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Esenzione ritenuta interessi infragruppo

Esenzione ritenuta interessi infragruppo: la guida ai requisiti intra-UE

6 Novembre, 2025

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Le società italiane che ricevono finanziamenti dalle loro consociate estere all’interno dell’Unione Europea devono versare una ritenuta del 26% sugli interessi corrisposti. Ma esiste un’opportunità concreta per azzerare questa tassa, se sussistono determinati requisiti. La Direttiva UE 2003/49/CE offre questa possibilità, sebbene il percorso amministrativo richieda attenzione, documentazione completa e una conoscenza precisa della normativa. Vediamo come funziona e quali sono i passaggi concreti per accedervi.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Esenzione ritenuta interessi intra-UE: Gli interessi pagati da una società italiana a una consociata UE subiscono ordinariamente ritenuta del 26%, ma possono essere completamente esentati se ricorrono i requisiti della Direttiva 2003/49/CE.
  • Requisiti principali: (1) Forme giuridiche conformi agli allegati della Direttiva; (2) Residenza fiscale in Italia per il pagatore e in UE per il beneficiario; (3) Assoggettamento a IRES/imposta equivalente senza esoneri; (4) Partecipazione diretta di almeno il 25% dei diritti di voto tra le società; (5) Detenzione ininterrotta della partecipazione per almeno 1 anno.
  • Documentazione obbligatoria: Modello F, certificato di residenza fiscale e dichiarazione del beneficiario effettivo, trasmessi prima del pagamento al sostituto d’imposta italiano.
  • Rimborso: Se la ritenuta è già stata applicata, è possibile richiedere il rimborso all’Agenzia delle Entrate entro 48 mesi dalla data del pagamento.
  • Controllo intra-gruppo: Se il pagatore e il beneficiario sono collegati da rapporto di controllo, l’esenzione si applica solo fino al valore normale (arm’s length); l’eccedenza rimane tassata.

Quando la ritenuta diventa evitabile

Chiunque ha a che fare con movimenti finanziari internazionali conosce bene il tema della ritenuta alla fonte. In Italia, secondo l’articolo 26 del DPR 600/1973, i pagamenti di interessi che provengono da società residenti nel territorio nazionale e finiscono nelle casse di soggetti non residenti subiscono un prelievo fiscale nella misura del 26%. È, a dire il vero, una regola abbastanza rigida e che ha rappresentato una criticità importante per le strategie di finanziamento dei gruppi multinazionali.

Quello che molti ignorano è che il legislatore europeo, riconoscendo le inefficienze di questa tassazione per le operazioni intra-UE, ha previsto una via d’uscita. La Direttiva interessi e canoni (Direttiva n. 2003/49/CE del 3 giugno 2003) consente, in determinate circostanze, di eliminare completamente questo prelievo. Non si tratta di una riduzione, ma di un’esenzione totale. In Italia, questo meccanismo è stato recepito attraverso l’articolo 26-quater del DPR 600/1973, uno strumento normativo che, sebbene risalga a ormai più di vent’anni fa, continua a rappresentare un’opportunità concreta per chi sa come usarla.

La vera sfida, però, non è comprendere il principio astratto. La vera sfida è soddisfare una serie di condizioni piuttosto stringenti, che riguardano sia la natura giuridica dei soggetti coinvolti che le loro relazioni di partecipazione. Inoltre, gli obblighi di documentazione sono tutt’altro che secondari: richiedono certificazioni specifiche, dichiarazioni formali e una gestione amministrativa che non ammette distrazioni.

Il primo scoglio: il significato tecnico di “interessi”

Quando la normativa parla di “interessi”, non s’intende genericamente qualsiasi remunerazione legata al denaro. La Direttiva è infatti precisa: rientrano nella nozione di interessi agevolabili i redditi derivanti da crediti di qualsiasi natura, sia garantiti da garanzie reali che non. Questo comprende i frutti derivanti da titoli obbligazionari, da prestiti, da linee di credito, e anche altri proventi che storicamente sono sempre stati connessi a questi strumenti.

Tuttavia — e qui emerge il primo elemento di complessità — non tutto ciò che viene denominato “interesse” beneficia dell’agevolazione. L’articolo 26-quater, comma 3, lettera c, stabilisce un elenco di esclusioni che è importante conoscere. Sono escluse, ad esempio, le remunerazioni relative a contratti di associazione in partecipazione quando l’apporto sia qualcosa di diverso dalla prestazione lavorativa. Sono pure esclusi i pagamenti legati a strumenti finanziari che presentano caratteristiche assimilabili alle azioni, o che permettono al creditore di abbandonare il diritto agli interessi in cambio di una partecipazione agli utili dell’azienda. Vi è inoltre un limite temporale: i crediti con scadenza superiore ai 50 anni rimangono fuori dall’ambito di applicazione dell’agevolazione.

Esempio pratico: Una società italiana prende a prestito 1 milione di euro dalla propria holding olandese. Il prestito dura 8 anni ed è caratterizzato da un tasso d’interesse ordinario dell’1,5%. In questa situazione, gli interessi versati rientrano completamente nella definizione di “interessi” agevolabili: il credito ha una durata ordinaria, la remunerazione è di tipo tradizionale, non sono presenti elementi di partecipazione agli utili. Se gli altri requisiti vengono rispettati, l’esenzione è applicabile fin dal primo versamento.

Chi può pagare: il soggetto erogante deve avere caratteristiche specifiche

Non tutte le entità possono beneficiare dell’esenzione dalla parte del pagatore. La società italiana che effettua il pagamento degli interessi deve presentare una conformazione molto precisa. Anzitutto, deve rivestire una delle forme giuridiche specificate nell’Allegato A della Direttiva IC: società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, oppure entità commerciali di analoga struttura. Una cooperativa pura, una società di persone, una ditta individuale: nessuna di queste forme consente l’accesso all’agevolazione.

In secondo luogo, l’entità deve essere residente fiscalmente in Italia. Non basta avere una sede operativa sul territorio: è necessario che il centro di interessi economici e amministrativi sia effettivamente localizzato qui. Per le stabili organizzazioni di società europee, la situazione è un po’ diversa: possono beneficiare dell’esenzione a condizione che rispettino i requisiti di cui al punto seguente e che l’attività svolta sia coerente con gli interessi stessi (il termine tecnico è “inerenza”).

Terzo aspetto fondamentale: la società pagatrice deve essere assoggettata a IRES, l’imposta sul reddito delle società. Niente scappatoie attraverso regimi di esonero fiscale o speciali: se la società gode di particolari esenzioni (come alcune entità religiose, società sportive dilettantistiche, ecc.), la strada dell’esenzione da ritenuta non è disponibile.

Chi riceve il versamento: il beneficiario estero e i suoi vincoli

Specularmente, anche il soggetto beneficiario — cioè colui che riceve gli interessi — deve possedere determinate caratteristiche. Deve essere una società che reveste una delle forme giuridiche di cui all’Allegato A della Direttiva IC. Deve risiedere fiscalmente in uno Stato membro dell’Unione Europea. Deve essere assoggettata, nel proprio Stato di residenza, a un’imposta sul reddito delle società inserita nell’Allegato B della Direttiva IC, senza godere di alcun regime di esonero o speciale.

Non è sufficiente che la società sia incorporata in uno Stato UE: gli interessi stessi devono essere assoggettati a tassazione in quello Stato. Se la società ricevente opera attraverso una stabile organizzazione (ad esempio, una filiale italiana della consociata francese che è proprietaria di immobili sul territorio italiano), quest’ultima può essere beneficiaria dell’esenzione purché possegga i medesimi requisiti.

Qui entra in gioco anche il concetto di “beneficiario effettivo”. La normativa infatti richiede che la società non residente (o la sua stabile organizzazione) sia veramente la proprietaria del pagamento, non un intermediario fittizia o una scatola vuota utilizzata per ottenere artificialmente il beneficio dell’agevolazione.

Il requisito partecipativo: la soglia del 25% è decisiva

Arrivati a questo punto della checklist, emerge una condizione che rappresenta spesso il discrimine tra chi accede all’agevolazione e chi no: il requisito partecipativo, comunemente noto come “holding requirement”. Tra la società pagante italiana e la società beneficiaria estera deve sussistere un collegamento proprietario qualificato. In concreto, questo significa che una società deve detenere almeno il 25% dei diritti di voto dell’altra nel contesto dell’assemblea ordinaria. In alternativa, può accadere che entrambe le società siano partecipate al 25% da una terza società: in questo caso, la catena partecipativa comunque soddisfa il requisito.

Esempio di struttura ammessa: Holding Spagna S.L. possiede il 30% della Società Italia S.p.A., che a sua volta è titolare del 40% di Finco Francia SAS. Adesso Finco Francia intenderebbe versare interessi a Società Italia. È possibile, perché Società Italia detiene il 40% di Finco Francia, superando così il 25%. Se invece Finco Francia volesse versare interessi a Holding Spagna (che non è direttamente partecipe), il requisito non sarebbe soddisfatto, neppure se Holding Spagna controlla indirettamente la situazione attraverso Società Italia.

Un’osservazione importante: questo requisito viene valutato al momento del pagamento degli interessi. Se nel passato il 25% non era stato raggiunto, ma successivamente viene raggiunto, la situazione si normalizza soltanto da quel momento in poi.

Il fattore tempo: holding period e “detenzione ininterrotta”

C’è un ultimo requisito che aggiunge un elemento temporale: le partecipazioni che attribuiscono quel 25% di diritti di voto (o di capitale sociale, in certi casi) devono essere detenute ininterrottamente per almeno un anno. Non è un anno scadente dal momento del primo versamento: è un anno che deve precedere il pagamento stesso. Questo significa che se una holding ha appena acquisito il 25% di una società partecipante, deve attendere dodici mesi pieni prima di poter richiedere l’esenzione della ritenuta.

Accade spesso, specialmente in caso di riorganizzazioni aziendali, che questo requisito sia soddisfatto soltanto dopo il primo pagamento. In questi casi, l’amministrazione finanziaria italiana ha chiarito che il sostituto d’imposta (la società che effettua il pagamento) è tenuto ad applicare la ritenuta ordinaria al 26%, ma il beneficiario non residente può in seguito presentare domanda di rimborso nel momento in cui il requisito dell’holding period si concretizza.

Quando le partecipazioni hanno particolarità: il controllo e il “braccio lunghezza”

Esiste un aspetto che non deve essere sottovalutato: se tra la società che finanzia e la società finanziata sussiste un rapporto di controllo diretto o indiretto, allora l’importo degli interessi su cui si applica l’esenzione è limitato “sino a concorrenza del valore normale”. Cosa vuol dire in pratica?

Se una holding italiana possiede il 100% di una società che riceve finanziamenti, l’interest paid deve rispettare il principio “arm’s length”, cioè il criterio della “transazione tra estranei”. In altre parole, il tasso d’interesse applicato deve essere quello che due società indipendenti avrebbero concordato in circostanze di mercato analoghe. Se il tasso è superiore al valore normale, la differenza rimane assoggettata a ritenuta del 26%.

Questo controllo opera come una sorta di protezione anti-abuso: impedisce che le esenzioni vengano usate in modo distorto per trasferire redditi artificialmente tra i vari Stati attraverso tassi gonfiati. Se il prestito è stato strutturato con condizioni commerciali normali, il problema non si pone; diversamente, la ritenuta continuerà a colpire la parte eccedente il valore normale.

La documentazione: il vero “collo di bottiglia” dell’agevolazione

Ora entriamo nella parte che, per molte aziende, rappresenta il vero scoglio: la documentazione. Recependo quanto previsto dalla Direttiva, il comma 6 dell’articolo 26-quater DPR 600/1973 stabilisce che per beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta, il percettore del pagamento (la società estera) deve fornire al sostituto d’imposta italiano (tipicamente, la società che effettua il versamento) una documentazione completa e attestante il possesso di tutti i requisiti.

Quali sono i documenti obbligatori?

In primo luogo, una certificazione di residenza fiscale. Questo documento deve essere rilasciato dalle autorità fiscali competenti del Paese dove la società beneficiaria risiede. Se la beneficiaria opera attraverso una stabile organizzazione, la certificazione deve arrivare dallo Stato dove la stabile organizzazione è ubicata. Non si tratta di un generico certificato aziendale: deve essere un atto formale della pubblica amministrazione, che attesti il domicilio fiscale della società.

In secondo luogo, una dichiarazione sottoscritta dal beneficiario stesso (o dal suo legale rappresentante), nella quale attesta il possesso di tutti i requisiti soggettivi previsti dalla normativa. In particolare, deve dichiarare di rivestire una forma giuridica conforme all’Allegato A, di risiedere fiscalmente in uno Stato UE, di essere assoggettato a una delle imposte elencate nell’Allegato B, di essere beneficiario effettivo del pagamento, di possedere la partecipazione qualificata, e di mantenerla da almeno un anno.

A questo si aggiunge il Modello F (talvolta denominato “Modello F secondo la Direttiva IC”), uno schema standardizzato approvato dall’Agenzia delle Entrate con provvedimento n. 84404 del 10 luglio 2013. Non è obbligatorio usare questo modello nei dettagli formali, ma rappresenta la prassi amministrativa consolidata e semplifica enormemente le verifiche del sostituto d’imposta.

Importante: L’amministrazione finanziaria italiana, mediante risoluzioni di prassi, ha chiarito che se le autorità fiscali dello Stato di residenza del beneficiario non accettano di rilasciare la certificazione usando il modello italiano, è comunque possibile utilizzare il certificato di residenza secondo il modello previsto dallo Stato di provenienza. L’essenziale è che il documento sia ufficiale e che attesti chiaramente la residenza fiscale.

Modello F: come è strutturato e cosa contiene

Il Modello F si articola in sezioni distinte, ognuna con una funzione specifica. Nel frontespizio vanno inseriti i dati identificativi della società beneficiaria e del suo legale rappresentante. Qui, inoltre, viene specificato il regime di cui si richiede l’applicazione (ovvero, la Direttiva IC) e, nel caso di una domanda di rimborso, gli estremi del conto bancario dove accreditare l’importo.

La sezione principale, che costituisce il “Modello F” vero e proprio, richiede l’indicazione di diverse informazioni. In primo luogo, se si tratta di una richiesta di esenzione alla fonte (cioè, che il pagamento avvenga senza ritenuta fin da subito) o se è un rimborso (perché la ritenuta è stata già applicata e ora si vuole recuperarla). Devono essere specificati i dati della società che effettua il pagamento (la società italiana) e quelli della beneficiaria (la consociata estera).

Il modello contiene tre sezioni tabulari principali: la Tabella A (dati del beneficiario effettivo), la Tabella B (se applicabile, per stabili organizzazioni beneficiarie), la Tabella C (dati del soggetto che effettua il pagamento) e la Tabella D (se applicabile, per stabili organizzazioni paganti). Non tutte le sezioni devono essere compilate in ogni situazione; dipende dalla struttura societaria e dalla presenza di stabili organizzazioni.

Segue una dichiarazione formale del beneficiario, attraverso la quale attesta il possesso di tutti i requisiti. Questa sezione è cruciale: il rappresentante deve certificare la forma giuridica della società, la residenza fiscale, il regime fiscale, l’esistenza della partecipazione qualificata, il periodo di detenzione (holding period), lo status di beneficiario effettivo, e altri dettagli dello specifico contratto di finanziamento (principal amount, tasso, scadenza, ecc.). Una tabella riepilogativa degli interessi completa il modello, utile soprattutto in caso di richiesta di rimborso.

Infine, è necessario allegare la certificazione di residenza fiscale rilasciata dalle autorità del Paese estero. Come detto, può essere su modello nazionale se la forma estera è diversa dal Modello F italiano, purché attestata da organi competenti.

Quando consegnare i documenti: tempistica critica per ottenere il beneficio

Un aspetto frequentemente trascurato, ma di importanza capitale, riguarda il timing della presentazione della documentazione. L’articolo 26-quater, comma 6, richiede che la documentazione sia acquisita dal sostituto d’imposta “prima del pagamento degli interessi”. Non dopo, prima. Questo conferisce al sostituto d’imposta la responsabilità di verifica e gli consente di applicare direttamente l’esenzione, senza dovere poi fronteggiare rischi di irregolarità con il fisco.

Se la documentazione arriva dopo il pagamento, il sostituto d’imposta non può non applicare la ritenuta ordinaria: essa deve essere versata. Tuttavia, anche in questa situazione, non tutto è perduto. Il beneficiario estero può presentare al Centro Operativo dell’Agenzia delle Entrate di Pescara una domanda formale di rimborso della ritenuta indebitamente applicata. Il termine per presentare questa istanza è di 48 mesi dalla data in cui la ritenuta è stata versata. Il presupposto è che, nel frattempo, tutti i requisiti siano stati soddisfatti.

Scenario reale: Una società tedesca erogatore di prestiti fornisce finanziamenti a una società italiana nel mese di gennaio. La documentazione (Modello F e certificazione di residenza) viene trasmessa solo nel mese di marzo. Il pagamento degli interessi era programmato per il 15 febbraio. In questo caso, il sostituto d’imposta italiano dovrà applicare la ritenuta del 26% in febbraio. La società tedesca potrà poi, entro 48 mesi dal febbraio, presentare istanza di rimborso allegando tutta la documentazione oggi acquisita. Se l’istanza è corretta e completa, il rimborso verrà concesso, ma con i tempi e le procedure di accertamento dell’Agenzia.

Il Modello F stesso ha una validità temporale: ha effetto per un anno a partire dalla data di rilascio della certificazione di residenza fiscale, a condizione che nessuno dei requisiti sottostanti sia mutato. Se una consociata cessa di essere residente in UE, oppure cambia forma giuridica, oppure perde la partecipazione qualificata, il Modello F decade automaticamente.

Dove presentare la documentazione: a chi rivolgersi

A seconda che si cerchi l’esenzione al momento del pagamento o il rimborso successivo, i destinatari cambiano. Per beneficiare dell’esenzione alla fonte — il percorso ideale — il Modello F e la certificazione di residenza devono essere consegnati direttamente al sostituto d’imposta italiano, che nella maggior parte dei casi è la società italiana che effettua il pagamento stesso. Se il pagamento avviene attraverso una banca, la documentazione può essere consegnata alla banca, che la trasmette al beneficiario finale (tipicamente, la società italiana mutuataria).

Se invece la ritenuta è già stata applicata e si vuole ottenere il rimborso, il Modello F deve essere presentato presso il Centro Operativo dell’Agenzia delle Entrate di Pescara. Il termine è di 48 mesi dalla data del versamento della ritenuta. La pratica deve essere inoltrata allegando tutta la documentazione comprovante il diritto al rimborso: certificazione di residenza, dichiarazioni, estratti contabili, contratti di finanziamento, rendicontazioni del pagamento degli interessi, e quant’altro rilevante per dimostrare che i requisiti erano effettivamente presenti.

La disciplina per i finanziamenti da consociate svizzere

Merita un accenno specifico il caso della Svizzera, un Paese non membro dell’Unione Europea. Nel 2004, tra l’Unione Europea e la Confederazione Elvetica è stato sottoscritto un accordo (stipulato il 26 ottobre 2004, entrato in vigore posteriormente) che prevede un trattamento sostanzialmente analogo a quello della Direttiva IC, ma con alcune differenze di non trascurabile importanza.

Anzitutto, il requisito partecipativo si base non sui diritti di voto, bensì sul capitale sociale: è richiesto il possesso di almeno il 25% del capitale. Inoltre, il periodo minimo di detenzione è raddoppiato: anziché un anno, sono necessari due anni di detenzione ininterrotta. Sebbene la normativa non prescriva obblighi documentali specifici, la prassi amministrativa riccomanda di applicare le medesime procedure previste per il regime della Direttiva IC, utilizzando documentazione analoga a quella svizzera (certificazione di residenza svizzera, dichiarazioni di proprietà, ecc.). In questo modo, si minimizzano i rischi di disallineamento con il fisco italiano.

Elemento Direttiva UE (Paesi UE) Accordo Svizzera
Requisito partecipativo 25% dei diritti di voto 25% del capitale sociale
Holding period 1 anno di detenzione ininterrotta 2 anni di detenzione ininterrotta
Forme giuridiche Secondo Allegato A Direttiva Società di capitale ordinarie (analogamente)
Documentazione specifica Modello F, certificazione residenza Modulistica svizzera, ma consigliato allinearsi a Modello F
Termini rimborso 48 mesi dal versamento ritenuta Solitamente 48 mesi (da verificare con Agenzia)

Conservazione della documentazione: obblighi amministrativi

Spesso trascurato, ma rilevante: la documentazione fornita per ottenere l’esenzione (o il rimborso) deve essere conservata dall’azienda italiana fino alla scadenza dei termini per eventuali accertamenti relativi al periodo d’imposta in cui il pagamento è avvenuto. In pratica, ciò significa una conservazione pluriennale: considerando che il termine ordinario di prescrizione è di quattro anni, è prudente mantenere i fascicoli per almeno cinque anni. Qualora l’Agenzia delle Entrate apra un accertamento e contesti l’agevolazione, la conservazione della documentazione supporta adeguatamente la posizione difensiva dell’azienda.

Riepilogo dei requisiti fondamentali

Requisito Descrizione
Natura dell’elemento remuneratorio Interessi su crediti di qualsiasi natura, da titoli, da prestiti, da conti correnti. Esclusi: strumenti simil-azionari, crediti con scadenza > 50 anni, remunerazioni da associazione in partecipazione con apporti diversi dal lavoro.
Soggetto pagatore Società italiana di una delle forme previste dall’Allegato A (S.p.A., S.a.p.a., S.r.l., ente commerciale); residente fiscale in Italia; assoggettata ad IRES senza esoneri.
Soggetto beneficiario Società di una forma prevista da Allegato A; residente fiscale in UE; assoggettata ad una delle imposte di cui all’Allegato B della Direttiva IC, senza esoneri; beneficiaria effettiva del pagamento.
Partecipazione qualificata Almeno 25% dei diritti di voto della società beneficiaria detenuti dalla pagante, o da parte di una terza società in entrambe.
Holding period Le partecipazioni devono essere detenute ininterrottamente per almeno 1 anno prima del pagamento.
Arm’s length principle Se sussiste controllo tra pagante e beneficiaria, gli interessi superiori al “valore normale” rimangono assoggettati a ritenuta del 26%.
Documentazione Certificazione di residenza fiscale dell’autorità estera; dichiarazione del beneficiario; Modello F (possibilmente); acquisizione prima del pagamento per esenzione, entro 48 mesi dal versamento per rimborso.

I rischi di una valutazione errata

Cosa accade se un’azienda applica l’esenzione ritenendosi titolata, ma successivamente l’Agenzia contesta la posizione? Il sostituto d’imposta (la società italiana che ha effettuato il pagamento senza applicare la ritenuta) diventa corresponsabile verso il fisco. Deve versare la ritenuta non applicata, oltre a interessi e possibili sanzioni amministrative. Questo anche se la società beneficiaria estera è totalmente corretta e legittima, laddove il problema sia nell’interpretazione dei requisiti.

Per tutelarsi, è pertanto fondamentale che il sostituto d’imposta acquisisce la documentazione in forma completa e verificata. Se emergono dubbi sulla sussistenza dei requisiti, la scelta più prudente è applicare la ritenuta ordinaria, permettendo al beneficiario estero di richiedere il rimborso successivamente. In questo modo, la responsabilità amministrativa si sposta su un’altra sede (il procedimento di rimborso), e il sostituto d’imposta italiano non incorre in sanzioni per aver applicato la ritenuta legale.

Pratiche consigliate per evitare criticità

In conclusione, chi opera in un contesto di finanziamenti infragruppo intra-UE dovrebbe mantenere alcune linee guida operative. Prima ancora del primo pagamento, è bene effettuare un’audit interno per verificare la sussistenza di tutti i requisiti: forma giuridica, residenza fiscale, regime fiscale, percentuale di partecipazione, durata di detenzione. Se qualcosa non coincide, è inutile procedere verso l’esenzione.

Successivamente, la raccolta della documentazione va iniziata con il massimo anticipo. Il Modello F deve arrivare prima del pagamento, non dopo. La certificazione di residenza richiede talvolta tempi amministrativi non brevi se proviene dall’estero. Contattare l’autorità fiscale della società beneficiaria mesi in anticipo consente di evitare sorprese dell’ultimo momento.

Infine, va ricordato che la conservazione della documentazione è un obbligo legale. File ordinati e accessibili, protetti da possibili perdite, costituiscono una difesa preziosa in caso di controllo.

Il quadro d’insieme: L’esenzione ritenuta per finanziamenti infragruppo intra-UE è uno strumento reale e disponibile, non una pratica di evasione fiscale. Tuttavia, per accedervi, è necessario rispettare una catena di requisiti precisi e completare una documentazione amministrativa rigorosa. Non è un processo complicato, ma richiede consapevolezza normativa e un’organizzazione interna ben strutturata. Per le aziende multinazionali che operano con regolarità e trasparenza, rappresenta un’opportunità concreta di ottimizzazione fiscale legittima.

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