La domanda, in fondo, è molto concreta: se un imprenditore decide di donare le proprie quote sociali ai figli o ad altri familiari, può sempre sfruttare l’esenzione dall’imposta di donazione prevista per il passaggio generazionale oppure no? La risposta dell’Agenzia delle Entrate, nell’interpello n. 72/2024, è meno scontata di quanto molti si aspettino. La donazione di quote sociali a familiari non basta, da sola, a garantire il beneficio. Serve il requisito del controllo e deve maturare in un certo momento preciso, non già da prima.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- L’esenzione dall’imposta di donazione su aziende e partecipazioni richiede che la donazione consenta ai discendenti di acquisire o integrare il controllo societario;
- Il controllo, ai fini dell’agevolazione, coincide con la disponibilità di almeno il 50% + 1 dei voti in assemblea ordinaria, anche tramite comunione e rappresentante comune;
- Se il controllo è già in capo agli eredi (per successione o comunione ereditaria) la successiva donazione di quote ai familiari non è considerata passaggio generazionale agevolabile;
- Per accedere al beneficio è necessario che i beneficiari si impegnino a mantenere l’attività o il controllo per almeno 5 anni, con dichiarazione inserita nell’atto.
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Donazione quote sociali e imposta di donazione: il punto di partenza
Il regime agevolato in materia di imposta sulle successioni e donazioni nasce con una finalità molto chiara: favorire il passaggio generazionale delle imprese di famiglia, evitando che la fiscalità renda troppo costoso il trasferimento di aziende o partecipazioni ai discendenti.
Il riferimento è l’articolo 3, comma 4 ter, del decreto legislativo n. 346 del 1990. Questa norma esclude dall’imposta di successione e donazione il trasferimento di aziende, rami di azienda, quote o azioni a favore di discendenti o del coniuge, a determinate condizioni.
A prima lettura qualcuno tende a pensare: se si tratta di familiari e di quote di società, l’esenzione scatta automaticamente. In realtà la struttura della norma è più selettiva. E l’Agenzia lo ribadisce con forza.
L’agevolazione per il passaggio generazionale: cosa chiede la norma
Per capire come funziona la donazione di quote sociali a familiari bisogna tenere insieme almeno tre elementi:
- il tipo di bene trasferito;
- il soggetto che riceve;
- il modo in cui cambia il potere di controllo sulla società.
Il beneficio può riguardare aziende e partecipazioni in società residenti in Italia, comprese le società per azioni, in accomandita per azioni, le srl, le cooperative e le società di mutua assicurazione.
L’agevolazione, però, non si aggancia solo all’oggetto del trasferimento. Il punto centrale è se, a seguito della donazione, i beneficiari acquistano o integrano il controllo della società. Senza questo salto di qualità nel potere di voto, l’operazione non è vista come un vero passaggio generazionale.
Il legislatore collega poi il beneficio a un vincolo di durata: i discendenti o gli altri aventi causa devono proseguire l’attività di impresa o mantenere il controllo per almeno 5 anni, impegnandosi con una dichiarazione nell’atto. Ci sono casi, come quello analizzato nell’interpello, in cui questo impegno viene addirittura esteso a 10 anni, proprio per dare solidità al progetto familiare.
Eppure, anche un impegno così lungo non basta, da solo, a sbloccare l’esenzione.
Donazione quote sociali a familiari: il requisito del controllo
Qui entra in gioco l’elemento più delicato: il controllo. La prassi dell’Agenzia delle Entrate, nelle circolari n. 3 del 2008 e n. 18 del 2013, ha chiarito che l’agevolazione spetta solo quando, grazie al trasferimento, i beneficiari:
- acquisiscono il controllo;
oppure - integrano una partecipazione che li porta ad avere il controllo.
Per controllo si intende, in modo molto pratico, la possibilità di disporre della maggioranza assoluta dei voti in assemblea ordinaria, quindi almeno il 50% più uno dei diritti di voto.
La norma, inoltre, considera anche le ipotesi in cui le partecipazioni siano frazionate tra più discendenti. In questo caso, l’esenzione è riconosciuta solo per i trasferimenti che consentono, complessivamente, l’acquisizione o l’integrazione del controllo in regime di comproprietà. Nella prassi, questo avviene quando i coeredi o donatari nominano un rappresentante comune che esprime in assemblea la volontà unitaria dei comproprietari.
In altre parole, ai fini dell’agevolazione non conta solo quante quote possiede ogni singolo beneficiario, ma se nel complesso la famiglia, tramite un soggetto rappresentante, può effettivamente guidare l’assemblea.
L’interpello 72/2024: la storia di una donazione “in ritardo”
Il caso affrontato nell’interpello n. 72/2024 parte da una situazione familiare complicata ma frequente nella pratica. Il contribuente, dopo la successione legittima del coniuge, si ritrova a possedere il 60% del capitale sociale di una società, insieme ai due figli e a una nipote. Prima aveva il 40%, poi la successione gli ha attribuito una quota ulteriore.
I coeredi, dopo la successione, disciplinano la comunione ereditaria sulle partecipazioni con un regolamento ad hoc. Nel regolamento:
- si definisce la gestione della comunione;
- si individua un rappresentante comune, come previsto dall’articolo 2347 del codice civile;
- si stabilisce il meccanismo di funzionamento dell’assemblea.
Di fatto, sin dal 2017, la comunione ereditaria ha già il controllo della società. È il rappresentante comune che esercita i diritti sociali e amministra la partecipazione.
Successivamente, il contribuente valuta di donare ai familiari l’intera quota posseduta. Chiede quindi all’Agenzia delle Entrate se la donazione possa beneficiare dell’esenzione da imposta sulle donazioni prevista per il passaggio generazionale, anche perché i beneficiari si impegnano a mantenere il controllo per almeno 10 anni.
A prima vista potrebbe sembrare un caso perfetto per l’agevolazione. Tuttavia, l’Agenzia ragiona in un altro modo.
Dove si “rompe” il requisito: il controllo c’era già
Secondo l’Agenzia delle Entrate, l’operazione non rientra tra quelle agevolabili. Il motivo è tutto nella tempistica del controllo.
Quando la communione ereditaria viene costituita, a seguito del decesso del de cuius, questa comunione detiene già una partecipazione che consente il controllo della società. La nomina del rappresentante comune e il regolamento interno completano il quadro. Il controllo, quindi, è già presente in capo agli eredi prima della donazione.
La donazione successiva non determina un’acquisizione o una integrazione del controllo. In sostanza, non cambia la sostanza del potere di comando sulla società, ma solo la ripartizione formale delle partecipazioni tra i familiari.
L’Agenzia sottolinea che la finalità della norma è agevolare le operazioni che anticipano il passaggio generazionale che, in mancanza, si realizzerebbe con la successione mortis causa. Nel caso concreto, invece, quel passaggio è già avvenuto con la successione e con la gestione in comunione delle partecipazioni.
Da qui la conclusione: non c’è spazio per l’esenzione dall’imposta di donazione, perché viene meno l’elemento che rende il trasferimento meritevole di tutela, cioè il passaggio o la costruzione del controllo in favore dei discendenti.
Quando l’agevolazione su donazione quote sociali è applicabile
Per capire la logica, può essere utile rovesciare la prospettiva e guardare a quando, invece, l’agevolazione si applicherebbe in modo lineare.
Si consideri, ad esempio, il caso di un imprenditore che detiene il 70% di una srl operativa, mentre i figli non possiedono alcuna partecipazione. Se il genitore decide di donare l’intera partecipazione, oppure una parte tale da assicurare comunque il controllo congiunto ai discendenti (magari nominando un rappresentante comune), il trasferimento:
- attribuisce ai discendenti la possibilità di esprimere la maggioranza dei voti in assemblea;
- anticipa il passaggio generazionale dell’azienda;
- si accompagna all’impegno dei beneficiari a mantenere il controllo per almeno 5 anni.
In uno scenario simile, i requisiti dell’articolo 3, comma 4 ter, D.lgs. 346/1990 risultano integrati: la donazione di quote sociali a familiari serve proprio a costruire un nuovo centro di controllo in capo alla generazione successiva.
Diverso ancora il caso in cui i figli abbiano già, ad esempio, il 40% e la donazione di un ulteriore 20% consenta loro di arrivare al 60%. Qui non si parla più di semplice “redistribuzione”, ma di integrazione del controllo. Anche questa fattispecie, in linea con la prassi richiamata, rientrerebbe nel perimetro delle operazioni agevolabili, perché il trasferimento è il tassello che consente il salto verso la maggioranza assoluta.
La linea di confine, quindi, è sottile, ma molto netta: il beneficio richiede un “prima” senza controllo e un “dopo” in cui, grazie alla donazione, il controllo viene acquisito o rafforzato in modo decisivo.
Schema sintetico: quando l’esenzione è possibile
Di seguito uno schema concettuale, utilizzabile anche in chiave operativa, per valutare se una donazione di quote sociali a familiari può accedere al beneficio:
| Situazione | Controllo prima della donazione | Effetto della donazione | Esenzione imposta di donazione |
|---|---|---|---|
| Figli senza controllo, lo acquisiscono grazie alla donazione | Nessun controllo in capo ai discendenti | Acquisizione di oltre il 50% dei voti (anche in comunione) | Sì, in presenza dell’impegno a mantenere il controllo |
| Figli con partecipazioni minoritarie, la donazione integra il controllo | Partecipazione inferiore al controllo | Integrazione fino al 50% + 1 dei voti | Sì, se il trasferimento è causa del controllo |
| Familiari già titolari del controllo in comunione ereditaria | Controllo già esercitato tramite rappresentante comune | Redistribuzione interna delle quote | No, perché il controllo esisteva già |
Indicazioni operative per la pianificazione del passaggio generazionale
Chi si occupa di pianificare una donazione di quote sociali a familiari non può limitarsi a valutare solo il profilo civilistico delle partecipazioni. È necessario, già nella fase di studio, mappare con precisione:
- chi ha il controllo prima dell’operazione;
- in che modo la donazione lo modifica;
- se esistono patti, regolamenti di comunione o rappresentanze comuni che già accentrano il potere di voto in assemblea.
Nella prassi, capita spesso che atti susseguiti negli anni (successioni, conferimenti, donazioni parziali) costruiscano, quasi per stratificazione, assetti di controllo non immediati. In queste situazioni, la tentazione di “regolarizzare” con una donazione ulteriormente agevolata è forte. Tuttavia, l’interpello 72/2024 mostra che l’Agenzia guarda al quadro complessivo e alla funzione dell’atto nel percorso generazionale, non solo alla singola movimentazione di quote.
Da un punto di vista operativo, può essere utile:
- ricostruire la storia delle partecipazioni negli ultimi anni;
- verificare la presenza di comunioni ereditarie e relativi regolamenti;
- valutare soluzioni alternative, come conferimenti in holding o riorganizzazioni societarie, quando la donazione diretta non produce più un vero cambiamento nel controllo.
Il messaggio di fondo è che il beneficio non è uno sconto automatico sulla donazione, ma uno strumento mirato, che premia solo i passaggi in cui la generazione successiva assume realmente le redini dell’impresa.



