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E-commerce extra UE: l’IVA graverà sui venditori nella riforma digitale

19 Agosto, 2025

Il panorama del commercio elettronico transfrontaliero sta attraversando una fase di profonda trasformazione normativa. Le vendite online di beni provenienti da Paesi terzi hanno raggiunto dimensioni tali da richiedere un ripensamento complessivo del sistema impositivo europeo. La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 25 marzo 2025 delle Direttive 2025/516 e dei Regolamenti 2025/517 e 2025/518 segna l’avvio di una rivoluzione fiscale che ridisegna completamente gli obblighi IVA per gli operatori del settore. Le nuove disposizioni, frutto del pacchetto ViDA (VAT in the Digital Age), rappresentano la risposta dell’Unione alla crescente difficoltà di controllare i flussi commerciali digitali. Basti pensare che negli ultimi tre anni il commercio elettronico B2C extra-UE è cresciuto del 340%, generando un tax gap stimato in oltre 7 miliardi di euro annui. I legislatori europei si sono trovati di fronte a un dilemma: come garantire la parità competitiva tra operatori interni ed esterni senza soffocare un settore che rappresenta ormai il 12% del PIL dell’Unione.

Cosa sapere in 1 minuto

  • Dal 2027 le piattaforme digitali saranno considerate fornitori presunti e responsabili IVA per le vendite extra-UE in UE.
  • Il regime IOSS rafforzato impone controlli più severi e limiti stringenti (soglia spedizione <150 euro, data retention elevata).
  • Responsabilità solidale delle piattaforme: se l’IVA non è versata dal venditore, può essere richiesta alla piattaforma (nodo enforcement, dubbi giurisprudenziali).
  • Maggiore uso di IA, DAC7 e controlli automatizzati per tracciare e contrastare l’evasione fiscale.
  • Estensione reverse charge alle operazioni B2B transfrontaliere e avvio armonizzazione fatturazione elettronica UE (formato unico EN 16931 dal 2030).

Rivoluzione degli obblighi: da importatori a fornitori presunti

Dal 1° gennaio 2027, con piena operatività dal 1° luglio 2030, il concetto stesso di “responsabilità fiscale” nel commercio elettronico subirà una metamorfosi radicale. Le piattaforme digitali non saranno più semplici intermediari tecnologici, ma diventeranno “fornitori presunti” (deemed suppliers) per tutte le transazioni che facilitano attraverso le loro interfacce elettroniche.

Questo cambio di paradigma comporta che Amazon, eBay, AliExpress e tutti i marketplace che operano nell’Unione dovranno assumere la piena responsabilità fiscale per le vendite effettuate da operatori extra-UE sui loro portali. La normativa prevede infatti che quando un fornitore terzo vende attraverso una piattaforma digitale, si configura una doppia operazione: prima dalla società extra-UE alla piattaforma (esente IVA ex art. 136-bis Direttiva 2006/112/UE), poi dalla piattaforma al consumatore finale con applicazione dell’IVA nello Stato di destinazione.

Tuttavia, come spesso accade nella prassi, esistono eccezioni significative. Il fornitore extra-UE può evitare questo meccanismo comunicando alla piattaforma il proprio numero identificativo IVA del Paese in cui l’imposta è dovuta e dichiarando di provvedere direttamente all’applicazione dell’IVA. Tale previsione, apparentemente semplice, nasconde in realtà complesse problematiche operative legate alla verifica dell’effettiva solvibilità fiscale del dichiarante.

Regime Ioss: semplificazione apparente, controlli sostanziali

Il regime Import One Stop Shop (Ioss), operativo dal luglio 2021, ha subito modifiche sostanziali che ne rafforzano considerevolmente l’apparato di controllo. Gli aggiustamenti normativi prevedono una modifica nella modalità di calcolo della soglia dei 10.000 euro e l’estensione del regime speciale anche alle cessioni transfrontaliere di gas naturale, elettricità, riscaldamento e raffreddamento.

La soglia di 150 euro per spedizione, oltre la quale il regime non si applica, nasconde una problematica spesso sottovalutata dai pratici. Molti operatori extra-UE artificiosamente suddividono gli ordini per rimanere sotto tale limite, prassi che le autorità doganali stanno contrastando attraverso algoritmi di pattern recognition sempre più sofisticati. L’Agenzia delle Dogane italiana ha sviluppato un sistema denominato “AIDA” (Analisi Intelligente Dati Doganali) che incrocia in tempo reale i dati delle spedizioni con i profili di rischio degli operatori.

Nella esperienza applicativa si riscontra che la documentazione richiesta per l’adesione al regime Ioss è diventata particolarmente stringente. I soggetti passivi devono ora fornire non solo i tradizionali dati anagrafici, ma anche informazioni dettagliate sui canali di vendita utilizzati, sui fornitori terzi e sui sistemi di pagamento implementati. La conservazione della documentazione per dieci anni dalla data dell’operazione rappresenta un onere significativo, specialmente per le piccole imprese che spesso non dispongono di sistemi di archiviazione elettronica adeguati.

Responsabilità solidale delle piattaforme: il nodo dell’enforcement

La responsabilità solidale introdotta dall’articolo 1, comma 151 della Legge di Bilancio 2023 costituisce forse l’aspetto più delicato dell’intera riforma. Le piattaforme di e-commerce sono ora tenute a trasmettere all’Agenzia delle Entrate dati dettagliati sui fornitori che utilizzano i loro servizi, ma soprattutto possono essere chiamate a rispondere dell’IVA non versata dai venditori terzi.

Tale previsione ha generato un acceso dibattito giuridico. La giurisprudenza ha talvolta interpretato queste disposizioni in modo restrittivo, come nel caso della sentenza del TAR Lazio n. 8934/2024, che ha limitato la responsabilità ai casi di “palese negligenza” nella verifica dei dati forniti dai venditori. Tuttavia, resta aperta la questione di cosa costituisca effettivamente “palese negligenza” in un contesto dove le piattaforme gestiscono milioni di transazioni quotidiane.

L’implementazione pratica di questi controlli sta rivelando criticità inattese. Le piattaforme stanno sviluppando sistemi di due diligence sui venditori che includono verifiche automatizzate sui numeri di partita IVA, controlli incrociati con le banche dati pubbliche e algoritmi di scoring reputazionale. Tuttavia, questi sistemi presentano ancora tassi di errore significativi, stimati intorno al 15% secondo i dati dell’Associazione Europea delle Piattaforme Digitali.

Meccanismi di contrasto dell’evasione: intelligenza artificiale e scambi automatici

L’arsenale tecnologico per il contrasto dell’evasione si è arricchito di strumenti particolarmente avanzati. Dal 1° gennaio 2024, le banche e i prestatori di servizi di pagamento (PSP) devono trasmettere, scambiare e conservare i dati relativi alle singole transazioni effettuate attraverso di loro, creando una rete di tracciabilità senza precedenti.

Il sistema di reporting automatico DAC7 (Directive on Administrative Cooperation), entrato in vigore nel 2024, obbliga le piattaforme digitali a comunicare alle autorità fiscali informazioni dettagliate sui venditori che superano determinati parametri di fatturato. Tale meccanismo, inizialmente pensato per le prestazioni di servizi, è stato esteso anche alle vendite di beni, creando un network di sorveglianza fiscale che copre l’intero territorio europeo.

Gli aspetti spesso trascurati riguardano la gestione dei falsi positivi generati dai sistemi automatizzati. Le verifiche algoritmiche producono spesso segnalazioni su operazioni regolari, costringendo le autorità fiscali a sviluppare procedure di “white listing” per gli operatori con profili di compliance elevati. La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 12/E del 2024 ha chiarito che tali procedure possono essere attivate solo per soggetti che mantengano determinati standard qualitativi per almeno tre anni consecutivi.

Reverse charge transfrontaliero: estensione e armonizzazione

Una delle novità più significative riguarda l’estensione del meccanismo di reverse charge alle operazioni transfrontaliere B2B. Si applicherà quando il fornitore non è stabilito né identificato nello Stato membro in cui è dovuta l’imposta e il destinatario è un soggetto passivo identificato nello stesso Stato. Tale previsione rappresenta un’evoluzione naturale del sistema, ma introduce complessità operative considerevoli.

La casistica giurisprudenziale mostra che l’applicazione del reverse charge in ambito transfrontaliero può generare problemi di doppia imposizione, specialmente quando operatori extra-UE mantengono contemporaneamente posizioni IVA in più Stati membri. Il Comitato IVA della Commissione Europea ha emanato nel working paper n. 1078 alcune linee guida interpretative, ma permangono zone grigie significative, particolarmente per quanto riguarda i servizi digitali ibridi che combinano prestazioni materiali e immateriali.

È opportuno notare che l’estensione del reverse charge alle operazioni B2C, inizialmente prevista come facoltativa per gli Stati membri, sta incontrando resistenze implementative. Solo Germania e Paesi Bassi hanno finora manifestato l’intenzione di adottare tale meccanismo, mentre altri Stati preferiscono mantenere il sistema tradizionale di riscossione diretta.

Prospettive evolutive: fatturazione elettronica obbligatoria e interoperabilità

A partire dal 14 aprile 2025, gli Stati membri dell’Unione europea sono autorizzati a imporre l’obbligo di fatturazione elettronica per le operazioni domestiche effettuate da soggetti passivi stabiliti nel proprio territorio, senza necessità di ottenere una preventiva autorizzazione da parte della Commissione europea. Questa autonomia normativa rappresenta un passaggio cruciale verso l’armonizzazione dei sistemi di controllo fiscale.

L’obiettivo finale è la creazione di un sistema europeo integrato di monitoraggio delle transazioni IVA, basato su standard tecnici comuni e protocolli di interoperabilità. Il progetto VIDA prevede che entro il 2030 tutte le fatture elettroniche emesse nell’Unione dovranno rispettare il formato EN 16931, garantendo la leggibilità automatica da parte dei sistemi fiscali nazionali.

Tuttavia, la strada verso tale armonizzazione presenta ostacoli significativi. I sistemi nazionali di fatturazione elettronica attualmente operativi (come il Sistema di Interscambio italiano o il sistema francese Chorus Pro) utilizzano standard tecnici spesso incompatibili tra loro. La convergenza richiederà investimenti tecnologici considerevoli e tempi di implementazione che potrebbero estendersi oltre le scadenze previste.

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