I debitore che pensava di mettere al sicuro le entrate future perché il conto aveva saldo negativo al momento della notifica dell’atto esattoriale dovrà ricredersi. La Cassazione, con sentenza numero 28520 depositata il 27 ottobre 2025, traccia un solco netto: il vincolo di pignoramento speciale non scatta e poi si esaurisce, bensì rimane attivo e vigente durante uno “spazio temporale” ben preciso, catturando anche le somme che si accumulano successivamente, purché il rapporto base da cui derivano risulti già costituito nel momento in cui il pignoramento viene notificato.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- La sentenza: Cassazione n. 28520 del 27 ottobre 2025.
- Principio affermato: Il pignoramento speciale esattoriale di crediti non si limita al saldo presente al momento della notifica, ma si estende anche ai fondi accreditati successivamente, fino a concorrenza del debito.
- Periodo di efficacia: 60 giorni dalla notifica (15 giorni per fitti e pigioni). Durante questo “spatium deliberandi”, la banca custodisce e versa all’agente della riscossione qualsiasi somma affluente sul conto.
- Condizione essenziale: I crediti futuri devono derivare da un rapporto base già esistente al momento del pignoramento (ad es., il contratto di conto corrente).
- Impatto pratico: Anche se il conto è vuoto al momento della notifica, rimane congelato per 60 giorni. Stipendi, bonifici e versamenti successivi sono automaticamente destinati al fisco, fino al soddisfacimento del debito.
- Normativa di riferimento: Articoli 72 e 72-bis del DPR 602/1973 (riscossione coattiva).
Il principio innovativo della sentenza cassazionale
La questione affrontata dalla Suprema Corte riguardava un istituto bancario che, dopo aver ricevuto l’ordine di pignoramento esattoriale per crediti verso un cliente, aveva versato all’agente della riscossione non soltanto il saldo positivo disponibile al momento della comunicazione, bensì anche le somme successivamente accreditate sul conto nei sessanta giorni seguenti. Il correntista, ovviamente, aveva impugnato il comportamento della banca ottenendo ragione dai tribunali di merito. Tribunale e Corte di Appello avevano ritenuto, infatti, che il pignoramento dovesse limitarsi al saldo “fotografato” nell’istante della notifica, senza poter estendersi alle rimesse future.
La Cassazione ribalta completamente questo orientamento. I giudici di legittimità chiariscono che il pignoramento speciale, disciplinato dagli articoli 72 e 72-bis del Decreto del Presidente della Repubblica 602 del 1973, non riguarda esclusivamente i crediti già determinati e liquidi al momento dell’esecuzione. Più precisamente, il vincolo può abbracciare anche crediti che diventeranno disponibili in seguito, a condizione che scaturiscano da un rapporto giuridico che già sussisteva quando il pignoramento è stato notificato. Nel caso esaminato, il rapporto base è il contratto di conto corrente bancario, e dunque qualunque somma affluisca sul conto rimane vincolata agli obblighi esattoriali per il periodo definito dalla normativa.
Come funziona il meccanismo dei 60 giorni
L’articolo 72-bis del DPR 602/1973 prevede che l’ordine di pagamento diretto notificato dall’agente della riscossione al terzo pignorato (in questo caso la banca) indichi un termine preciso: sessanta giorni dalla notifica per le somme di cui il diritto alla percezione sia maturato prima della comunicazione dell’atto. Per i fitti e le pigioni il termine è ridotto a quindici giorni. Durante questo lasso temporale, definito dalla dottrina come “spatium deliberandi”, la banca non può semplicemente aspettare: deve custodire, monitorare, e infine versare tutto ciò che confluisce sul conto fino al soddisfacimento totale del credito per il quale si procede.
Quello che appariva prima come un margine temporale concesso all’istituto di credito per effettuare verifiche amministrative si rivela, alla luce della sentenza, una finestra di custodia e garanzia a favore del creditore. Se il saldo è negativo al momento della notifica, oppure se un primo pagamento da parte della banca si rivela insufficiente, il vincolo non si estingue. Rimane invece pienamente operativo, pronto a catturare qualsiasi importo si materializzi sul conto nel corso dei sessanta giorni. È irrilevante che il correntista non avesse nulla al momento del pignoramento: il fisco, tramite l’agenzia della riscossione, mantiene comunque il diritto di aggredire gli accrediti venturi.
Le procedure speciali alternative al giudice ordinario
L’aspetto procedimentale che rende il pignoramento speciale esattoriale particolarmente incisivo consiste nell’assenza del giudice dell’esecuzione. Mentre il pignoramento ordinario ex articolo 543 del codice di procedura civile richiede l’intervento del giudice, le procedure contenute nel regolamento di riscossione consentono all’agente della riscossione di procedere direttamente, senza l’ausilio della magistratura e nei limiti fissati dalla normativa medesima.
L’articolo 72 disciplina il pignoramento di fitti e pigioni. L’atto notificato al terzo contiene l’ordine di pagare direttamente al concessionario i canoni scaduti non corrisposti entro quindici giorni dalla comunicazione, nonché i canoni a scadere fino all’estinzione del credito per cui si procede. Nel caso dei crediti generici verso terzi, l’articolo 72-bis prevede invece che il terzo provveda al pagamento entro sessanta giorni per quanto concerne le somme già maturate, mentre per i crediti futuri il versamento avviene alle rispettive scadenze. La legge consente di includere un vero e proprio ordine di pagamento diretto, sostituendo così la citazione prevista nel processo civile ordinario.
Nel caso di mancato adempimento all’ordine, la procedura esecutiva non si ferma. L’agente della riscossione procede previa citazione sia del terzo intimato che del debitore, applicando ormai le norme del codice di procedura civile per le sole questioni controverse. Questo meccanismo accelerato mira a rendere più efficace il recupero dei crediti e a comprimere i tempi burocratici.
Il rapporto base preesistente come fondamento del pignoramento
Un aspetto decisivo sulla quale la Cassazione insiste con particolare determinazione è la necessità che il rapporto base sia effettivamente già costituito al momento dell’esecuzione. Non è possibile pignorare crediti futuri che nascerebbero solo successivamente da un nuovo rapporto. Deve trattarsi invece di crediti che “potenzialmente” scaturiranno da una relazione giuridica già esistente.
Nel caso di fitti e pigioni, ad esempio, il rapporto locatizio già sussiste, e dunque rimangono pignorabile tutte le pigioni che verranno a scadenza nel corso dei sessanta giorni. Analogamente, nel pignoramento di saldo conto corrente, il contratto bancario è già in essere, per cui qualunque rimessa accreditata dal titolare, dalla sua azienda o da terzi rimane soggetta al vincolo. La giurisprudenza citata dalla Corte, risalente a novembre 2021 e settembre 2021, aveva già affermato che il pignoramento del saldo attivo di conto corrente comprende anche i crediti che maturano successivamente alla notifica, non solo fino all’eventuale assegnazione giudiziaria della somma, bensì persino fino al momento di un eventuale accertamento giudiziario dell’obbligo della banca medesima.
Un esempio concreto: lo scenario del correntista pignorato
Immaginiamo una situazione concreta. Un imprenditore ha un debito di tremila euro con il fisco per imposte non pagate. L’agenzia della riscossione notifica il pignoramento al conto corrente presso la sua banca. Al momento della notifica, il saldo è in leggero rosso: meno cinquanta euro. L’imprenditore pensa di essere al sicuro: non c’è nulla da prendere. Ma due settimane dopo riceve l’accredito di uno stipendio per una consulenza fornita. La banca, obbligata dal vincolo di pignoramento, trattiene l’intero importo e lo versa all’agente della riscossione. Non importa che il saldo fosse negativo; non importa che le somme arrivassero dopo il pignoramento. Quello che conta è che il rapporto bancario esisteva, e qualunque movimento di denaro in entrata rimane catturato dal vincolo fino alla copertura totale del debito o fino al compimento dei sessanta giorni, a seconda di quale evento si verifichi per primo.
La procedura continua a operare anche se l’imprenditore riceve altri versamenti nelle settimane successive (ad esempio, un rimborso forfettario, un bonus, un bonifico da un cliente). Tutto rimane congelato e destinato all’agenzia della riscossione. Solo allo scadere del sessantesimo giorno, o nel momento in cui il debito risulti interamente coperto, il vincolo si allenta e le future rimesse torna libere di circolare nel conto.
Le implicazioni per le banche e per i debitori
Da una prospettiva operativa, la sentenza trasferisce sulle spalle delle banche una responsabilità ulteriore e complessa. L’istituto di credito deve instaurare procedure di monitoraggio che garantiscano la corretta applicazione del pignoramento nel corso dei sessanta giorni. Non è sufficiente versare il saldo presente e poi dimenticare l’ordine ricevuto. Occorre vigilanza costante sui movimenti contabili, una sorta di “custodia attiva” dei fondi che fluiscono nel conto.
Se la banca non agisce in conformità a quanto disposto nell’atto di pignoramento, espone sé stessa a responsabilità civile nei confronti dell’agente della riscossione. Il terzo pignorato è tenuto a compiere in proprio quanto necessario per garantire l’esecuzione della procedura: ciò significa che non può invocare la diligenza ordinaria, bensì una diligenza specificamente idonea a tutelare il credito del fisco.
Per il debitore, la sentenza rappresenta una significativa restrizione della libertà di movimento finanziario. La finestra temporale di sessanta giorni diventa un periodo di quasi totale indisponibilità delle rimesse, indipendentemente dalla natura di queste (retribuzioni, pensioni, bonifici di collaboratori, rimborsi di fornitori). Non rientra nel vincolo solo ciò che la legge esclicitamente protegge (ad esempio il triplo dell’assegno sociale per le persone fisiche), mentre tutto il resto rimane potenzialmente catturabile. La situazione, sebbene dura, trova la sua ragione nella necessità dello Stato di garantire l’effettività della riscossione tributaria, pur non senza rilievi sotto il profilo della proporzionalità e del bilanciamento degli interessi.
Il contesto giurisprudenziale preesistente
La decisione della Cassazione non nasce dal vuoto interpretativo. I giudici di legittimità si richiamano a orientamenti già sedimentati nella giurisprudenza, in particolare a due sentenze della stessa Corte risalenti a qualche anno prima: la pronuncia n. 36066 del 23 novembre 2021 e la sentenza n. 24686 del 14 settembre 2021. Entrambe le decisioni già affermavano che il pignoramento del saldo attivo di conto corrente non è circoscritto al momento istantaneo della notifica, ma si dilata per abbracciare anche i crediti sorti successivamente. Quello che la sentenza n. 28520 fa è “cristallizzare” ulteriormente questo indirizzo, eliminando le residue zone d’ombra e mettendo nero su bianco che il periodo di estensione è appunto quello dei sessanta giorni, e che l’inclusione di crediti futuri è ammissibile a patto che derivino da un rapporto base preesistente.
La Cassazione, nella sua motivazione, sottolinea inoltre il carattere “paradossale” che la situazione precedente poteva determinare. Se l’efficacia del pignoramento dipendesse dalla maggiore o minore celerità della banca, il risultato concreto della procedura si rivelerebbe incoerente e ingiustificato: un creditore otterrebbe risultati diversi a seconda della tempestività organizzativa dell’istituto di credito, non per ragioni connesse al diritto sostanziale, bensì per motivi puramente procedurali. La soluzione della Suprema Corte risolve questa incongruenza, affidando alla legge (il termine dei sessanta giorni) il compito di tracciare il perimetro dell’efficacia del vincolo.



