La tesi recentemente sostenuta dall’Agenzia delle Entrate in merito alla sanzionabilità dell’omessa registrazione delle fatture di acquisto, anche in assenza di detrazione IVA, solleva rilevanti questioni interpretative che si riverberano in modo significativo sulla gestione degli adempimenti contabili e fiscali da parte dei soggetti passivi d’imposta. La presente disamina intende analizzare i profili di criticità di tale orientamento, individuando le disarmonie con il sistema normativo vigente e le potenziali distonie applicative che potrebbero derivarne.
Quadro normativo e nuova interpretazione dell’Agenzia delle Entrate
La risposta all’interpello n. 115 del 17 aprile 2025 ha ulteriormente consolidato la posizione dell’Amministrazione finanziaria in merito all’obbligatorietà della registrazione delle fatture passive. L’Agenzia, intervenendo su una questione di significativo impatto operativo, ha espressamente affermato che l’omessa registrazione delle fatture passive è sempre sanzionabile ai sensi dell’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 471/97, anche nelle fattispecie in cui il contribuente non abbia esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto.
Nel dettaglio, il regime sanzionatorio richiamato dall’Amministrazione finanziaria prevede una sanzione particolarmente gravosa, quantificata nel 70% dell’imposta non correttamente documentata, registrata o liquidata, con un minimo di 300 euro per ciascuna violazione. La risposta all’interpello precisa altresì che, nelle ipotesi in cui la violazione non abbia inciso sulla corretta liquidazione del tributo, trova applicazione la sanzione in misura fissa, compresa tra 250 e 2.000 euro.
L’orientamento espresso nella risposta n. 115/2025 trova un antecedente nella circolare n. 1 del 17 gennaio 2018, nella quale l’Agenzia delle Entrate, al paragrafo 4, aveva già sostenuto l’applicabilità della sanzione di cui all’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 471/97 in caso di “violazione degli obblighi di registrazione”. La nuova pronuncia, tuttavia, appare ben più incisiva nella misura in cui afferma esplicitamente che “l’obbligo di registrazione delle fatture d’acquisto, previsto dall’articolo 25, comma 1, del decreto IVA, ricorre in ogni caso ed entro termini ben definiti”.
Criticità dell’interpretazione adottata e disarmonie con il sistema normativo vigente
L’orientamento espresso dall’Amministrazione finanziaria risulta affetto da significativi profili di criticità, che si manifestano sia sul piano ermeneutico che su quello sistematico. In particolare, la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate appare difficilmente armonizzabile con il tessuto normativo di riferimento, con specifico riguardo al disposto dell’art. 25 del D.P.R. n. 633/72.
La citata disposizione, nel delineare gli obblighi di registrazione delle fatture di acquisto, stabilisce testualmente che “il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del secondo comma dell’articolo 17 e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitata la detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno“.
Dal tenore letterale della norma emerge con evidenza il nesso funzionale tra l’adempimento della registrazione e l’esercizio del diritto alla detrazione, in assenza del quale l’obbligo di annotazione sembrerebbe perdere la propria ratio giustificativa. L’impostazione adottata dall’Amministrazione finanziaria, viceversa, tende a configurare l’obbligo di registrazione come un adempimento formale autonomo, sganciato dalla sua finalità strumentale.
Dal punto di vista sistematico, emergono almeno tre profili di criticità che meritano di essere analiticamente vagliati:
- Contrasto con la ratio legis dell’art. 25 del D.P.R. n. 633/72 La formulazione dell’art. 25 del D.P.R. n. 633/72 riflette chiaramente l’intento del legislatore di correlare l’obbligo di registrazione all’esercizio della detrazione. Il termine per l’adempimento è infatti correlato al momento in cui il soggetto passivo intende esercitare il proprio diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti. L’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, che configura l’obbligo di registrazione come un adempimento autonomo e sempre sussistente, finisce per attribuire alla norma una portata applicativa non desumibile dal suo tenore letterale, in violazione dei canoni ermeneutici di cui all’art. 12 delle Preleggi.
- Assenza di lesività fiscale dell’omessa registrazione in assenza di detrazione Sul piano sostanziale, non risulta configurabile alcun pregiudizio per l’Erario nelle ipotesi in cui il contribuente, non registrando la fattura di acquisto, rinunci implicitamente alla detrazione dell’imposta. In tale scenario, lo Stato beneficerebbe addirittura di un vantaggio, essendo incamerata un’imposta che avrebbe potuto essere detratta in presenza dei requisiti di inerenza e afferenza. L’applicazione di una sanzione amministrativa in assenza di un danno erariale solleva dubbi di compatibilità con il principio di proporzionalità, che permea l’intero sistema sanzionatorio tributario.
- Contraddizione con il disposto dell’art. 6, comma 7, del D.P.R. n. 695/96 Di particolare rilievo appare il contrasto con quanto disposto dall’art. 6, comma 7, del D.P.R. n. 695/96, che esclude espressamente l’obbligo di annotazione per le fatture relative ad acquisti con IVA indetraibile ai sensi dell’art. 19, comma 2, del D.P.R. n. 633/72. La norma statuisce infatti che “non sussiste, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’obbligo di annotare le fatture e le bollette doganali relative ad acquisti ed importazioni per i quali ricorrono le condizioni di indetraibilità dell’imposta stabilite dal secondo comma dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. Risulta difficilmente giustificabile, sul piano logico-giuridico, la posizione per cui non sarebbero sanzionabili le omesse registrazioni in caso di indetraibilità oggettiva ex art. 19, comma 2, mentre lo sarebbero quelle relative a fatture la cui imposta, pur potenzialmente detraibile, non sia stata di fatto portata in detrazione dal contribuente.
Fattispecie applicative e paradossi sanzionatori
Per meglio cogliere le implicazioni pratiche dell’orientamento espresso dall’Amministrazione finanziaria, appare opportuno analizzare alcune fattispecie concrete che potrebbero manifestarsi nell’ordinaria operatività dei soggetti passivi d’imposta.
Fatture di dubbia inerenza e scelte di cautela fiscale
Si consideri l’ipotesi di un contribuente che, in presenza di un documento di acquisto di dubbia inerenza rispetto all’attività esercitata, decida prudenzialmente di non procedere alla registrazione della fattura nel registro degli acquisti e, conseguentemente, di non esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.
Applicando rigorosamente l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 115/2025, l’Amministrazione finanziaria potrebbe legittimamente irrogare la sanzione del 70% dell’imposta ai sensi dell’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 471/97, sostenendo che il documento avrebbe dovuto essere registrato “in ogni caso”, indipendentemente dalla scelta di non esercitare la detrazione. Tale sanzione verrebbe applicata senza possibilità per il contribuente di recuperare l’imposta non detratta, anche nell’eventualità in cui l’operazione risultasse, ad un successivo esame, effettivamente inerente all’attività d’impresa.
Questa impostazione conduce ad un esito paradossale: il contribuente che, in un’ottica di compliance fiscale, rinuncia prudenzialmente alla detrazione di un’imposta potenzialmente spettante, verrebbe sanzionato per un adempimento formale la cui omissione non ha arrecato alcun pregiudizio all’Erario. In simili circostanze, valorizzando i principi di proporzionalità e ragionevolezza che informano il sistema sanzionatorio tributario, sarebbe più coerente applicare, tutt’al più, la sanzione per irregolare tenuta della contabilità di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 471/97, qualora la fattura non fosse stata annotata neppure nel libro giornale secondo le disposizioni civilistiche.
Cumulo sanzionatorio in caso di detrazione esercitata senza registrazione
Ancor più problematica, sotto il profilo della coerenza sistematica, appare l’ipotesi in cui il contribuente abbia esercitato la detrazione dell’IVA senza procedere alla preventiva annotazione del documento nel registro degli acquisti. In tale scenario, l’irregolarità darebbe certamente luogo all’applicazione della sanzione da indebita detrazione di cui all’art. 6, comma 6, del D.Lgs. n. 471/97, ovvero, qualora la violazione abbia determinato l’infedeltà della dichiarazione annuale, alla sanzione di cui all’art. 5, comma 4, del medesimo decreto.
Accogliendo la tesi dell’Agenzia secondo cui l’obbligo di registrazione sussisterebbe “in ogni caso”, si perverrebbe al paradossale risultato di un cumulo sanzionatorio:
- Sanzione per indebita detrazione (art. 6, comma 6, D.Lgs. n. 471/97) o per dichiarazione infedele (art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 471/97), applicabile in ragione dell’esercizio della detrazione in assenza del relativo presupposto formale (registrazione);
- Sanzione per omessa registrazione (art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 471/97), irrogabile autonomamente in quanto, secondo la tesi dell’Amministrazione, configurante una violazione formale distinta e autonoma.
Tale cumulo sanzionatorio risulta particolarmente gravoso alla luce del nuovo assetto normativo delineato dal D.Lgs. n. 87/2024, che ha modificato l’art. 6, comma 6, del D.Lgs. n. 471/97. La novella legislativa, pur prevedendo l’assorbimento delle sanzioni in tema di indebita detrazione nella liquidazione periodica nella violazione dichiarativa commessa “a valle”, non contempla l’assorbimento della sanzione per omessa registrazione, che resterebbe quindi autonomamente irrogabile.
Principi sanzionatori e profili di dubbia legittimità
Le fattispecie analizzate evidenziano un sistema sanzionatorio potenzialmente sproporzionato rispetto alla natura delle violazioni contestate e difficilmente conciliabile con i principi fondamentali che informano il diritto punitivo tributario.
Violazione del principio di proporzionalità
Il principio di proporzionalità, di matrice comunitaria ma ormai pienamente integrato nell’ordinamento nazionale, impone che le sanzioni siano adeguate alla gravità della violazione e alla lesività della condotta rispetto all’interesse tutelato. Nelle ipotesi esaminate, l’apparato sanzionatorio prefigurato dall’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate risulta manifestamente sproporzionato, in quanto colpisce con sanzioni particolarmente gravose condotte che non hanno arrecato alcun pregiudizio all’Erario.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ripetutamente affermato che le misure sanzionatorie non devono eccedere quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla normativa comunitaria. In particolare, nella sentenza Ecotrade (cause riunite C-95/07 e C-96/07), la Corte ha sottolineato che il principio di neutralità fiscale esige che la detrazione dell’IVA a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche qualora taluni obblighi formali siano stati omessi dai soggetti passivi.
Funzionalizzazione degli adempimenti formali nel sistema IVA
La posizione dell’Agenzia rischia di trasfigurare la natura dell’adempimento della registrazione, trasformandolo da obbligo strumentale all’esercizio della detrazione in un obbligo autonomo e fine a se stesso, sanzionabile anche quando la sua omissione non determina alcun vantaggio fiscale per il contribuente né alcun danno per l’Erario.
Tale impostazione appare difficilmente conciliabile con la giurisprudenza della Corte di Cassazione che, in numerose pronunce, ha affermato la natura strumentale degli obblighi formali in materia di IVA. Si veda, ex multis, la sentenza della Cassazione n. 10819/2019, secondo cui “in tema di IVA, il diritto alla detrazione d’imposta, quale elemento caratterizzante del sistema, può essere negato solo in presenza di un comprovato pericolo per la riscossione dell’imposta, risultando irrilevanti, ai fini della detrazione, la mera inosservanza di adempimenti formali”.
Prospettive evolutive e possibili soluzioni
Alla luce delle criticità evidenziate, sarebbe auspicabile un ripensamento dell’orientamento interpretativo espresso dall’Amministrazione finanziaria, valorizzando il collegamento funzionale esistente tra l’obbligo di registrazione e l’esercizio del diritto alla detrazione, conformemente alla ratio dell’art. 25 del D.P.R. n. 633/72.
In alternativa, potrebbe rendersi necessario un intervento normativo chiarificatore, volto a eliminare le incongruenze del sistema e a ristabilire un equilibrio tra le esigenze di controllo dell’Amministrazione finanziaria e il principio di proporzionalità che dovrebbe informare il sistema sanzionatorio tributario.
In attesa di tali sviluppi, i contribuenti potrebbero tutelarsi procedendo comunque alla registrazione delle fatture passive anche nei casi in cui non intendano esercitare il diritto alla detrazione, ancorché tale adempimento appaia, alla luce dell’analisi svolta, privo di fondamento normativo.