Dal 10 giugno 2025 ha preso avvio un nuovo capitolo nel rapporto tra impresa e lavoratori con l’entrata in vigore della legge n. 76/2025 sulla partecipazione dei dipendenti alla gestione, al capitale e agli utili aziendali. Il provvedimento delinea un quadro articolato di strumenti partecipativi che coinvolgono i lavoratori su quattro diversi livelli: gestionale, economico-finanziario, organizzativo e consultivo. La normativa assegna un ruolo di primo piano alla contrattazione collettiva, chiamata a definire le modalità concrete di implementazione delle varie forme partecipative. Un aspetto che nella prassi applicativa potrebbe determinare approcci differenziati tra i diversi settori produttivi.
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La partecipazione gestionale: lavoratori negli organi societari
L’innovazione più significativa riguarda la possibilità per gli statuti societari di prevedere l’inserimento di rappresentanti dei lavoratori negli organi di amministrazione e controllo. Si tratta di una novità che, come spesso accade in questi casi, richiederà un periodo di rodaggio per comprenderne le implicazioni pratiche.
Nelle società con sistema dualistico, dove convivono consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza, gli statuti possono prevedere la partecipazione al consiglio di sorveglianza di uno o più rappresentanti dei lavoratori dipendenti. La loro individuazione avviene secondo procedure definite dai contratti collettivi – aspetto che nella casistica comune potrebbe generare qualche incertezza interpretativa iniziale.
Per le società che adottano il sistema tradizionale, la partecipazione può riguardare il consiglio di amministrazione e, ove costituito, il comitato per il controllo sulla gestione. Gli amministratori così designati – ed è questo un elemento di particolare rilievo – non possono assumere incarichi direttivi nella società nei tre anni successivi alla cessazione del mandato. Salvo, naturalmente, l’ipotesi in cui l’incarico fosse già stato ricoperto prima della designazione.
Incentivi economici: le novità per il 2025
Sul versante della partecipazione economica, il legislatore ha previsto misure di carattere temporaneo per favorire l’adesione delle imprese al nuovo sistema. Limitatamente all’anno 2025, si consideri che:
In caso di distribuzione ai lavoratori di una quota di utili aziendali non inferiore al 10% degli utili complessivi, il limite degli utili assoggettabili all’imposta sostitutiva del 5% (ex legge n. 208/2015) viene innalzato da 3.000 a 5.000 euro lordi. Si tratta di un incremento significativo che potrebbe incentivare forme più ampie di partecipazione agli utili.
Parallelamente, i dividendi corrisposti ai lavoratori derivanti dalle azioni attribuite in sostituzione di premi di risultato, per un importo non superiore a 1.500 euro annui, beneficiano dell’esenzione dalle imposte sui redditi per il 50% del loro ammontare.
Per l’applicazione del regime fiscale sostitutivo, si deve verificare che il reddito da lavoro dipendente non abbia superato 80.000 euro nell’anno precedente a quello di percezione degli emolumenti. L’aliquota dell’imposta sostitutiva è pari al 5% fino al 2027, per poi attestarsi al 10% a regime.
Tipologia di incentivo | Importo massimo | Agevolazione prevista |
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Distribuzione utili (min. 10%) | 5.000 euro | Imposta sostitutiva al 5% |
Azioni sostitutive premi risultato | 1.500 euro | Esenzione IRPEF del 50% sui dividendi |
Partecipazione organizzativa: commissioni e nuove figure
Nel campo della partecipazione organizzativa, la normativa incoraggia l’istituzione di commissioni paritetiche composte da rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori in eguale numero. Queste commissioni sono finalizzate alla predisposizione di proposte di piani di miglioramento e innovazione – dei prodotti, dei processi produttivi, dei servizi e dell’organizzazione del lavoro.
È inoltre possibile prevedere in organigramma figure specifiche: referenti della formazione, dei piani di welfare, delle politiche retributive, della qualità dei luoghi di lavoro, della conciliazione e della genitorialità. Non mancano i responsabili della diversità e dell’inclusione delle persone con disabilità.
Le imprese con meno di 35 dipendenti possono favorire forme di partecipazione all’organizzazione aziendale anche attraverso enti bilaterali – una soluzione che nella pratica professionale si osserva già in alcuni settori.
La dimensione consultiva e il ruolo del CNEL
La partecipazione consultiva si realizza attraverso commissioni paritetiche che coinvolgono le rappresentanze sindacali unitarie o aziendali, o in loro mancanza i rappresentanti dei lavoratori e le strutture territoriali degli enti bilaterali. La definizione della composizione delle commissioni, nonché delle sedi, dei tempi, delle modalità e dei contenuti della consultazione è devoluta ai contratti collettivi nazionali.
Un aspetto di particolare interesse riguarda l’istituzione presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro di una Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori. La Commissione – composta da rappresentanti del CNEL, del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e da esperti designati dalle organizzazioni sindacali – avrà il compito di monitorare l’attuazione della legge e fornire pareri interpretativi e di indirizzo.
Obblighi formativi e prospettive applicative
La legge stabilisce obblighi formativi per i rappresentanti dei lavoratori coinvolti nelle commissioni o negli organi societari: almeno dieci ore annue, finanziabili tramite enti bilaterali, fondi interprofessionali o il Fondo Nuove Competenze. L’obiettivo è sviluppare competenze tecniche, specialistiche e trasversali – un aspetto spesso trascurato nelle dinamiche partecipative tradizionali.
Nell’esperienza applicativa di normative analoghe, la fase di avvio si caratterizza spesso per un approccio prudente da parte delle imprese. Sarà interessante osservare come la contrattazione collettiva declinerà concretamente questi strumenti e quale sarà l’effettiva adesione delle aziende alle diverse forme di partecipazione previste.