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Riforma fiscale Irpef 2026: i nuovi scaglioni per il ceto medio

5 Settembre, 2025

Le prime indiscrezioni sulla manovra economica 2026 lasciano intravedere un intervento significativo sulla tassazione delle persone fisiche. L’Esecutivo sta valutando una modifica strutturale del secondo scaglione Irpef – quello che attualmente interessa i redditi tra 28.001 e 50.000 euro – con una duplice strategia: riduzione dell’aliquota dal 35% al 33% e innalzamento della soglia massima fino a 60.000 euro di reddito lordo annuo. L’operazione comporterà un esborso pubblico stimato in circa 4 miliardi di euro l’anno, ma garantirà risparmi diretti ai contribuenti fino a 1.440 euro annuali. Una mossa che – se confermata – andrebbe a beneficio di circa 11 milioni di italiani, secondo le proiezioni del Ministero dell’Economia.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Riduzione dell’aliquota IRPEF dal 35% al 33% e innalzamento del secondo scaglione fino a 60.000 euro.
  • Risparmio massimo annuo per i contribuenti: fino a 1.440 euro; benefici per circa 11 milioni di italiani.
  • L’intervento non modifica la prima aliquota (23%) ma riduce la pressione sulla fascia media.
  • Studiata un’estensione del regime forfetario anche a straordinari, premi e fringe benefit.
  • Necessarie coperture per 4 miliardi annui, attese da lotta all’evasione e razionalizzazione della spesa pubblica.
  • Effetti espansivi attesi sui consumi interni e sul gettito IVA.
  • Da attendere il testo definitivo della Legge di Bilancio 2026 e l’allineamento delle addizionali locali.

La nuova architettura tributaria in discussione

Attualmente il sistema Irpef si articola su tre fasce progressive: 23% fino a 28.000 euro, 35% da 28.001 a 50.000 euro, e 43% oltre tale soglia. La riforma fiscale Irpef 2026 manterrebbe invariata la prima aliquota, ma rimodulerebbe significativamente la fascia intermedia.

Il meccanismo della progressività garantisce che tutti i contribuenti con reddito superiore a 28.000 euro trarrebbero vantaggio dalla riduzione. Nella prassi operativa, significa che anche chi percepisce compensi oltre i 75.000 euro vedrebbe comunque alleggerire la propria posizione fiscale, seppur con un beneficio che si stabilizza una volta raggiunta la soglia dei 60.000 euro.

Calcolo dell’impatto sui redditi medi

Prendiamo un contribuente con reddito annuo di 45.000 euro. Con l’attuale normativa, l’imposta si calcola applicando il 23% sui primi 28.000 euro (6.440 euro) e il 35% sui rimanenti 17.000 euro (5.950 euro), per un totale di 12.390 euro.

Con la riforma prospettata, l’aliquota del 33% sui medesimi 17.000 euro genererebbe un’imposta di 5.610 euro, riducendo il carico complessivo a 12.050 euro. Un risparmio di 340 euro annui.

Il vantaggio massimo si registrerebbe per i redditi di 60.000 euro, dove la riduzione del 2% su 32.000 euro (la differenza tra 60.000 e 28.000) produrrebbe un beneficio di 640 euro. A questo si aggiunge l’effetto dell’ampliamento della base imponibile del secondo scaglione: altri 10.000 euro (da 50.000 a 60.000) tassati al 33% invece che al 43%, con un ulteriore risparmio di 1.000 euro. Il totale arriva così ai citati 1.440 euro di vantaggio massimo.

Estensione della flat tax: ulteriori agevolazioni in vista

Parallelamente alla rimodulazione degli scaglioni ordinari, l’Esecutivo studia un ampliamento delle voci soggette a tassazione forfetaria. In particolare, potrebbero rientrare nel regime agevolato le retribuzioni per lavoro straordinario, i compensi per giornate festive, i premi di produttività e i fringe benefit.

Si consideri che questa estensione rappresenterebbe un ulteriore alleggerimento per i lavoratori dipendenti, specialmente per coloro che beneficiano abitualmente di componenti variabili della retribuzione.

Confronto con la situazione normativa attuale

La stabilizzazione definitiva dell’Irpef a tre aliquote era già stata introdotta dalla Legge di Bilancio 2025, rendendo strutturale la riforma inizialmente prevista solo per il 2024. L’intervento ora allo studio rappresenterebbe un secondo step di questa razionalizzazione del prelievo.

È opportuno notare come l’attuale assetto – con aliquote al 23%, 35% e 43% – abbia già comportato una semplificazione rispetto al precedente sistema a quattro scaglioni. La riforma 2026 proseguirebbe questa linea, mantenendo la medesima struttura ma alleggerendo il carico sulla fascia media.

La tabella comparativa evidenzia l’evoluzione:

Scaglione di reddito Fino al 2023 2024-2025 2026 (ipotesi)
Fino a 15.000 euro 23% 23% 23%
Da 15.001 a 28.000 euro 25% 23% 23%
Da 28.001 a 50.000 euro 35% 35% 33%
Da 50.001 a 55.000 euro 43% 43% 33%
Da 55.001 a 60.000 euro 43% 43% 33%
Oltre 60.000 euro 43% 43% 43%

Copertura finanziaria e sostenibilità dell’intervento

L’operazione richiederebbe coperture per circa 4 miliardi annui. Nella prassi delle manovre pubbliche, tali risorse dovrebbero provenire dalla lotta all’evasione fiscale, dalla razionalizzazione di alcune agevolazioni esistenti e dalla revisione della spesa pubblica.

Come spesso accade nelle fasi preliminari dell’elaborazione normativa, restano da definire i meccanismi specifici di finanziamento. L’esperienza applicativa suggerisce tuttavia che interventi di questa portata necessitino di un quadro finanziario solido e sostenibile nel medio periodo.

Effetti sul sistema economico generale

La riduzione della pressione fiscale sul ceto medio potrebbe generare effetti espansivi sui consumi interni. È importante e fondamentale considerare che il maggior reddito disponibile tenderebbe a tradursi in domanda aggiuntiva, con potenziali ricadute positive anche sul gettito IVA.

Nell’esperienza applicativa internazionale, riforme fiscali di questo tipo hanno spesso mostrato capacità di autofinanziamento parziale attraverso l’incremento dell’attività economica. Occorre tuttavia valutare attentamente i tempi e l’entità di tali effetti moltiplicatori.

Aspetti spesso trascurati: le addizionali regionali e comunali

La modifica degli scaglioni Irpef determinerà necessariamente un riallineamento anche delle addizionali locali. Le amministrazioni territoriali dovranno infatti adeguare i propri parametri alla nuova struttura dell’imposta statale.

Si potrebbe generare una situazione transitoria in cui le aliquote addizionali risultino temporaneamente sfasate rispetto alla base imponibile Irpef, con possibili complicazioni operative per i sostituti d’imposta e gli stessi contribuenti.

Cronologia e iter di approvazione

Le indiscrezioni attuali dovranno trovare conferma nel testo definitivo della Legge di Bilancio 2026, la cui discussione parlamentare inizierà presumibilmente a fine ottobre. È necessario attendere la formalizzazione delle proposte normative per valutare l’effettiva portata dell’intervento.

La giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo restrittivo le norme transitorie in materia fiscale, rendendo cruciale una redazione precisa del testo legislativo. Aspetti operativi come l’adeguamento dei sistemi informatici e la formazione degli operatori richiedono inoltre tempi tecnici non trascurabili.

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