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La responsabilità solidale negli appalti: un’analisi approfondita tra normativa, obblighi e sentenze

Marzo 22, 2024

 

La responsabilità solidale negli appalti è un tema di grande rilevanza nel panorama giuridico italiano, in quanto coinvolge molteplici soggetti, quali committenti, appaltatori e subappaltatori, e richiede una conoscenza approfondita della normativa di riferimento, degli obblighi delle parti e delle più recenti pronunce giurisprudenziali. In questo articolo, ci proponiamo di esaminare in dettaglio tutti gli aspetti legati alla responsabilità solidale negli appalti, fornendo un quadro esaustivo e completo della materia, arricchito da esempi pratici e da una sezione di domande e risposte per chiarire eventuali dubbi o perplessità.

Gli appalti: nozioni e previsioni contrattuali

Per comprendere appieno il concetto di responsabilità solidale negli appalti, è necessario partire dalla definizione stessa di appalto, fornita dall’articolo 1655 del Codice Civile. Secondo tale norma, l’appalto è il contratto con cui una parte (l’appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro, su commissione di un’altra parte (il committente).

L’articolo 1656 del Codice Civile pone un importante limite alla facoltà dell’appaltatore di subappaltare l’esecuzione dell’opera o del servizio, subordinandola all’autorizzazione del committente. Sebbene il Codice non fornisca una definizione specifica di subappalto, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24368 del 16 ottobre 2017, ha chiarito che il subappalto è un vero e proprio appalto derivato da un contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto.

Nella redazione di un contratto d’appalto, è consigliabile prevedere alcune clausole specifiche per tutelarsi da eventuali inadempienze o problematiche. Tra queste, si segnalano:

  • L’autorizzazione scritta del committente per eventuali subappalti;
  • L’impiego da parte dell’appaltatore di personale regolarmente assunto, assicurato e retribuito secondo i CCNL di riferimento;
  • La possibilità per il committente di sospendere i pagamenti in caso di mancata attestazione, da parte dell’appaltatore, dell’osservanza delle obbligazioni retributive, fiscali e contributive relative al personale impiegato;
  • Il diritto del committente di impedire l’accesso ai luoghi di lavoro al personale per il quale l’appaltatore non abbia dimostrato la corretta assunzione e il rispetto degli adempimenti retributivi, fiscali e contributivi;
  • L’obbligo per l’appaltatore di produrre copia delle polizze assicurative per la responsabilità civile verso i dipendenti e verso terzi, con massimali adeguati.

È importante sottolineare che, pur adottando tutte le cautele suggerite, il committente non è completamente al riparo da eventuali contestazioni dei lavoratori riguardo alla corretta retribuzione percepita in relazione all’attività effettivamente svolta.

La normativa di base e la responsabilità solidale

Il principale riferimento normativo in materia di responsabilità solidale negli appalti è l’articolo 29, comma 2, del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276. Tale disposizione prevede che, in caso di appalto di opere o servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro sia obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di TFR, i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto. Sono escluse dalla responsabilità solidale le sanzioni civili, di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.

La nozione di responsabilità solidale, come definita dall’articolo 1292 del Codice Civile, implica che ciascun debitore può essere costretto all’adempimento per l’intero e l’adempimento da parte di uno libera gli altri. In altre parole, il committente, l’appaltatore e gli eventuali subappaltatori sono tutti ugualmente responsabili nei confronti dei lavoratori per le somme loro dovute.

La Corte di Cassazione si è espressa in diverse occasioni sulla responsabilità solidale negli appalti, fornendo importanti chiarimenti. Con la sentenza n. 4237 del 13 febbraio 2019, la Suprema Corte ha affermato che, in considerazione della successione nel tempo di differenti disposizioni regolanti la materia, si applica il regime di solidarietà vigente al momento dell’insorgenza del credito del lavoratore. La sentenza n. 834 del 15 gennaio 2019 ha invece escluso che sul lavoratore gravi l’onere di provare l’entità dei debiti di ciascuna società appaltatrice convenuta in giudizio.

Va precisato che, nel momento in cui l’appaltatore abbia integralmente incassato il corrispettivo pattuito per l’appalto e abbia versato le corrette retribuzioni ai propri ausiliari, viene automaticamente meno la responsabilità solidale del committente.

Differenza tra contratto di appalto e somministrazione di lavoro

Un aspetto cruciale per l’applicazione della disciplina sulla responsabilità solidale è la corretta distinzione tra contratto di appalto e contratto di somministrazione di lavoro. L’articolo 29, comma 1, del D.Lgs. 276/2003 individua i criteri distintivi nell’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore e nell’assunzione, da parte dello stesso, del rischio d’impresa.

La Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi più volte su tale distinzione. Con l’ordinanza n. 12807 del 26 giugno 2020, la Sezione V ha confermato che la differenza risiede nell’assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore e nell’eterodirezione dei lavoratori utilizzati, che si verifica quando l’appaltante non solo organizza, ma dirige anche i dipendenti dell’appaltatore. In caso di appalto non genuino, il rapporto di somministrazione di lavoro è nullo e il committente non può detrarre l’IVA.

La sentenza n. 10966 del 9 giugno 2020 ha chiarito che l’utilizzatore della prestazione lavorativa non assume automaticamente la qualifica di datore di lavoro, ma solo se e quando il lavoratore abbia esercitato con esito positivo l’azione costitutiva del rapporto di lavoro ai sensi dell’articolo 29, comma 3-bis, del D.Lgs. 276/2003.

Gli obblighi del committente verso i lavoratori dell’appalto

In base all’articolo 29, comma 2, del D.Lgs. 276/2003, i lavoratori dipendenti dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori possono agire direttamente nei confronti del committente per ottenere il pagamento delle retribuzioni, del TFR, dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi loro spettanti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto.

Tuttavia, la responsabilità del committente incontra alcuni limiti. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5247 del 25 febbraio 2022, ha chiarito che il termine “trattamenti retributivi” va interpretato in senso rigoroso, con esclusione di somme ulteriori rispetto a quelle costituenti la retribuzione in senso stretto.

Inoltre, la responsabilità solidale del committente è limitata ai soli periodi di esecuzione dell’appalto e al solo personale effettivamente impiegato nello stesso. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29629 del 14 novembre 2019, ha precisato che l’azione del lavoratore nei confronti del committente è soggetta al termine di decadenza di 2 anni dalla cessazione dell’appalto.

È importante sottolineare che la responsabilità solidale sussiste indipendentemente dall’esistenza di crediti dell’appaltatore verso il committente e che il termine per l’azione dell’ente previdenziale è di 5 anni, come affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 18004 del 5 luglio 2019. Va anche evidenziato che, a seguito dell’abrogazione del comma 28 dell’articolo 35 del D.L. 223/2006 ad opera dell’articolo 2 del D.L. 25/2017, a decorrere dal 17 marzo 2017 non è più necessaria l’escussione preventiva del patrimonio dell’appaltatore per l’esercizio dell’azione da parte del lavoratore nei confronti del committente (Cass. n. 444 del 10 gennaio 2019).

Il committente è esonerato da responsabilità per le sanzioni civili e, una volta effettuato il pagamento ai dipendenti dell’appaltatore, deve assolvere gli obblighi di sostituto d’imposta. Il committente può poi esercitare l’azione di regresso verso il coobbligato per recuperare quanto versato. Sono esclusi dalla responsabilità solidale i committenti persone fisiche che non esercitano attività d’impresa o professionale, salvo che il contratto sia stipulato in violazione dei presupposti di cui all’articolo 29, comma 1, lettere a) e b), del D.Lgs. 276/2003, e le Pubbliche Amministrazioni.

La differenza tra l’art. 1676 c.c. e l’art. 29 del D.Lgs. 276/2003

Un tema di particolare interesse è il rapporto tra l’articolo 1676 del Codice Civile e l’articolo 29 del D.Lgs. 276/2003. L’articolo 1676 c.c. prevede che i dipendenti dell’appaltatore possano proporre azione diretta verso il committente per conseguire quanto loro dovuto, entro il limite del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel momento in cui essi propongono la domanda. L’articolo 29 del D.Lgs. 276/2003, invece, stabilisce una responsabilità solidale del committente a prescindere dall’esistenza di un debito verso l’appaltatore, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17365 del 28 agosto 2019, ha chiarito che l’articolo 29 ha introdotto una tutela aggiuntiva per i lavoratori, senza tuttavia eliminare la possibilità di avvalersi dell’articolo 1676 c.c., che rimane uno strumento alternativo e concorrente. Le due norme differiscono per presupposti, contenuti ed effetti, e il lavoratore può scegliere discrezionalmente a quale fare ricorso.

Alcune sentenze della Corte di Cassazione sugli ausiliari nell’appalto

La Corte di Cassazione si è espressa in diverse occasioni sulla figura degli ausiliari nell’appalto. Con la sentenza n. 22304 del 4 settembre 2019, ha affermato che l’azione diretta ex art. 1676 c.c. e l’azione ex art. 29 D.Lgs. 276/2003 spettano ai lavoratori anche quando il committente sia una persona fisica che non esercita attività imprenditoriale o professionale. L’unica eccezione riguarda il caso in cui i lavori siano strettamente inerenti alla manutenzione straordinaria della casa di abitazione del committente.

La sentenza n. 15432 dell’11 luglio 2014 ha stabilito che le Pubbliche Amministrazioni, quando agiscono come committenti di un contratto di appalto, sono soggette alla disciplina ordinaria in materia e rispondono in solido con l’appaltatore per i crediti dei lavoratori. La Cassazione ha anche chiarito che la responsabilità solidale sussiste anche nei confronti dei lavoratori autonomi (sent. 16560/2019) e dei soci di cooperativa (sent. 13185/2020).

Esempi pratici

Per comprendere meglio l’applicazione concreta della responsabilità solidale negli appalti, proponiamo alcuni esempi pratici.

Esempio #1

L’impresa Alfa stipula un contratto di appalto con l’impresa Beta per la realizzazione di un’opera edile. Beta subappalta parte dei lavori all’impresa Gamma. Alla conclusione dell’appalto, Gamma non corrisponde ai propri dipendenti le retribuzioni dovute. In questo caso, i lavoratori di Gamma possono agire nei confronti di Alfa e Beta per ottenere il pagamento delle somme spettanti, in base alla responsabilità solidale prevista dall’articolo 29 del D.Lgs. 276/2003.

Esempio #2

Rossi snc commissiona all’impresa Delta la ristrutturazione del proprio stabilimento. Delta assume tre lavoratori per eseguire l’opera, ma al termine dei lavori non versa loro i contributi previdenziali dovuti. I lavoratori possono rivalersi sul sig. Rossi per il pagamento dei contributi, anche se quest’ultimo ha già saldato il corrispettivo a Delta, in quanto la responsabilità solidale prescinde dall’esistenza di un debito del committente verso l’appaltatore.

Esempio #3

Il Comune di Zeta affida in appalto all’impresa Omega la gestione di un servizio pubblico. Omega non retribuisce correttamente i propri dipendenti, che agiscono in giudizio per il recupero delle somme dovute. Il Comune di Zeta, in qualità di committente, è responsabile in solido con Omega per i crediti dei lavoratori, nonostante la sua natura di ente pubblico.

Conclusioni

La responsabilità solidale negli appalti rappresenta un tema complesso e articolato, che richiede una conoscenza approfondita della normativa di riferimento e delle più recenti pronunce giurisprudenziali. L’articolo 29 del D.Lgs. 276/2003 costituisce il principale riferimento in materia, prevedendo un regime di solidarietà tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori per i crediti dei lavoratori impiegati nell’appalto.

È fondamentale distinguere correttamente tra contratto di appalto e contratto di somministrazione di lavoro, in quanto solo nel primo caso trova applicazione la disciplina sulla responsabilità solidale. Il committente, pur non essendo il datore di lavoro dei dipendenti dell’appaltatore, è chiamato a rispondere in solido per le loro spettanze retributive, contributive e assicurative, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto.

I lavoratori possono avvalersi alternativamente dell’azione diretta ex art. 1676 c.c. o dell’azione ex art. 29 D.Lgs. 276/2003, che differiscono per presupposti, contenuti ed effetti. La responsabilità solidale sussiste anche nei confronti dei lavoratori autonomi e dei soci di cooperativa, mentre sono esclusi i committenti persone fisiche che non esercitano attività d’impresa o professionale, salvo specifiche eccezioni.

In conclusione, la conoscenza e la corretta applicazione della normativa sulla responsabilità solidale negli appalti risultano essenziali per tutelare adeguatamente i diritti dei lavoratori e per evitare potenziali contenziosi. Si consiglia pertanto di prestare la massima attenzione nella redazione dei contratti di appalto, inserendo clausole specifiche per regolamentare gli obblighi delle parti e per tutelarsi da eventuali inadempienze.


Domande e risposte

D: La responsabilità solidale si applica anche ai lavoratori autonomi impiegati nell’appalto?
R: Sì, la Corte di Cassazione ha chiarito che la responsabilità solidale si estende anche ai lavoratori autonomi (sent. 16560/2019).

D: Il committente può essere chiamato a rispondere anche per le sanzioni civili?
R: No, il committente è esonerato da responsabilità per le sanzioni civili, che restano a carico del solo responsabile dell’inadempimento.

D: Il lavoratore deve preventivamente escutere il patrimonio dell’appaltatore prima di agire nei confronti del committente?
R: No, a seguito dell’abrogazione del comma 28 dell’articolo 35 del D.L. 223/2006, dal 17 marzo 2017 non è più necessaria l’escussione preventiva del patrimonio dell’appaltatore.

D: Qual è il termine di decadenza per l’azione del lavoratore nei confronti del committente?
R: L’azione del lavoratore nei confronti del committente è soggetta al termine di decadenza di 2 anni dalla cessazione dell’appalto (Cass. n. 29629/2019).

D: Le Pubbliche Amministrazioni possono essere chiamate a rispondere in solido con l’appaltatore per i crediti dei lavoratori?
R: Sì, quando agiscono come committenti di un contratto di appalto, le Pubbliche Amministrazioni sono soggette alla disciplina ordinaria in materia e rispondono in solido con l’appaltatore (Cass. n. 15432/2014).

 

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