La giurisprudenza di legittimità torna a pronunciarsi sui confini dell’esenzione IMU per i cosiddetti “fabbricati merce”, sollevando dubbi sostanziali sulla possibilità di applicare il beneficio fiscale agli immobili acquisiti e successivamente sottoposti a radicali interventi di trasformazione. L’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10392/2025 segna un potenziale spartiacque interpretativo che potrebbe ridefinire l’approccio operativo di molte imprese del settore immobiliare. La questione emerge da un caso emblematico: un’impresa che ha acquisito un palazzo, lo ha sottoposto a significativi lavori di ristrutturazione ricavandone otto unità abitative, e successivamente ha temporeggiato nella commercializzazione in attesa di condizioni di mercato più favorevoli. Un scenario, questo, tutt’altro che infrequente nella prassi imprenditoriale del settore.
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Il quadro normativo di riferimento e la sua evoluzione
L’attuale disciplina dell’esenzione trova la sua fonte primaria nell’articolo 1, comma 751, della Legge n. 160/2019, che ha delineato un percorso evolutivo in due fasi temporali distinte. Fino al 2021, per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita (purché non locati), era prevista un’aliquota ridotta dello 0,1%, con facoltà per i comuni di modificarla nell’intervallo compreso tra l’azzeramento e lo 0,25%.
Dal 1° gennaio 2022, invece, si è assistito a un deciso cambio di passo: l’esenzione totale dall’IMU per i medesimi fabbricati, sempre subordinata al mantenimento della destinazione alla vendita e all’assenza di contratti di locazione.
La normativa non prevede limitazioni temporali alla fruizione del beneficio, configurando potenzialmente un’esenzione sine die, fintanto che permangano le condizioni richieste. Tuttavia, come spesso accade nella prassi applicativa, è necessaria la presentazione di specifica dichiarazione al comune di ubicazione dell’immobile – un adempimento che, secondo consolidata giurisprudenza e orientamenti ministeriali, non ha natura meramente sanzionatoria ma costituisce presupposto sostanziale per l’applicazione dell’esenzione.
Il concetto di “impresa costruttrice” e le sue declinazioni
Nell’esperienza applicativa, uno degli aspetti più dibattuti concerne l’identificazione del soggetto legittimato a fruire dell’agevolazione. La qualifica di “impresa costruttrice” non trova definizione specifica nella normativa IMU, rendendo necessario il ricorso ai principi elaborati in ambito IVA, come riepilogati nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 22/E/2013.
La nozione si estende oltre i confini dell’attività tipica d’impresa, ricomprendendo anche:
- Imprese che costruiscono occasionalmente (anche una sola volta);
- Soggetti che si avvalgono di imprese terze per l’esecuzione dei lavori;
- Imprese industriali che decidono di realizzare immobili da destinare alla vendita.
Un elemento cruciale, spesso trascurato, è che la qualifica deve sussistere in capo al possessore dell’immobile al momento dell’applicazione dell’esenzione. Qualora l’immobile cambi proprietà, il beneficio decade automaticamente, anche se il nuovo proprietario intenda mantenerlo destinato alla vendita.
Gli interventi di recupero edilizio: dalla certezza al dubbio
Fino a tempi recenti, la questione relativa ai fabbricati sottoposti a radicali interventi di recupero pareva trovare soluzione nella risoluzione del MEF n. 11/DF/2013. Il Dipartimento delle Finanze aveva infatti stabilito che nel concetto di “fabbricati costruiti” potevano rientrare anche gli immobili acquisiti dall’impresa sui quali la stessa procedeva a interventi di incisivo recupero, secondo le tipologie previste dall’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f), del D.P.R. n. 380/2001.
Questa interpretazione aveva creato un regime di sostanziale certezza applicativa: l’esenzione operava dalla data di completamento dei lavori, mentre precedentemente l’immobile rimaneva soggetto a tassazione come area edificabile.
La svolta giurisprudenziale: l’ordinanza n. 10392/2025
L’orientamento consolidato trova però un significativo ostacolo nella recente pronuncia della Cassazione. L’ordinanza n. 10392/2025 ha infatti stabilito che l’esenzione dall’IMU per gli “immobili merce” non spetta per i fabbricati acquistati e ristrutturati dall’impresa acquirente, destinati alla vendita.
La ratio del decisum si fonda su una considerazione logico-giuridica di non poco momento: al momento dell’acquisto dell’immobile da ristrutturare, secondo i giudici di legittimità, non è concepibile l’esistenza di un fabbricato “costruito” dal soggetto passivo IMU. Conseguentemente, viene meno anche il presupposto della destinazione originaria alla vendita del bene costruito.
Si tratta di una pronuncia che non si colloca in isolamento: dubbi analoghi erano già stati sollevati nelle ordinanze n. 3094/2024 e n. 9897/2022, delineando un trend giurisprudenziale che pare orientato verso una interpretazione restrittiva del beneficio.
Profili di criticità e implicazioni operative
La presa di posizione della Suprema Corte genera inevitabili incertezze applicative, soprattutto considerando che contrasta con l’interpretazione amministrativa precedentemente consolidata. Nella pratica professionale si osserva come molte imprese abbiano pianificato le proprie strategie operative facendo affidamento sulla risoluzione ministeriale del 2013.
La casistica comune comprende infatti numerose situazioni in cui l’acquisizione di immobili da sottoporre a radicale trasformazione rappresenta il core business di imprese specializzate nel recupero edilizio. Per questi operatori, la negazione dell’esenzione IMU potrebbe comportare significativi aggravi di costo, con potenziali ripercussioni sulla sostenibilità economica delle operazioni.
È opportuno notare che l’orientamento giurisprudenziale potrebbe anche generare disparità di trattamento tra imprese che costruiscono ex novo e quelle che operano nel recupero edilizio, alimentando possibili questioni di legittimità costituzionale sotto il profilo dell’uguaglianza tributaria.