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Rinnovo tacito locazione commerciale

Rinnovo tacito locazione commerciale: durata legale e pattuizioni

7 Novembre, 2025

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L’articolo 28 della legge 392 del 1978 disciplina il rinnovo automatico dei contratti di locazione adibiti a destinazioni diverse dall’abitazione. Nonostante la formulazione ritenuta univoca dalla lettera normativa, la casistica professionale ha evidenziato profili di incertezza interpretativa concernenti l’estensione temporale dell’automatico rinnovamento qualora il contratto originario preveda una durata superiore ai minimi inderogabili fissati dalla legge.  nLa questione si presenta frequentemente nel contesto dei rapporti locatizi commerciali e industriali, ove le parti, specie nel contesto di negoziazioni sophisticated, concordano durate che risultano eccedenti i periodi standard legali. Al momento dello scadere del primo termine senza comunicazione di diniego, si pone l’interrogativo cruciale se l’automatica prosecuzione del vincolo obbligatorio operi per il medesimo arco temporale ovvero secondo i parametri ordinariamente previsti dalla normativa.

🕒 Cosa sapere in un minuto

Durata minima legale del rinnovo:

  • 6 anni + 6 anni per locazioni di attività industriali, commerciali e artigianali (art. 27, comma 1, L. 392/78)
  • 9 anni + 9 anni per strutture alberghiere e attività teatrali (art. 27, comma 3, L. 392/78)

Regola fondamentale:

Il rinnovo tacito opera sempre per la durata minima di legge (6 o 9 anni), indipendentemente dalla durata del primo contratto. Una clausola contrattuale che preveda un rinnovo per durata diversa deve essere esplicita e inequivocabile.

Termini di diniego:

    • Lettera raccomandata almeno 12 mesi prima della scadenza (contratti ordinari)
    • Lettera raccomandata almeno 18 mesi prima della scadenza (strutture alberghiere)

Durate differenziate secondo la destinazione dell’immobile

La disciplina positiva prevede differenziazioni rilevanti in relazione alla natura dell’attività economica svolta negli spazi locati. Per gli immobili destinati a commercio, industria e artigianato (incluse le attività artigianali ricettive), il regime ordinario stabilisce cicli di 6 anni successivamente rinnovabili, secondo quanto disposto dall’art. 27, primo comma, della L. 392/78. In questa ipotesi, il locatore che intenda interrompere il rapporto deve comunicare il rifiuto almeno 12 mesi prima della scadenza.

Disciplina derogatoria si applica ai rapporti riguardanti strutture alberghiere, alle imprese assimilabili secondo l’articolo 1786 codice civile e alle attività teatrali. In tali fattispecie, gli archi temporali si estendono a 9 anni per ogni ciclo di rinnovazione, con comunicazione di diniego necessaria almeno 18 mesi prima della scadenza del termine (art. 27, comma 3, L. 392/78).

Sia nei contratti di durata 6+6 che in quelli di durata 9+9 anni, opera il principio di inderogabilità in peius della protezione contrattuale. Disposizioni che prevedano scadenze inferiori a quelle stabilite per legge risultano nulle ai sensi dell’art. 79 della L. 392/78 e dell’art. 13, comma 3, della L. 431/98, con conseguente integrazione del contratto per effetto della disciplina di legge secondo il meccanismo di cui all’art. 1419 c.c.

L’autonomia contrattuale nei termini di durata superiori

La legge riconosce alle parti la facoltà di concordare durate eccedenti i minimi inderogabili, ferma restando l’applicazione del limite massimo trentennale previsto dall’art. 1573 c.c. Una società e il proprietario di uno spazio ad uso commerciale potrebbero legittimamente accordarsi per un primo ciclo di 10 anni anziché 6, ovvero 12 anni per una struttura ricettiva anziché 9. Tale esercizio dell’autonomia contrattuale rappresenta espressione della libertà negoziale, pur entro i vincoli normativi.

L’interrogativo ermeneutico che ha occupato i giudici attiene alle conseguenze di tale scelta in ordine al rinnovo successivo. Il problema si articola come segue: quando il primo contratto di durata concordata (ad esempio, 10 anni) scada senza che il locatore comunichi il diniego, il rinnovo automatico prosegue per 10 anni ulteriori oppure per i soli 6 anni previsti dalla disciplina ordinaria?

Il quadro normativo non fornisce risposta esplicita a tale quesito, richiedendo pertanto l’intervento dell’interpretazione giurisprudenziale. La soluzione adottata dalla Corte di Cassazione risulta rigorosa e coerente con la struttura logica della disciplina legale.

L’orientamento giurisprudenziale consolidato

La pronuncia della Cassazione n. 14367 del 14 luglio 2016 ha fornito una soluzione definitiva in tema di estensione temporale del rinnovo tacito. Secondo la Corte, qualora le parti abbiano previsto una durata contrattuale superiore al minimo fissato dalla legge, deve ritenersi escluso che il rinnovo tacito del rapporto locatizio possa comportare una durata superiore a quella minima inderogabile. In altri termini, il rinnovo opera secondo il regime ordinario legale (6 anni per le attività commerciali ordinarie, 9 anni per le strutture alberghiere) indipendentemente dal periodo concordato per il primo ciclo.

La Corte fonda il ragionamento sull’interpretazione dell’art. 28 della L. 392/78, il quale stabilisce che i contratti di locazione non abitativa si rinnovano tacitamente “di sei anni in sei anni” e “di nove anni in nove anni” a seconda della natura dell’attività. La formulazione normativa esprime un regime rigido e non derogabile per ciascun ciclo di rinnovo successivo al primo.

Una precedente pronuncia, relativa alla sentenza Cassazione n. 2316 del 2 febbraio 2007, aveva già chiarito un principio connesso ma affatto coincidente: dalla durata più lunga del primo contratto non può ricavarsi automaticamente la conclusione che una analoga deroga sia stata implicitamente pattuita anche per il successivo periodo di rinnovazione. Non opera cioè una presunzione di continuità della volizione contrattuale relativamente ai termini.

L’eccezione: pattuizione esplicita per il primo rinnovo

Rimane salva la possibilità, per le parti, di pattuire espressamente che il rinnovo alla prima scadenza operi per una durata superiore a quella minima inderogabile stabilita dalla legge. Tale facoltà rimane riservata, fermi i limiti di cui all’art. 1573 c.c. (durata massima trentennale).

L’elemento qualificante riguarda la necessità di una formulazione inequivocabile della volontà contrattuale. Non è sufficiente che il primo contratto preveda una durata estesa; è indispensabile che le parti, consapevolmente e con chiara dichiarazione, si accordino sulla medesima durata anche per il primo rinnovo. Tale accordo deve risultare da espressa disposizione contrattuale, cristallizzata nella documentazione scritta del rapporto.

La ratio sottesa a tale requisito risiede nella necessità di evitare ambiguità e fraintendimenti in ordine alle intenzioni delle parti, specialmente considerando che la disciplina ordinaria per legge prevede automaticamente il rinnovo per il periodo minimo. Un presupposto implicito o dedotto per implicazione da altre circostanze non è idoneo a produrre la deroga dalla regola legale.

Il divieto di clausole asimmetriche e l’abuso della forma contrattuale

La giurisprudenza ha censurato specificamente taluni tentativi di aggiramento della disciplina legale attraverso il ricorso a tecniche contrattuali sofisticate. In particolare, risulta vietato alle parti di stabilire una “prima durata” eccedente il minimo di legge successivamente riducendo il rinnovo a termini inferiori a quanto previsto dall’art. 28, sul presupposto che la durata complessiva garantirebbe comunque una protezione sufficiente.

Tale fattispecie è stata oggetto di ripetute pronunzie della Cassazione, tra cui spiccano le sentenze n. 22129 del 24 novembre 2004, n. 1596 del 26 gennaio 2005 e n. 15718 dell’11 luglio 2006. In tutte queste decisioni, la Corte ha ritenuto nulla ex art. 79 della L. 392/78 la clausola con cui le parti, dopo aver stabilito una prima durata superiore a quella legale (ad esempio, 10 anni anziché 6 anni), limitassero il secondo rinnovo a una durata inferiore a quella prevista dalla normativa (ad esempio, 2 anni soli), ragionando sulla base della durata complessiva.

Un caso emblematico affrontato dalla Cassazione nella sentenza del 2004 riguardava un contratto di locazione con durata pattiziamente concordata in 12 anni. La Corte d’Appello aveva ritenuto che la disciplina del diniego di rinnovazione non trovasse applicazione, sostenendo erratamente che la finalità dell’art. 28 fosse quella di assicurare una durata minima complessiva al rapporto pari a 12 anni. La Cassazione ha capovolto tale interpretazione, affermando chiaramente che l’articolo 28 mira a proteggere il rapporto mediante cicli ripetuti di 6 o 9 anni ciascuno, non attraverso una durata totale predeterminata. La protezione si articola temporalmente in periodi successivi, ciascuno con propria autonomia temporale e proprio meccanismo di diniego.

Aspetti procedurali riguardanti la comunicazione di diniego

Il meccanismo del rinnovo tacito presuppone l’assenza di comunicazione contraria da parte del locatore. Tale comunicazione deve rispondere a requisiti di forma e tempestività rigorosi. Deve essere trasmessa mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, contenere dichiarazione esplicita e inequivocabile della volontà di non rinnovare, e pervenire all’indirizzo del conduttore entro i termini previsti dalla legge.

Per i contratti di durata ordinaria (6 anni per le attività commerciali), il diniego deve pervenire almeno 12 mesi prima della scadenza. Per le strutture alberghiere e le attività assimilate, il termine si estende a 18 mesi. L’inefficienza della comunicazione (mancata ricezione, ritardo, difetto di forma, carenza di chiarezza) comporta il mancato perfezionamento del diniego, con conseguente automatica prosecuzione del rapporto.

La mancata ricezione della comunicazione di diniego nei termini corretti e secondo le modalità legalmente prescritte determina quindi l’automatica prosecuzione del vincolo contrattuale, senza necessità di atto integrativo e senza possibilità di rinegoziazione delle condizioni economiche. Il contratto continua per effetto di legge secondo le scadenze stabilite dalla disciplina vigente, che, come evidenziato, prevede periodi di rinnovo pari ai minimi inderogabili.

Implicazioni operative nella redazione contrattuale

La corretta strutturazione di un contratto di locazione non abitativa richiede ai professionisti del settore (giuristi, commercialisti, agenti immobiliari) una consapevolezza precisa della disciplina di legge applicabile. Nel momento in cui le parti intendono derogare alle regole ordinarie (prevedendo, ad esempio, un rinnovo per una durata eccedente il minimo legale), è imprescindibile incorporare nel contratto una clausola espressa, tassativamente inequivocabile e formalmente idonea.

L’assenza di tale previsione espone entrambi i contraenti al rischio che il rinnovo operi secondo la disciplina di legge, anche nel caso in cui tale esito contrastasse con le presumibilmente diverse intenzioni effettive dei soggetti coinvolti. Inoltre, la mancata corretta comunicazione dei requisiti soggettivi e dei termini di diniego può esporre il locatore al rischio di una non intenzionale prosecuzione del rapporto, con conseguenti complicazioni nella successiva conclusione del vincolo contrattuale.

La pianificazione delle clausole di durata e di rinnovo deve inoltre considerare le implicazioni sotto il profilo della gestione amministrativa, della corretta comunicazione dell’indirizzo del conduttore e della tempestiva trasmissione della comunicazione di diniego qualora il locatore intenda concludere il rapporto.

Profili tributari e benefici normativi correlati

Non deve trascurarsi il profilo relativo all’estensione dei benefici tributari e delle agevolazioni fiscali che possono derivare dalla corretta qualificazione della locazione. Se, ad esempio, il proprietario gode di determinati vantaggi normativi relativi alla locazione commerciale, è strategico verificare se tali benefici si protrarranno automaticamente durante il periodo di rinnovo.

La disciplina tributaria dell’imposta di registro, della cedolare secca (ove applicabile in forza di specifiche disposizioni normative), e della tassazione del reddito da locazione seguono solitamente il vincolo contrattuale sottostante. Una corretta pianificazione richiede tuttavia di verificare la disciplina specifica applicabile al singolo caso, poiché alcune agevolazioni possono risultare temporalmente circoscritte al primo ciclo contrattuale e non trasferibili al rinnovo.

Tabella sinottica delle durate e dei termini di diniego

Destinazione immobile Durata primo ciclo Durata rinnovo legale Termine diniego
Attività commerciali, industriali, artigianali ordinarie Minimo 6 anni 6 anni 12 mesi prima
Strutture alberghiere, imprese assimilate, attività teatrali Minimo 9 anni 9 anni 18 mesi prima
Pattuizione espressa per durata eccedente Secondo accordo Secondo accordo espresso Secondo accordo

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