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Regime de minimis: come funziona il tetto di € 300.000 in tre anni

9 Dicembre, 2025

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Quando si parla di regime de minimis si fa riferimento a una disciplina europea che consente agli Stati membri di concedere alle imprese piccoli aiuti economici senza dover passare ogni volta dal vaglio preventivo della Commissione europea. L’idea è semplice: se l’aiuto è davvero contenuto, non altera in modo significativo la concorrenza nel mercato interno, quindi non serve un controllo caso per caso. La base giuridica sta negli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, cioè nella disciplina generale sugli aiuti di Stato, e nel regolamento UE 2023/2831 del 13 dicembre 2023 che ha aggiornato la cornice applicativa del regime de minimis. In pratica il regolamento definisce cosa si può fare, entro quali limiti e con quali cautele. In questo quadro ogni Stato può costruire bandi, contributi e crediti d’imposta che “appoggiano” proprio su questa esenzione, a condizione di restare sotto una determinata soglia complessiva.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Il regime de minimis permette aiuti di Stato di modesta entità senza autorizzazione preventiva della Commissione UE.
  • Il limite massimo è di 300.000 € per impresa in 3 esercizi finanziari su base mobile.
  • Rientrano contributi a fondo perduto, crediti d’imposta, finanziamenti agevolati e garanzie pubbliche.
  • Il massimale si calcola su tutti gli aiuti de minimis concessi alla stessa “impresa unica”, inclusi collegamenti di gruppo.
  • Alcuni settori, come agricoltura, pesca, acquacoltura ed esportazioni, seguono regole particolari o sono esclusi dal regolamento generale.
  • È opportuno tenere un registro interno degli aiuti ricevuti e verificare sempre il plafond residuo prima di nuove domande.

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Il collegamento con gli aiuti di Stato nel TFUE

Gli aiuti di Stato, nella teoria e nella prassi, sono sempre guardati con sospetto perché rischiano di falsare la concorrenza. Il TFUE, agli articoli 107 e 108, stabilisce i principi generali e chiede che gli interventi pubblici compatibili siano controllati e autorizzati dalla Commissione.

Il regime de minimis rappresenta una sorta di “corsia semplificata”. Secondo quanto previsto dal regolamento UE 2023/2831, gli aiuti che non superano un certo importo massimo e rispettano determinate condizioni sono considerati talmente modesti da non richiedere alcuna notifica preventiva.

Il risultato è un quadro più snello. Da un lato gli Stati possono sostenere rapidamente le imprese. Dall’altro le aziende, soprattutto le PMI, possono accedere a contributi senza tempi procedurali eccessivi. Il prezzo da pagare è un vincolo quantitativo piuttosto chiaro: il massimale complessivo.

La soglia dei 300.000 € e il triennio mobile

Il cuore del regime de minimis è il limite quantitativo. Per essere considerati tali, gli aiuti non devono superare 300.000 € nell’arco di tre esercizi finanziari.

Qui c’è un primo punto che spesso genera confusione: il triennio non coincide con un periodo fisso, ad esempio 2023–2025, ma va calcolato su base mobile. Si deve guardare indietro di tre esercizi rispetto alla data in cui si presenta la domanda di un nuovo aiuto.

In pratica, quando l’impresa chiede un nuovo contributo in regime de minimis, occorre:

  • sommare tutti gli aiuti de minimis già ottenuti nei tre esercizi precedenti

  • verificare che, sommando il nuovo importo richiesto, non si superi il tetto di 300.000 €

Se il plafond residuo è sufficiente, l’aiuto è astrattamente concedibile in quel quadro. Se invece la somma eccede il massimale, l’agevolazione non può essere qualificata de minimis e richiederebbe un’altra base giuridica compatibile con le regole sugli aiuti di Stato.

Per avere una visione rapida, può tornare utile una piccola sintesi schematica:

Elemento Regola principale
Limite complessivo 300.000 €
Orizzonte temporale 3 esercizi finanziari su base mobile
Soggetto di riferimento La singola impresa (attenzione a collegate e gruppi)
Effetto del superamento Perdita del regime de minimis per l’aiuto eccedente

Quali aiuti rientrano nel regime de minimis

Il regime de minimis può coprire, almeno in teoria, tutte le imprese di qualsiasi settore. Esistono però eccezioni importanti per pesca, acquacoltura, agricoltura ed esportazioni, che seguono regole parzialmente diverse o hanno propri regolamenti specifici.

La forma dell’aiuto non è decisiva. Conta il valore economico equivalente. Per questo la disciplina si applica a:

  • contributi a fondo perduto;
  • finanziamenti agevolati, in cui si deve calcolare l’equivalente sovvenzione;
  • garanzie pubbliche, con valutazione del “vantaggio” per l’impresa;
  • crediti d’imposta di natura agevolativa.

Tra le misure riconducibili al regime de minimis rientrano, ad esempio, alcuni crediti d’imposta per investimenti, interventi regionali a sostegno delle PMI o bandi specifici come il bando ISI INAIL che incentiva il miglioramento della sicurezza sul lavoro.

La chiave, per l’operatore, è capire se l’agevolazione richiama espressamente la cornice de minimis nel bando o nella norma istitutiva. Quando è così, scatta l’obbligo di monitoraggio del plafond.

Settori esclusi e attenzioni operative

Non tutte le attività possono beneficiare delle stesse condizioni. Il regolamento generale esclude o limita gli aiuti legati a:

  • attività connesse all’esportazione verso Paesi terzi o altri Stati membri;
  • alcuni comparti agricoli, pesca e acquacoltura, che hanno regole proprie.

Si deve inoltre prestare attenzione alle imprese appartenenti a gruppi. Nella prassi, le autorità di gestione verificano se esistono imprese collegate o associate. In tal caso il massimale di 300.000 € si riferisce spesso all’“impresa unica”, concetto che può includere più soggetti giuridici legati da controllo o partecipazioni rilevanti.

Una criticità tipica è il frazionamento inconsapevole: più società del medesimo gruppo che attingono, ciascuna, al regime de minimis, rischiano di superare il massimale se sommate. Qui è necessario un coordinamento interno forte.

Un esempio pratico di utilizzo del regime de minimis

Si consideri una PMI che nel 2023 ha ottenuto 80.000 € di contributi per investimenti in macchinari, in regime de minimis. Nel 2024 la stessa impresa beneficia di un credito d’imposta agevolato che, ai fini del calcolo, vale 90.000 €. Nel 2025 partecipa a un bando regionale che prevede un ulteriore contributo di 120.000 € sempre nel medesimo regime.

Al momento della domanda nel 2025, l’impresa deve guardare al triennio mobile 2023–2025:

  • aiuti 2023: € 80.000
  • aiuti 2024: € 90.000
  • nuovo aiuto 2025: € 120.000

La somma complessiva arriva a € 290.000. Il plafond non è ancora esaurito, ma il margine residuo è solo di 10.000 €. Un’ulteriore agevolazione de minimis, se richiesta nello stesso periodo di riferimento, potrebbe far saltare il limite.

Nella prassi si vedono situazioni ancora più delicate, ad esempio quando una garanzia pubblica su un finanziamento agevolato genera un equivalente sovvenzione che, sommata a contributi diretti, porta il totale oltre € 300.000. Qui si capisce quanto sia facile sottovalutare il tema se non esiste uno strumento interno di controllo.

Perché il monitoraggio del regime de minimis è decisivo

Il regime de minimis, sulla carta, è un mezzo per semplificare la vita alle imprese e alle amministrazioni concedenti. Riduce gli oneri burocratici, consente di attivare in tempi rapidi misure di sostegno, favorisce soprattutto le PMI che non avrebbero struttura per affrontare procedure di notifica complesse.

Questa stessa semplicità però può ingannare. Le imprese possono essere tentate di considerarlo come un “pozzo” sempre disponibile, quando in realtà si tratta di un plafond numericamente definito, che si esaurisce. E, una volta esaurito, l’agevolazione successiva non potrà più qualificarsi de minimis.

Inoltre, diversi regimi agevolativi si sovrappongono. Alcuni bandi prevedono de minimis generali. Altri si basano su regole speciali per settori come l’agricoltura. Altri ancora su esenzioni per categoria diverse dal de minimis. Senza una mappa chiara, il rischio di errore cresce.

Nella prassi, un approccio sano prevede:

  • un registro interno aggiornato di tutti gli aiuti pubblici ricevuti
  • la distinzione tra agevolazioni de minimis e altri aiuti di Stato
  • il confronto preventivo con il consulente prima di presentare nuove domande

Il punto non è solo “ottenere il contributo”, ma ottenere un aiuto legittimo e stabile, che non possa essere rimesso in discussione in sede di controllo da parte delle autorità nazionali o europee.

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