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Registro titolari effettivi

Registro titolari effettivi: l’Italia sotto procedura UE

4 Ottobre, 2025

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Il nostro Paese finisce nel mirino di Bruxelles per i ritardi nell’apertura del database sulla trasparenza societaria. Undici Stati membri coinvolti nella contestazione europea. Il Consiglio di Stato congela tutto in attesa della Corte di Giustizia. L’esecutivo comunitario ha mosso le sue pedine il 25 settembre scorso. Procedura di infrazione avviata contro l’Italia e altri dieci partner europei. Il motivo? Il mancato rispetto dei termini previsti dalla sesta direttiva antiriciclaggio per garantire l’accesso alle informazioni sui titolari effettivi di società e trust.

La scadenza era fissata al 10 luglio 2025. Data già trascorsa da tempo, eppure molti Paesi – tra cui il nostro – non hanno ancora notificato le misure nazionali necessarie. Nella lista dei “ritardatari” figurano anche Belgio, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Polonia, Slovacchia e Svezia.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • L’Italia è sotto procedura d’infrazione UE per i ritardi sull’apertura del registro titolari effettivi.
  • La sesta direttiva antiriciclaggio UE impone trasparenza, con accesso ai dati anche a chi dimostra interesse legittimo (giornalisti, ONG, ecc.).
  • La nuova normativa europea prevede la sorveglianza di Amla (dal 2027) e abroga le regole precedenti.
  • Il Consiglio di Stato ha sollevato dubbi sull’accesso e sulle garanzie processuali: nodo interpretativo ancora in attesa di risoluzione europea.
  • Se non verranno sciolti i nodi normativi, possibili sanzioni e incertezze per operatori finanziari, professionisti e fiduciari.

 

La nuova architettura normativa europea

La direttiva UE 2024/1640, approvata lo scorso maggio, fa parte del pacchetto europeo antiriciclaggio che prevede l’istituzione dell’autorità europea Amla (Anti-Money Laundering Authority). Dal 2027 sostituirà completamente la quarta direttiva 2015/849, già modificata dalla quinta.

Il testo si concentra principalmente sull’assetto organizzativo della vigilanza. Definisce le competenze delle Unità di informazione finanziaria nazionali, ma introduce subito un elemento centrale: l’apertura del registro titolari effettivi non solo alle autorità competenti.

Chi può accedere? La platea si allarga a soggetti che dimostrino un “interesse legittimo”. Giornalisti investigativi, organizzazioni non governative, associazioni impegnate nel contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.

Una scelta che riflette la volontà di ristabilire trasparenza dopo la sentenza della Corte di Giustizia UE del 2022. Quella decisione aveva invalidato la norma della quinta direttiva che consentiva l’accesso libero e incondizionato a chiunque.

I termini della procedura contro Roma

Bruxelles ha inviato le lettere di costituzione in mora. Gli undici Paesi hanno ora due mesi per completare il recepimento normativo e comunicare le misure mancanti. La Commissione europea non ha lasciato spazio a interpretazioni: “La graduale attuazione della sesta direttiva antiriciclaggio è fondamentale per prevenire vulnerabilità nei sistemi finanziari”.

In caso di risposta insoddisfacente, l’iter proseguirà con il parere motivato. Il passaggio successivo potrebbe essere il deferimento alla Corte di Giustizia europea. Con tutte le conseguenze che ne deriverebbero in termini di sanzioni e pressioni politiche.

La situazione italiana e il nodo interpretativo

Nel nostro Paese la questione si presenta particolarmente ingarbugliata. Il Consiglio di Stato ha infatti rimesso alla Corte di Giustizia europea due quesiti pregiudiziali con ordinanza n. 3532 del 2024. Una mossa che ha di fatto congelato l’operatività del registro.

Il primo quesito riguarda la definizione di “interesse legittimo”. Chi può davvero accedere ai dati dei titolari effettivi? Serve una precisazione europea per stabilire i confini di questa categoria. Il secondo quesito tocca un aspetto procedurale: è compatibile con il diritto dell’Unione attribuire alle Camere di Commercio il potere decisionale sulle richieste di accesso?

La questione centrale riguarda le garanzie processuali. Il sistema italiano non prevede un ricorso giurisdizionale effettivo davanti a un giudice per chi si vede negato l’accesso. Una lacuna che potrebbe risultare incompatibile con i principi europei.

Camere di commercio e accesso ai dati

Nella prassi italiana, sono le Camere di Commercio a gestire le richieste. Un sistema che presenta alcune criticità sotto il profilo delle garanzie procedurali. I soggetti interessati non hanno strumenti di tutela giurisdizionale se la loro istanza viene respinta.

Il rinvio pregiudiziale ha dato origine alla causa C-684/24, discussa nei giorni scorsi a Lussemburgo. Si tratta di una procedura che potrebbe protrarsi per mesi, creando ulteriore incertezza sull’applicazione delle norme.

Rischi e prospettive per il sistema nazionale

L’Italia si trova così stretta in una morsa. Da una parte la pressione di Bruxelles per rispettare il calendario di recepimento della sesta direttiva. Dall’altra il controllo dei giudici europei sulle modalità concrete di accesso al registro titolari effettivi.

Sullo sfondo permane il difficile equilibrio tra trasparenza e riservatezza. La lotta al riciclaggio richiede informazioni accessibili, ma i soggetti coinvolti hanno diritto alla protezione dei dati personali.

Se i nodi normativi non verranno sciolti rapidamente, il rischio è quello di un aggravamento della procedura d’infrazione. Con possibili sanzioni economiche e nuove incertezze per operatori finanziari, professionisti e fiduciari. Categorie che si trovano già a dover applicare regole ancora parzialmente sospese.

La questione tocca anche gli intermediari che operano nel settore finanziario. Banche e altri operatori devono infatti acquisire informazioni sui titolari effettivi per gli adempimenti di adeguata verifica della clientela.

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