La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 10400 rappresenta un significativo precedente giurisprudenziale in materia di reati tributari connessi alle agevolazioni fiscali per interventi edilizi. I giudici di legittimità hanno delineato con precisione i confini della responsabilità penale in caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti finalizzate alla generazione di crediti d’imposta fittizi.
Il meccanismo fraudolento e lo schema operativo contestato
La vicenda giudiziaria trae origine da un maxi sequestro preventivo di diversi milioni di euro disposto nei confronti degli amministratori di una società a responsabilità limitata e della società stessa. Le indagini hanno rivelato un articolato sistema di frode basato sull’emissione sistematica di documenti fiscali relativi a interventi di ristrutturazione edilizia mai effettivamente eseguiti.
Il modus operandi prevedeva la creazione di una società “fantasma” priva di reale consistenza operativa, utilizzata come mero veicolo per la generazione di crediti d’imposta fittizi. Gli accertamenti giudiziari hanno evidenziato come tale entità fosse totalmente sprovvista di risorse materiali, struttura logistico-amministrativa e personale qualificato necessari per l’esecuzione dei lavori fatturati, il cui valore superava i 12 milioni di euro nell’arco di soli tre mesi.
Profili di responsabilità penale e presupposti del reato
La Suprema Corte ha confermato la configurabilità del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti previsto dall’art. 8 del DLgs. 74/2000 anche nel contesto delle agevolazioni fiscali come il bonus facciate. In particolare, i giudici hanno precisato che la finalità di “consentire a terzi l’evasione delle imposte” richiesta dalla norma incriminatrice comprende anche l’agevolazione del riconoscimento di un credito d’imposta inesistente.
Per la sussistenza del reato risulta sufficiente il fine di far conseguire a terzi il credito fiscale, mentre è irrilevante che tale credito venga effettivamente riconosciuto o accettato dall’Agenzia delle Entrate. Tale interpretazione si inserisce perfettamente nel solco della precedente giurisprudenza di legittimità, come evidenziato dal richiamo alla sentenza n. 42417/2019.
Il doppio binario della responsabilità: persone fisiche e società
Particolarmente rilevante è l’affermazione del principio secondo cui la responsabilità per tali condotte fraudolente si estende su un duplice piano:
- La responsabilità penale degli amministratori (di fatto e di diritto) ai sensi dell’art. 8 del DLgs. 74/2000;
- La responsabilità amministrativa della società ai sensi dell’art. 25-quinquiesdecies del DLgs. 231/2001.
Questa impostazione riflette l’evoluzione dell’ordinamento verso un sistema di contrasto alle frodi fiscali che coinvolge non solo le persone fisiche autrici materiali delle condotte illecite, ma anche gli enti nel cui interesse sono state poste in essere.
Dinamica operativa della frode e flussi finanziari
La sentenza ricostruisce con precisione i flussi finanziari alla base della frode. Il meccanismo prevedeva che i proprietari degli immobili, in accordo con gli amministratori della società, generassero crediti d’imposta fittizi attraverso la comunicazione all’Agenzia delle Entrate di interventi mai realizzati. Successivamente, invece di utilizzare direttamente tali crediti in compensazione, li cedevano alla stessa società emittente le fatture false come corrispettivo per i lavori mai eseguiti.
I crediti fittizi, generati per un ammontare complessivo di 13.532.586,30 euro, derivavano principalmente dalla prima cessione (12.022.277 euro esclusivamente per bonus facciate) e, in misura minore (1.510.309,30 euro), da cessioni successive relative a diverse tipologie di bonus edilizi (superbonus 110%, bonus ristrutturazioni ed ecobonus).
Il sequestro preventivo: finalità e requisiti
Un aspetto processuale di rilievo riguarda l’annullamento della decisione del Tribunale della libertà relativamente ai presupposti del sequestro preventivo. La Cassazione ha ritenuto che le motivazioni alla base del provvedimento ablativo fossero maggiormente conformi a quelle di un sequestro impeditivo ai sensi dell’art. 321 comma 1 c.p.p., finalizzato a prevenire la circolazione dei crediti fittizi, piuttosto che a un sequestro preventivo anticipatorio della confisca obbligatoria del profitto del reato.
I giudici hanno sottolineato come per quest’ultima tipologia di misura cautelare sia necessaria una motivazione specifica, non limitata al mero rischio di circolazione dei crediti mediante compensazione o ulteriore commercializzazione, ma estesa alla concreta individuazione del profitto illecito confiscabile ai sensi degli artt. 12-bis del DLgs. 74/2000 e 321 comma 2 c.p.p.
In sintesi
IN SINTESI Qual è il tema centrale della sentenza della Cassazione n. 10400? La sentenza chiarisce i confini della responsabilità penale per l’emissione di fatture false finalizzate alla creazione di crediti d’imposta inesistenti nell’ambito delle agevolazioni fiscali edilizie. Come era strutturato il meccanismo fraudolento? Una società “fantasma”, priva di mezzi e personale, emetteva fatture per lavori mai eseguiti, generando così crediti fiscali fittizi che venivano ceduti come corrispettivo degli interventi edilizi inesistenti. Qual è l’interpretazione giuridica data dalla Corte sul reato contestato? Il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti sussiste anche se il credito non viene effettivamente riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate, purché ci sia l’intento di far ottenere a terzi un vantaggio fiscale illecito. Chi risponde penalmente della frode? Sia gli amministratori (di diritto e di fatto) della società coinvolta, sia la società stessa, che risponde in sede amministrativa secondo quanto previsto dal DLgs. 231/2001. Qual era l’ammontare dei crediti fittizi generati e da quali bonus derivavano? I crediti ammontavano complessivamente a oltre 13,5 milioni di euro, di cui oltre 12 milioni derivanti dal bonus facciate e il resto da altri bonus edilizi, come superbonus 110%, bonus ristrutturazioni ed ecobonus. Cosa ha stabilito la Corte in merito al sequestro preventivo? Ha annullato la decisione del Tribunale della libertà, rilevando che il sequestro doveva essere motivato come impeditivo per bloccare la circolazione dei crediti fittizi, e non semplicemente come misura anticipatoria della confisca del profitto illecito. |