordinariamente emessa entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione (art. 21, comma 4, D.P.R. n. 633/1972). Per gli eredi, però, questo termine può estendersi fino a sei mesi dalla data del decesso, purché il termine ordinario non fosse scaduto da più di quattro mesi e dodici giorni alla data della morte.

Facciamo un esempio concreto: se il professionista ha incassato un onorario il 15 gennaio e muore il 20 febbraio, il termine ordinario per emettere fattura (27 gennaio) è già scaduto, ma da meno di quattro mesi. Gli eredi potranno quindi emettere la fattura entro il 20 agosto (sei mesi dal decesso), senza incorrere in sanzioni.

Se invece il termine fosse scaduto da più di quattro mesi e dodici giorni rispetto alla data del decesso, l’emissione della fattura risulterebbe comunque tardiva. La violazione sarebbe però addebitabile al defunto e, ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 472/1997, le eventuali sanzioni non potrebbero essere applicate agli eredi, ferma restando l’obbligazione tributaria relativa all’IVA dovuta.

Fatture già emesse con corrispettivi ancora da incassare

Quando il professionista ha emesso la fattura prima di morire, ma il pagamento avviene successivamente al decesso, la situazione è più semplice.

In questo caso, ai fini IVA, l’operazione può considerarsi già “chiusa”. Infatti, nell’ipotesi di fatturazione anticipata rispetto all’incasso, l’operazione si considera effettuata (art. 6, comma 4, D.P.R. n. 633/1972).

Come ha opportunamente precisato l’Agenzia delle Entrate nella recente risposta a interpello 22 aprile 2025, n. 118 – che richiama e integra la precedente risoluzione 11 marzo 2019, n. 34/E – “in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita IVA del professionista defunto sino a quando non viene incassata l’ultima parcella, salvo anticipare la fatturazione delle prestazioni rese dal de cuius”.

Questa precisazione risulta di particolare importanza pratica: la fatturazione anticipata consente di chiudere la posizione IVA senza attendere l’effettivo incasso.

Prestazioni eseguite ma non fatturate né pagate

Il caso più complesso è quello delle prestazioni già eseguite dal professionista defunto, per le quali non è stata ancora emessa fattura né incassato il corrispettivo.

In questa situazione, per poter chiudere l’attività e la partita IVA, sarà necessario attendere il pagamento del corrispettivo, cui dovrà seguire l’emissione della fattura da parte degli eredi, a nome del professionista deceduto. Anche qui, resta ferma la possibilità di anticipare la fatturazione.

Ovviamente, questa seconda opzione comporta per gli eredi l’obbligo di versare l’IVA relativa all’operazione pur non avendola ancora incassata dal cliente – un aspetto da valutare attentamente in termini di convenienza economica.

Modalità operative per gli eredi

Per le prestazioni rese dal professionista ma che ai fini IVA non si considerano ancora effettuate alla data del decesso (per mancato pagamento), gli eredi devono emettere fattura a nome del professionista, utilizzando la sua partita IVA.

Come chiarito dalla risposta a interpello 22 aprile 2025, n. 118, “qualora il de cuius non abbia fatturato la prestazione, l’obbligo si trasferisce agli eredi che, ovviamente, dovranno fatturare la prestazione eseguita dal de cuius non già in nome proprio, ma in nome del de cuius medesimo”.

Un aspetto particolarmente delicato emerge quando la partita IVA sia stata erroneamente chiusa dagli eredi prima della completa definizione dell’attività. In tal caso – come precisato nelle risposte a interpello 8 marzo 2021, n. 163 e 22 aprile 2025, n. 118 – si rende necessario riaprire una nuova partita IVA. La mancata riapertura, in caso di incasso di corrispettivi, integrerebbe una violazione fiscale addebitabile direttamente agli eredi.

Gli adempimenti dichiarativi

Non vanno dimenticati gli obblighi dichiarativi, che devono essere assolti dagli eredi per conto del defunto. Anche in questo caso, l’art. 35-bis del D.P.R. n. 633/1972 prevede che gli adempimenti relativi alle operazioni effettuate dal contribuente deceduto e non assolti negli ultimi quattro mesi prima del decesso possano essere adempiuti entro sei mesi dall’evento.

Per quanto riguarda le imposte sui redditi, i compensi percepiti dagli eredi per l’attività del professionista defunto seguono le regole della categoria originaria (principio di cassa) e sono soggetti a tassazione separata nel quadro RM del modello Redditi PF. Ciascun erede può comunque optare per la tassazione ordinaria (art. 7, comma 3, TUIR).

Valutazione delle opzioni a disposizione: una guida pratica

Le possibili soluzioni dipendono dalle circostanze concrete e vanno valutate considerando l’ammontare dei crediti professionali maturati dal defunto. Ecco una panoramica delle principali opzioni con i relativi vantaggi e svantaggi.

Caso 1: Crediti per prestazioni rese e fatture non emesse

Opzione A: Non chiudere la partita IVA e attendere il pagamento

Quando avviene il pagamento, gli eredi emettono fattura con IVA a nome del defunto, versano il tributo e dichiarano il corrispettivo pro-quota.

Pro: procedura conforme alle disposizioni normative. Gli eredi incassano l’IVA e la versano all’Erario. Contro: se il pagamento tarda, la posizione IVA resta aperta, con costi e incombenze correlate.

Opzione B: Chiudere e riaprire la partita IVA solo in caso di pagamento

Pro: se i crediti non vengono recuperati, non ci sono adempimenti IVA da gestire. Contro: per ogni pagamento ricevuto è necessario riaprire la partita IVA, con evidenti complicazioni pratiche.

Opzione C: Emettere fatture anticipate e chiudere la posizione

Pro: chiusura immediata della posizione IVA, senza dover attendere i pagamenti. Contro: anticipazione dell’IVA che potrebbe non essere più recuperata se il cliente non paga.

Opzione D: Chiudere la partita IVA senza riaprirla in caso di pagamento

Questa opzione presenta rischi significativi di violazioni fiscali e non è consigliabile. Il cliente soggetto passivo dovrebbe regolarizzare la sua posizione ai sensi dell’art. 6, comma 8, D.Lgs. n. 472/1997, ferma restando la responsabilità degli eredi.

Caso 2: Fatture emesse e corrispettivi da incassare

In questo caso, gli eredi possono chiudere la posizione IVA poiché l’emissione della fattura implica già l’obbligo di versare il tributo, che andrà indicato nella dichiarazione che gli eredi presenteranno a nome del defunto.

Caso 3: Corrispettivo incassato e fattura da emettere

Qui occorre verificare quando il corrispettivo è stato incassato rispetto alla data del decesso:

  • Se incassato meno di 12 giorni prima: la fattura può essere emessa entro 6 mesi dal decesso
  • Se incassato tra 12 giorni e 4 mesi e 12 giorni prima: stessa regola
  • Se incassato oltre 4 mesi e 12 giorni prima: la fattura sarebbe tardiva, ma le sanzioni non possono essere applicate agli eredi (solo IVA e interessi)

Considerazioni conclusive e raccomandazioni pratiche

La morte di un professionista genera, oltre al naturale dolore, una serie di adempimenti fiscali che non sempre risultano di immediata comprensione per gli eredi. La gestione dei crediti professionali, in particolare, richiede un’attenta valutazione delle diverse opzioni disponibili.

Nella pratica professionale, l’anticipazione della fatturazione rappresenta spesso la soluzione più efficiente per chiudere rapidamente la posizione IVA, evitando le complicazioni legate alla gestione di una partita IVA “ereditata”. Tuttavia, questa scelta va ponderata in relazione all’entità dell’IVA da anticipare e alla solvibilità dei clienti.

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